3. ✅

5.2K 177 14
                                    

"Non era solo un'allucinazione"

Chiudo la portiera dell'auto poco prima che Scott faccia lo stesso. Saliamo i gradini per raggiungere l'ingresso di casa e, una volta giunti davanti alla porta, afferro la maniglia. Prima che possa abbassarla, però, la mano di Scott si posa sulla mia, facendomi voltare di scatto verso di lui.
《Sicura di stare bene?》Chiede preoccupato, fissando i suoi occhi scuri nei miei.
Abbasso lo sguardo sulla sua mano che stringe la mia, sentendo una strana scossa derivante da quel contatto. La ignoro per tornare a guardare mio cugino. Accenno un sorriso, annuendo.《Sto bene》sussurro a voce più alta rispetto al mio solito.
Lui sorride di rimando, mollando la presa sulla mia mano e permettendomi quindi di aprire la porta.
Non facciamo in tempo a mettere piede in casa che Melissa è già di fianco alla porta, pronta ad accoglierci con il suo solito dolce e caloroso sorriso sulle labbra.《Ciao ragazzi!》Esclama vedendoci entrare dalla porta.
Sbatto i piedi sullo zerbino più volte prima di alzare lo sguardo e notare che gli occhi di mia zia sono puntati su di me. Mi guardo attorno più volte, controllando sia a destra che a sinistra che il suo sguardo sia rivolto proprio a me.
《Com'è andato il tuo primo giorno, Laura?》Domanda emozionata e impaziente di sentire il resoconto della mia mattinata.
Abbasso lo sguardo sulla felpa che indosso e noto che le punte dei capelli non si sono ancora completamente asciugate.
《Domanda di riserva?》Tento di sviare il discorso come meglio posso, forzando un sorriso e improvvisando una risatina nervosa.
Il suo sguardo si rabbuia immediatamente. Poi rivolge un'occhiata al figlio.《Cos'è successo?》
《Lui non c'entra niente》intervengo in sua difesa, guadagnandomi un abbozzo di sorriso da parte di mio cugino.
《È stato Jackson.》Digrigna i denti nel pronunciare quel nome, provocandomi un leggero fastidio.《Da quando Lydia si è trasferita non le perdona a nessuno.》
Il viso di Melissa si incupisce per qualche secondo, poi ritorna l'espressione da mamma iperprotettiva nei confronti dei suoi pargoli. Tutto questo mi fa sorridere, ma non mi impedisce di rimanere sconvolta dal nome che ha utilizzato: Lydia. Una strana coincidenza?
《Oh, questo però non gli dà il permesso di tormentare gli altri, specialmente se-》
Le poso una mano sulla spalla e lei si interrompe, puntando il suo sguardo alterato su di me.
《Non è successo niente, davvero》la rassicuro con un sorriso forzato.《Al massimo mi verrà un raffreddore》minimizzo, alzando le spalle con un movimento rapido e breve.
Scott mi imita, appoggiando la sua mano sulla spalla libera di Melissa, e il suo sguardo stavolta si punta sul figlio.
《Non ti verrà nemmeno quello》sorride guardandomi.《Hai davanti a te l'infermiera più brava di tutta Beacon Hills!》
Melissa accenna un rossore sul viso in seguito al complimento del figlio. Gli scompiglia poi i capelli con la mano sinistra, facendoci ridere tutti.
《Io vado a farmi una doccia》affermo, avvisando tutti.
Sia Scott che Melissa annuiscono, salutandomi nel preciso istante in cui la mia mano si allontana dalla spalla della zia per iniziare a salire le scale.
Una volta arrivata in camera mia, lascio cadere la borsa a terra accanto alla scrivania, apro la finestra per far circolare un po' d'aria fresca e prendo gli asciugamani che Melissa mi ha lasciato ai piedi del letto, diretta in bagno.
Tolgo la felpa azzurra senza cappuccio, piegandola meglio che posso e posandola sul ripiano accanto al lavandino. Sfilo i jeans, riponendoli subito sopra la felpa.
In piedi davanti allo specchio, mi ritrovo a fissare i miei occhi azzurri come il ghiaccio, come se potessero parlarmi. Ma la mia concentrazione viene meno quando il mio sguardo viene catturato da una cicatrice che percorre per il largo quasi tutta la mia pancia. Cinque strisce sottili ben delineate.
Deglutisco. Da quando ho questa cicatrice? In che occasione me la sono procurata? Perché non me lo ricordo?
La mano destra scivola d'istinto sul mio stomaco e traccia lo stesso segno disegnato dalle cicatrici, perfettamente compatibili con le mie cinque dita.
Mi butto sotto il getto tiepido della doccia prima di impazzire, cacciando via per qualche istante tutti i pensieri che in questo momento mi affollano la testa. O almeno è quello che tento di fare.
Una volta uscita dalla doccia, avvolgo un asciugamano attorno al corpo e in uno racchiudo i capelli, in modo da non doverli poi asciugare con il phon.
Prendo il pigiama che ho comprato ieri con i ragazzi da sotto il cuscino e lo indosso velocemente, prima che qualcuno possa entrare nella stanza o solamente passare in corridoio. Poi chiudo la porta della mia stanza, afferro le cuffie dalla borsa, sperando che la grande trovata di Jackson di stamattina non le abbia rotte, e il cellulare dalla scrivania.
Mi siedo sul letto, appoggiando la schiena contro la spalliera e infilando le cuffie nelle orecchie. Faccio scorrere le canzoni nel lettore musicale, ma alla fine opto per la riproduzione casuale. Appoggio la testa al muro, cullata dal suono delle mie canzoni preferite.
Un'idea spunta all'improvviso nella mia testa: afferro di nuovo il cellulare e inizio a rovistare su di esso come non avevo ancora avuto modo di fare. Cerco tra le immagini e subito mi balzano agli occhi alcune delle foto di una delle tante estati passate al lago con i miei genitori e i miei nonni, morti circa cinque o sei anni fa: in una di queste siamo ritratti io, mia madre e mio nonno con in mano un pesce enorme ancora agganciato all'amo. Come dimenticarsi i weekend di pesca con il nonno! Sono i ricordi più belli e felici che ho di lui. Al solo pensiero, i miei occhi si inumidiscono e un sorriso spunta sulle mie labbra.
Scorro le immagini per altri cinque minuti, notando che nessuna di queste ritrae tutti al completo. Finché non ne arriva una che attrae la mia attenzione: questa foto ritrae mio padre con me seduta sulle ginocchia. La cosa che mi colpisce in modo particolare sono i meravigliosi occhi dello stesso colore dell'oceano che ho preso proprio da mio padre resi irriconoscibili da una forte luce che li colpisce. Faccio scorrere ancora le foto e in tutte quelle che lo ritraggono - le poche che trovo - i suoi occhi sono illuminati da questa strana luce che impedisce di distinguerne non solo il colore, ma anche la forma.
Blocco lo schermo e appoggio la testa contro il muro, chiudendo gli occhi e lasciandomi cullare dal suono dolce e melodico della voce di Shawn Mendes in Memories, cercando per un attimo di spegnere la mente e tutti i pensieri che vi circolano all'interno.
Sto per prendere sonno quando un rumore, seguito da dei lamenti, mi fanno spalancare di scatto gli occhi.
Nonostante abbia le cuffie nelle orecchie, riesco a distinguere perfettamente il rumore di una finestra che sbatte piano contro la parete, il vento che, soffiando impetuoso, fa oscillare i rami delle piante contro il muro della casa e il suono dei gemiti di dolore di un ragazzo. Questi ultimi sono ovattati dalla distanza, ma credo di sapere chi li stia emettendo.
Mi alzo dal letto con movimenti lenti, cercando di fare meno rumore possibile. Fermo la musica e abbasso le cuffie in modo tale da far circondare loro il mio collo e infilo il cellulare nella tasca dei pantaloni del pigiama. Cammino di soppiatto, con passo felpato e leggero, quasi scivolando sul pavimento in parquet per evitare che quest'ultimo inizi a scricchiolare sotto il peso del mio corpo.
Apro la porta della mia stanza stando attenta a richiuderla alle mie spalle per evitare che il vento la faccia sbattere, e cammino silenziosamente per quel tratto di corridoio che separa la porta della mia camera da quella di Scott.
Mano a mano che mi avvicino alla sua stanza, sento i gemiti crescere di intensità, pur restando silenziosi e pacati. Le uniche cose che le mie orecchie riescono a percepire, oltre ai lamenti, è il battito calmo del mio cuore e i miei respiri leggermente irregolari.
Arrivo davanti alla porta della stanza di mio cugino e mi appiattisco contro di essa, notando con piacere che non è chiusa del tutto: questo spiraglio mi dà infatti la possibilità di vedere la luce della luna che trapela delicata nella stanza, illuminando il corpo di Scott, aggrappato al bordo del suo letto.
Aguzzo la vista e i miei occhi cadono sul suo addome: il braccio con cui non si sostiene al letto gli circonda lo stomaco, ma quello che fa scattare i miei sensi è il sangue che macchia sempre di più la sua maglia proprio nel punto in cui preme.
Sento il mio cuore iniziare a battere sempre più forte nel petto e il respiro diventare irregolare, molto più affannato del solito. L'unica emozione che mi pervade è la preoccupazione.
A quel punto, afferro la maniglia e spalanco la porta, seppur tenendola con la mano per non farla sbattere e non svegliare Melissa. Anche se forse servirebbe proprio il suo aiuto adesso.
Le mie labbra si muovono prima che possa pensarci due volte e un sussurro esce dalla mia bocca.《Scott!》Grido sottovoce.
Richiamato dalla mia voce, seppur quasi impercettibile, il suo volto si gira di scatto verso di me. In quel momento il mio cuore perde un battito. La sua fronte è più prominente del normale, i canini lasciano spazio a delle lunghe zanne affilate, le orecchie sono appuntite, le basette gli arrivano quasi al mento, le sue dita terminano con artigli affilati al posto delle unghie e gli occhi che vedo sul suo viso non sono più i soliti occhi scuri e profondi, bensì gialli, un giallo lucente.
Spalanco gli occhi e arretro di un passo. Nella mia testa compare infatti un'immagine molto simile a ciò che sto vivendo adesso, solo poco nitida, poco precisa. Vedo un lupo con gli stessi occhi lucenti di Scott, le zanne, gli artigli. Ma quello che vedo è un vero e proprio lupo che avanza con rapidità e ferocia verso di me. Anche questa visione, come le altre precedenti, dura soltanto pochi secondi: il tempo di togliermi il fiato e farmi scoppiare la testa per cercare di ricordare.
Le mie gambe cedono sotto il peso del mio corpo e cado a terra come un sacco di patate, scioccata e incredula per tutto quello che ho visto. I miei occhi, ancora totalmente spalancati, sono adesso puntato nel vuoto per fissare quell'immagine nella mia testa.
《Laura》sussurra Scott, allungandosi verso di me.
Punto i miei occhi su di lui, ora tornato ad avere le sue solite sembianze umane, mentre allunga una mano verso di me per aiutarmi ad alzarmi.
La fisso per qualche secondo, allibita, indecisa se afferrarla o meno. Sollevo di nuovo lo sguardo, con una lentezza estrema, incontrando il suo e restando impalata per qualche istante, terrorizzata dal solo pensiero di ciò che i miei occhi hanno appena visto.
I suoi occhi scuri e sinceri però mi trasmettono sicurezza: così afferro la sua mano, stringendola forte nella mia, quasi come se ammettessi implicitamente di non temerlo.
Si siede sul bordo del letto, proprio dove prima aveva appoggiato la mano per reggersi in piedi, strofinando entrambe le mani sul suo volto. Mi fa poi cenno con la mano di sedermi accanto a lui.
Mi avvicino, intenzionata a sedermi, ma i miei occhi vengono catturati dalla ferita quasi totalmente ricucita sul suo torace. Perciò mi inginocchio di fronte a lui, chiedendo con uno sguardo il permesso e allungando subito dopo la mano verso la ferita con movimenti lenti e cauti. Non appena le mie dita sfiorano la sua pelle, sento il tessuto sotto di esse che si richiude e si cicatrizza nel giro di pochi secondi.
《Non era una ferita profonda》borbotta Scott, catturando la mia attenzione.
Lo osservo attentamente, come quando si analizza un esperimento scientifico, riuscendo a percepire la sua menzogna.
Di nuovo mi fa cenno di sedermi accanto a lui, con un sorriso di circostanza disegnato sul volto. Questa volta però decido di dargli retta e mi siedo di fianco a lui, pronta ad ascoltarlo.
《Quindi... tu sei un...?》Sussurro guardandolo dritto negli occhi, non riuscendo a fare altrimenti.
Lui annuisce, avendo già capito cosa volevo dire. Un licantropo. Mio cugino è un lupo mannaro.
Vedo le sue sopracciglia aggrottarsi in un cipiglio mentre osserva le cuffie che tengo attorno al collo, pensando.《Tu ascoltavi la musica?》Domanda con quel suo cipiglio confuso stampato in volto.
Annuisco.
《E come sei riuscita a sentirmi?》
Faccio spallucce, arrotolando il cavetto delle cuffie attorno all'indice.《Ho sempre avuto un udito particolarmente sviluppato, sin da bambina》rispondo con sufficienza, pensando che sia una cosa normale e per nulla ecclatante: mia madre è una specialista e mi ha raccontato che ci sono pochissime persone che hanno la fortuna di possedere un udito come il mio, ma la possibilità c'è, seppur bassa.
Scott sembra pensarci su ancora un po', prima di chiudere gli occhi e concentrarsi su qualcosa. Mi guardo attorno per captare qualcosa di insolito, ma non percepisco nulla di strano.
Apre bocca più volte, e altrettante la richiude senza dire nulla, facendo aumentare il mio cipiglio e allo stesso tempo anche la mia preoccupazione.
《Tu》inclina la testa di lato, assottigliando lo sguardo,《tu non ti sei spaventata da me, per prima... non del tutto almeno, dico bene?》
Deglutisco pesantemente, avendo già intuito dove intende andare a parare. Solo non riesco a capire come abbia fatto a capirlo.
Sposto lo sguardo sulle mie mani che si intrecciano a causa del nervosismo e scuoto la testa in tutta sincerità. Poi prendo un respiro profondo e decido di raccontargli tutto.《Quando ti sei girato verso di me, ho avuto una strana sensazione》spiego,《come se avessi già visto una creatura come te, o comunque qualcosa di simile.》
Faccio una breve pausa, recuperando dall'archivio che è la mia memoria quella bizzarra allucinazione che ho avuto poco fa.《Davanti ai miei occhi è comparsa un'immagine: era un lupo molto simile a te, ma interamente ricoperto dal pelo e... i suoi occhi erano arancioni e... lucenti!》
《Ma non è possibile》farfuglia tra sé e sé scuotendo la testa.《Magari è stata un'allucinazione o... o...》
Gli afferro la mano, facendolo voltare di scatto nella mia direzione. I suoi occhi si puntano immediatamente nei miei.
《Non era un'allucinazione Scott, ne sono sicura》sussurro sostenendo il suo sguardo.
Deglutisce.《E come fai ad esserne sicura?》
《Perché quello che mi ha spaventata》ispiro profondamente,《è stato il suo ruggito che mi rimbombava nelle orecchie.》






Spazio Autrice
Bonjour a tut le monde! Sono a Parigi fringuelli, però aggiorno lo stesso perché sono una brava persona.
Alor, abbiamo capito che Laura è una tipa un po' strana, ma perché? Oui, c'è una spiegazione riguardo al suo comportamento (vabbè, credo che si fosse capito ormai).
So che non vi importa nulla, ma SONO SALITA SULLA CIMA DELLA TOUR EIFFEL ODDIO CHE BELLO PERÒ CHE PAURA MA ERA STRABDJSBSJ!!
Va beh, mi vado a fare una scorpacciata di macarons (o come diavolo si scrive); quindi vi mando un grosso bacio e ci sentiamo al prossimo aggiornamento.
Laura

Whatever You AreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora