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"È lui il lupo mannaro da cui mi aveva messo in guardia..."

Flashback
Piove a dirotto da ormai tre giorni consecutivi e il sole sembra non avere neanche la minima intenzione di farsi vedere.
Un rumore improvviso mi fa sobbalzare sul letto, così sposto lo sguardo fuori dalla finestra, allontanando per un attimo la matita dal mio blocco da disegno: la finestra, totalmente spalancata, sbatte in continuazione contro la parete della mia stanza a causa del vento, che fa anche svolazzare le tende. Tolgo lentamente le cuffie, senza preoccuparmi di spegnere la musica, e le lascio sul letto, dopo essermi alzata lentamente per chiudere la finestra prima che l'acquazzone riesca ad inondarmi la camera. Abbasso la maniglia, restando comunque in piedi davanti alla finestra per qualche secondo a guardare la strada illuminata soltanto da un paio di lampioni e dai lampi che squarciano il cielo completamente buio e nero, incorniciato dalle nuvole e privo di ogni stella.
Un improvviso fulmine irradia completamente il cielo per pochi istanti, seguito da un tuono che rimbomba in tutta la città: per quella manciata di secondi, mi sembra di notare un uomo tutto solo sotto la pioggia, in piedi sul marcipiede dall'altra parte della strada con lo sguardo rivolto verso casa nostra. Passa giusto il tempo che permette al lampo di dissolversi e dell'uomo non c'è più traccia, come se si fosse volatilizzato, scomparso così misteriosamente e rapidamente com'era apparso.
Faccio spallucce, allontanandomi dalla finestra raccomandando mentalmente a me stessa di vedere meno film horror e di dormire un po' di più la notte, invece di studiare fino allo sfinimento, se questo comporta vivere con le allucinazioni.
Raggiungo la porta della mia stanza e, in quell'esatto momento, la mia amica Lydia accompagnata da mia madre aprono la porta: quest'ultima mi arriva inevitabilmente addosso, finendo per sbattere contro il mio naso.
"Ahia!" un gemito di dolore esce automaticamente dalle mie labbra.
"Oddio, Laura!" esclama Lydia sorpresa e dispiaciuta allo stesso tempo, portandosi entrambe le mani alla bocca "Mi dispiace!".
Scuoto la testa, abbozzando un sorriso e tastandomi il naso per verificare che sia tutto al posto giusto.
"Tranquilla... non è niente di grave" sussurro, facendole entrare entrambe nella mia stanza.
Prima di uscire però, le vedo entrambe sedersi, Lydia comodamente stravaccata sul mio letto e mia madre sulla sedia girevole che sposta appositamente accanto al letto; così mi volto nuovamente, appoggiando la spalla destra contro lo stipite della porta.
"Cosa avete intenzione di fare voi due?" chiedo confusa e con un briciolo di sospetto nello sguardo.
Mia madre e Lydia alzano entrambe le spalle con non chalance.
"Chiacchierata tra donne" risponde mia madre, come se fosse una cosa normale e anche abbastanza ovvia. Dopodiché le si forma un sorrisino malizioso sul viso.
"Aspettiamo anche te!" esclama la mia amica subito dopo, con lo stesso sguardo di mia madre.
Il cipiglio sul mio viso non accenna comunque ad andarsene: ho sempre avuto un certo fiuto nel capire quando una persona mi sta mentendo oppure no, e credo proprio che sia lo stesso che stanno facendo loro... ci metterei la mano sul fuoco!
Faccio finta di niente e giro loro le spalle, camminando velocemente giù per le scale e raggiungendo immediatamente la cucina. Mi avvicino al frigorifero per prendermi qualcosa da bere quando il rumore di una porta sbattuta tremendamente forte mi fa sussultare talmente tanto che per poco la lattina di Coca Cola non mi scivola dalle mani. A quello strano e forte rumore ne seguono altri: assi che scricchiolano, antelli che vengono sbattuti, oggetti vari che vengono gettati a terra e vasi che si frantumano a contatto con il pavimento; e tutto proviene dal piano di sopra.
Che sia un ladro? Questa è la prima ipotesi che mi salta alla mente.
Muovo i primi passi per uscire dalla cucina, pronta a salire le scale per andare a controllare cosa stia succedendo, quando un ululato rimbomba per tutta la casa. Mi blocco immediatamente sul posto: gli occhi spalancati, il cuore che cessa momentaneamente di battere, il respiro corto e le gambe che tremano peggio di una gelatina che viene scossa di proposito. Mi aggrappo lentamente allo stipite della porta che divide l'ingresso dalla cucina, contemplando il silenzio che segue l'ululato e aspettando con il terrore che scorre in ogni singola vena del mio corpo che qualcosa accada.
Improvvisamente inizio a sentire diversi rumori di passi, passi veloci e non del tutto umani: indietreggio lentamente, aggrappandomi con le mani all'isola posta al centro della stanza, cercando disperatamente qualcosa con cui potermi difendere.
Un altro tonfo mi fa sussultare: rivoli di sudore iniziano ad imperlare la mia pelle, mentre le mie mani tremano alla ricerca disperata di qualcosa di appuntito, o affilato, qualsiasi cosa, purché possa utilizzarlo per difendermi. Seguono altri rumori, come in una vera e propria colluttazione: mobili che stridono sul parquet, corpi che vengono crudelmente spinti o lanciati contro i mobili, oggetti che vengono gettati per aria con la speranza di ferire o per lo meno rallentare l'aggressore.
Infine un urlo stridulo, terrificante e addirittura quasi disumano risuona per tutta la casa, facendomi rabbrividire interamente dal terrore. Spalanco maggiormente gli occhi e mi blocco all'istante, come paralizzata sul posto: il mio cuore inizia a battere talmente forte che ho paura che mi possa venire un attacco di panico da un momento all'altro e il terrore prende definitivamente il sopravvento quando la sola idea che quell'urlo tanto agghiacciante possa appartenere a mia madre o alla mia migliore amica si fa spazio nella mia mente.
Segue di nuovo il silenzio più assoluto, che mette però in allerta tutti i miei sensi: scatto dietro il bancone della cucina, aprendo velocemente un cassetto in particolare, quello delle posate, e afferrando tutti i coltelli possibili con entrambe le mani. Frugo ovunque, anche più a fondo, ignorando tutto quello che cade inevitabilmente a terra facendo un gran fracasso. Se fosse veramente un lupo come temo che sia, con i suoi sensi, mi troverebbe né più e né meno, quindi tanto vale essere preparati a dovere.
Tutta la quiete che si era momentaneamente creata svanisce all'improvviso e il silenzio lascia subito posto ai ringhi feroci e allo scricchiolio violento dei gradini delle scale in legno. Quando arriva in fondo alle scale finalmente lo vedo: una bestia alta almeno mezzo metro in più di me, ricoperta da un lungo manto nero, gli artigli affilati e ricoperti di sangue, proprio come le zanne lunghe che fuoriescono dal muso pronunciato e quegli occhi bianchi e lucenti puntati sulla sua prossima preda. E sì, sono proprio io.
Succede tutto in una manciata di secondi: la bestia inizia la sua corsa, senza staccare quei terribili occhi lucenti da me. Corre veloce, davvero molto veloce. Mi sposto altrettanto rapidamente alla mia sinistra, lasciando che il lupo sbatta contro gli antelli della cucina, facendone cadere la maggior parte. Giro attorno all'isola, scagliando a raffica i coltelli contro la cosa, impedendogli di avanzare, o almeno rallentandolo, permettendomi così di raggiungere la porta della cucina e di chiuderla alle mie spalle, bloccandola subito dopo con una sedia.
Inizio poi a correre più veloce che posso, sorpassando l'ingresso e salendo i primi gradini delle scale, quando la porta di sotto viene brutalmente scardinata e successivamente scaraventata contro la parete opposta. Sento il ruggito rauco e atono alle mie spalle, ma quando inizia la sua corsa sfrenata sulle scale, fortunatamente sono già davanti alla mia camera da letto: chiudo la porta a chiave, seppur consapevole del fatto che non servirà a fermarlo.
Una volta dato l'ultimo colpo alla chiave mi giro di scatto, con l'intento di raggiungere il cassetto del mio comodino il più rapidamente possibile; ma la vista di un corpo che giace a terra, inerme e massacrato dagli artigli e dalle zanne di quella bestia feroce paralizza il mio corpo. Una lacrima riga il mio volto alla sola vista del corpo di mia madre ricoperto di sangue e sventrato nel più brutale dei modi.
Purtroppo, però, non ho nemmeno il tempo di assimilare e digerire questa terribile bastonata: un rumore violento mi costringe a voltarmi di scatto in direzione della porta, trovandomi faccia a faccia con il responsabile della morte di mia madre e incontrando di nuovo quegli occhi blu, più vicino del dovuto.
Sfodera i suoi artigli, colpendomi violentemente allo stomaco e scaraventandomi a terra con estrema facilità e violenza. Un dolore lancinante parte dalla zona colpita facendomi inevitabilmente gemere di dolore: cerco di allungare una mano sulla ferita, constatando quanto sangue stia già perdendo. Strizzo gli occhi e digrigno i denti, avvolgendo un braccio attorno all'addome: raccolgo tutte le forze che ancora mi rimangono in corpo e, aiutandomi con il braccio libero, striscio sul pavimento ruvido per avvicinarmi al comodino, ormai a pochi centimetri da me.
La bestia ringhia di nuovo, puntandomi gli occhi addosso e avvicinandosi con passo felpato ma contemporaneamente deciso, come un leone che guarda dritto in faccia la sua preda.
Appoggio la testa contro il legno massiccio di cui è fatto il comodino di camera mia, allungando la mano impregnata di sangue verso il cassetto.
Il mio sguardo non riesce a fare a meno di fissare quegli occhi tanto inopportuni per appartenere ad una belva come questa, il cui solo scopo è uccidere.
La mia mano si sposta rapidamente all'interno del cassetto alla ricerca disperata di quella pistola, mentre il lupo, continuando con il suo passo tranquillo, ha già raggiunto le mie caviglie.
Ringhia nuovamente contro di me, stavolta in pieno volto e in modo più aggressivo, afferrandomi una caviglia con un gesto rapido e cercando di trascinarmi sotto di sé. In quel preciso istante, le mie dita sfiorano qualcosa di freddo e metallico: afferro quell'oggetto con velocità e decisione e lo impugno con entrambe le mani. Quando le mie mani si staccano dal comodino, il lupo mi trascina con facilità verso di sé, quasi soddisfatto di aver vinto: allora miro dritto alla testa, proprio come mi aveva insegnato mia madre, chiudo gli occhi e premo il grilletto appena in tempo.
Uno sparo spezza l'aria.
A quello segue soltanto un altro rumore, l'ultimo. Un tonfo sordo.
Riapro gli occhi e vedo la bestia a terra, con un foro in mezzo agli occhi.
Abbasso la pistola, lasciandola cadere al mio fianco, e rilasso i muscoli, abbandonandomi per qualche minuto contro il pavimento, cullata dal silenzio e scossa dai singhiozzi e dal dolore.
Con le ultime forze rimaste, sollevo leggermente il busto e mi trascino con entrambe le braccia verso il corpo di mia madre, squarciato dai molteplici colpi di artigli e circondato da una pozza di sangue. Strizzo gli occhi, ma questo non impedisce alle lacrime di sgorgare quasi impercettibilmente sulle mie guance, annebbiandomi la vista.
Un urlo strozzato lascia poi le mie labbra senza preavviso, facendomi cadere sul corpo di mia madre, disperata e tremendamente sola nel mio dolore.
Colpisco più volte il pavimento in legno con i pugni chiusi, ignorando il dolore che aumenta e il sangue che inizia ad uscire anche dalle mani. I miei occhi fissano il pavimento macchiato di sangue sotto di esse, fino a quando uno spiraglio di luce che proviene dall'esterno li attira altrove: non molto lontano dal corpo di mia madre, sotto la luce tenue della luna piena, con un foro di proiettile al centro della fronte, giace il corpo inerme di mio padre.
I miei occhi si spalancano nuovamente e il mio cuore cessa di battere per qualche istante: che cosa significa tutto questo? Subito dopo una lampadina si accende nella mia testa. Il mio sguardo si sposta dalla pistola al viso di mia madre.
"È lui il lupo mannaro da cui mi aveva messa in guardia..." sussurro, spostando nuovamente lo sguardo dal cadavere di mio padre a quello di mia madre e viceversa per qualche istante.
Chiudo gli occhi e mi lascio sfuggire un sospiro a fior di labbra. Mi accascio nuovamente a terra, sul corpo di mia madre, singhiozzando. Poi questi ultimi lentamente si attenuano, le lacrime scendono con meno intensità e il battito cardiaco piano piano si regolarizza, come quando da bambina la mamma mi abbracciava per farmi smettere di piangere. Chiudo gli occhi, permettendo all'ultima lacrima di rigare il mio volto, e prendo un sospiro profondo.
Anche la tempesta è passata.
Fine Flashback

Spazio Autrice
Holaaaa rieccomi con questo piccolo ma importante flashback! Giuro che non mi sono dimenticata di aggiornare, no no.
Coomunque, ora sappiamo cos'è successo ai genitori di Laura e qual è il ricordo tanto terrificante che la sua mente ha voluto cancellare.
Ma ora che sa, cosa le succederà? Cosa succederà? Si accettano scommesse, tanto queste non creano dipendenza.
Vabbè, per ora è tutto, quindi vi mando un grosso bacio e ci sentiamo al prossimo aggiornamento!
Laura

instagram: la_guindiz / guindizwattpad

Enjoy your day🍭

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