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"Qualcuno saprà colmare il tuo vuoto, Stiles"

Rileggo per la quinta volta consecutiva il testo del problema di matematica, appoggiando la testa sul palmo della mano e sbuffando. I troppi pensieri che ho per la testa, il ticchettio dell'orologio e il rumore della penna che sbatte ripetutamente contro il mio mignolo mi impediscono di concentrarmi appieno sullo studio.
Sbuffo nuovamente, prendendo la drastica decisione di abbandonare definitivamente ogni tipo di tentativo: appoggio le mani contro la superficie in legno della scrivania e, applicando una leggera pressione sulle braccia, mi spingo indietro, raggiungendo il bordo del letto con la sedia.
Resto in quella posizione per una manciata di secondi, le braccia tese e la testa posizionata al centro di esse, rivolta verso il basso a guardare il pavimento, persa di nuovo in tutti i pensieri che anche poco prima mi distraevano dallo studio.
Il mio sguardo si sposta repentinamente sul lato della stanza alla mia sinistra, finendo per posarsi sul comodino accanto al grande letto. Abbandono la sedia, dandomi una leggera spinta sulle gambe, e i miei piedi entrano subito in contatto con il parquet freddo, provocandomi un leggero brivido lungo la spina dorsale.
Mi avvicino a passi lenti e indecisi all'unico comodino presente in tutta la stanza: mi inginocchio davanti ad esso, posando una mano sul pomello dell'unico cassetto che lo costituisce. Tiro lentamente, chiudendo gli occhi, curiosa ma ancor di più spaventata all'idea di quello che potrei trovare al suo interno.
Quando mi accorgo che il cassetto è totalmente aperto, riapro gli occhi, catturati subito dal solo oggetto che vi è nascosto: una pistola. Quella pistola.
La prendo in mano, incuriosita di sapere il motivo per cui l'abbia portata con me, osservandola scrupolosamente, come se potesse darmi la risposta alle mille domande che mi frullano per la testa.
La rigiro tra le mani, notando che il colpo non è in canna, per cui non può nuocere a nessuno, per ora.
Il mio sguardo viene poi catturato da un pulsante posizionato sul bordo del manico: non ne so bene il motivo, ma premo quel bottone, estraendone il caricatore. Appoggio per un attimo il resto dell'arma sul bordo del letto alla mia sinistra, facendo le stesse identiche mosse appena fatte: rigiro il caricatore tra le mani cercando qualcosa, probabilmente un indizio.
Subito mi salta all'occhio una cosa tanto strana quanto importante, che mi costringe a spalancare gli occhi, mentre il mio cuore perde subito un battito: all'interno del caricatore ci sono soltanto cinque pallottole; questo non fa altro che accrescere i dubbi e le domande, invece di placarli. Questa mancanza può significare una cosa sola: la pistola è già stata usata, ma contro chi? E chi ha premuto il grilletto, se io non ricordo di averlo fatto?
Sfioro con il polpastrello del dito indice il proiettile più esterno, chiudendo gli occhi e respirando profondamente, cercando un contatto tra i miei ricordi e la pallottola mancante. Immagini confuse, sfocate e senza alcun senso logico si susseguono nella mia mente, procurandomi soltanto un gran mal di testa.
Il suono del campanello mi riporta bruscamente alla realtà, facendomi sobbalzare dallo spavento: in questo modo il caricatore mi sfugge dalle mani, cadendo inevitabilmente a terra. Oltre a provocare un tonfo amplificato dal parquet, tutti e cinque i proiettili escono dal caricatore, finendo sparpagliati sul pavimento di camera mia.
Mi copro la bocca con entrambe le mani, scattando immediatamente in piedi: Melissa è in ospedale e Scott ha un appuntamento con Allison, quindi nessuno può irrompere nella mia stanza e trovare tutto questo caos a terra. Nessuno, tranne probabilmente colui che continua imperterrito a suonare il campanello.
Raccolgo in fretta e furia le pallottole, senza contarle e senza preoccuparmi di reinserirle all'interno del caricatore: lascio cadere tutto nel cassetto del comodino, compreso il corpo della pistola; poi lo chiudo bene, controllando più volte prima di scendere velocemente le scale e precipitarmi letteralmente alla porta d'ingresso.
Giro la maniglia senza nemmeno guardare nello spioncino e, una volta spalancata, davanti ai miei occhi ne appaiono altri due di un colore molto più scuro.
"Stiles" abbozzo un sorriso, vedendolo in piedi davanti alla porta.
Abbassa per un attimo lo sguardo a terra e, in seguito a quel gesto, mi ricordo di quanto fosse ancora scosso per quanto successo ieri pomeriggio, e il mio sorriso si spegne di conseguenza.
"Ehm..." balbetto, presa da un senso improvviso di imbarazzo e colpevolezza "Scott è uscito con Allison circa una mezz'oretta fa... non credo tornerà tanto presto..." lo avviso, restando immobile sullo stipite della porta, con la mano ancora attaccata alla maniglia e l'altra che stritola il bordo della canottiera.
Stiles scuote la testa, ancora con lo sguardo basso, abbozzando un sorriso sghembo.
"Non cerco Scott" esordisce improvvisamente, come rinvenuto dal suo momento di riflessione. Poi alza di nuovo lo sguardo fino ad incontrare il mio e, solo in quel preciso momento, mi accorgo dell'espressione seria che ha in volto.
"Voglio parlare con te" dice poi, spiazzandomi completamente.
Spalanco gli occhi e un'espressione di puro caos e terrore si disegna sul mio volto: il mio respiro si mozza per svariati secondi, lasciandomi senza fiato, e, con un sorriso forzato, cerco invano di mascherare la mia reazione.
Deglutisco pesantemente e gli faccio cenno con la mano di accomodarsi, mentre cerco mentalmente di riordinare i pensieri per non rischiare di dire cose strane e senza senso che potrebbero far esplodere l'ago della bilancia... ma dalla parte sbagliata.
Chiudo la porta, accompagnandola delicatamente con entrambe le mani in modo da prendere tempo.
"Andiamo in camera mia" sussurro, sorpassandolo appena prima dell'inizio della rampa di scale, scortandolo fin davanti alla porta della mia stanza.
Stiles apre la porta, già leggermente accostata, ed entra, guardandosi attorno per poi voltarsi di nuovo verso di me.
Cammino con lo sguardo basso fino a raggiungere il bordo del letto, dove mi siedo, tornando poi a guardare il volto di Stiles con ancora l'ansia che mi scorre nelle vene.
Mentre mi mordo il labbro inferiore, lui afferra la mia sedia girevole da sotto la scrivania e la porta davanti a me, a debita distanza, e ci si siede sopra, osservandomi.
Sospira e si passa una mano tra i capelli, confondendomi ancora di più, se possibile.
"Ammetto di avere un po' esagerato..." esordisce a bassa voce e guardando fuori dalla finestra "ma non mi avevano mai puntato una pistola addosso... mai... e anche se in questo ultimo periodo ho visto proprio di tutto... beh, non me l'aspettavo, ecco... non da te, per lo meno" confessa.
Deglutisco e abbasso lo sguardo, ma subito due dita si posano sotto il mio mento e mi costringono ad alzare di nuovo il volto: i miei occhi azzurri incontrano quelli marroni di Stiles e i nostri sguardi si intrecciano l'un con l'altro. Il cuore batte tremendamente forte nel mio petto, mentre i miei polmoni sembrano aver dimenticato come si respira.
Poi sorride.
"Non so perché tu l'abbia fatto, ma ti credo" sussurra poi, a pochi centimetri dal mio viso "ed è per questo che voglio aiutarti a capire!".
Lo guardo negli occhi ancora per qualche istante, poi cedo: abbasso lo sguardo, non riuscendo più a sostenere quello sguardo così intenso, e giro il volto verso sinistra, evitando le sue dita che, prontamente, stavano di nuovo per afferrare il mio viso.
"Io..." inizio, indecisa se chiedere il suo aiuto o semplicemente proteggerlo da ciò che sembro non sapere, o meglio ricordare. Sospiro, combattuta tra me e me stessa.
"Io non so perché l'abbia fatto..." continuo, alzando di nuovo gli occhi verso di lui, decisa a raccontargli ogni mio dubbio, dandogli fiducia come lui ha fatto con me "ma, quando poi mi sono risvegliata da quel momento di... trance, avevo la sensazione di aver già vissuto quella scena, solo che non ricordo di aver mai impugnato quell'arma... mai!".
Stiles sembra riflettere molto sulle mie parole: poi si alza in piedi e inizia a camminare avanti e indietro per tutta la stanza, finché improvvisamente si ferma.
Cammina a passo svelto e deciso verso la mia scrivania: si siede nuovamente sulla sedia e apre il portatile, digitando qualcosa sulla tastiera.
"Tu hai detto di venire da Bushwick, vero?" chiede conferma.
Annuisco, confusa, avvicinandomi a lui: appoggio le mani sullo schienale della sedia e allungo il collo per vedere la schermata che appare sullo schermo del PC.
"Vediamo se troviamo qualcosa di insolito successo negli ultimi tempi" borbotta sottovoce mentre clicca su alcuni siti.
Corrugo le sopracciglia, leggermente spaventata.
"Perché dovrebbe essere successo qualcosa di brutto?" chiedo palesemente contrariata.
Stiles gira di scatto la sedia verso di me, costringendomi ad allontanarmi di qualche passo: incrocio le braccia al petto, dandogli la mia completa attenzione.
"Una persona, una volta, mi ha spiegato che la mente umana è pazzesca" esordisce, guardandomi attentamente e gesticolando "una parte possiede funzioni specifiche per rielaborare o addirittura rimuovere gli eventi del passato: in pratica, il ricordo svanisce dalla parte del cervello che immagazzina le informazioni legate alla paura".
Lo guardo, sbalordita.
"Scott mi aveva detto che avevi una grande dote nel cacciarti nei guai e che eri molto intelligente" dico, ancora stupita dalla sua spiegazione "ma non aveva mai parlato di un tuo lato da psicologo!" esclamo infine, in tono divertito.
Stiles accenna una risata, prima di abbassare il viso.
"Non è farina del mio sacco" ammette, passandosi le mani sul volto.
Quando i nostri occhi si incontrano nuovamente, l'espressione sul suo viso è completamente cambiata: ora il suo volto è il ritratto perfetto della tristezza e della malinconia. Ma non ne capisco il motivo.
Mi inginocchio immediatamente davanti a lui, appoggiando le mani sulle sue ginocchia e cercando di mantenere il contatto visivo.
"Ehi..." sussurro "che succede?".
Un sorriso amaro nasce sul suo volto e una lacrima sfugge al suo controllo: alza gli occhi al cielo, sbuffando una risata esasperata, come se questa non fosse la prima volta che le sue emozioni prendono il sopravvento.
Istintivamente gli afferro la mano e la stringo forte nella mia, facendo intrecciare le nostre dita, appoggiandole sul suo ginocchio e accarezzando il dorso della sua mano con il pollice. Il suo sguardo scatta rapidamente sulle nostre mani e poi torna di nuovo a guardarmi negli occhi.
Lo supplico con lo sguardo di dirmi qualcosa, qualsiasi cosa, anche uno stupidissimo va tutto bene, giusto per non farmi sentire completamente inutile.
"Lydia" singhiozza, mentre i miei occhi si spalancano al solo sentir nominare nuovamente quel nome "è lei la ragazza intelligente che mi ha raccontato quelle cose... a dir la verità, mi raccontava un sacco di cose" mi racconta, accennando una risata verso la fine.
"E dov'è ora questa Lydia?" chiedo, deglutendo pesantemente per la paura di quello che potrebbe dirmi.
"Si è trasferita a Londra due anni, 7 mesi e 11 giorni fa, prima dell'inizio della scuola, con sua madre... in cerca di risposte su se stessa e sulla sua famiglia" mi informa, con un tono di voce malinconico, come se quella ragazza non fosse stata solo una semplice amica che adorava ascoltare mentre parlava di cose colte e intelligenti.
Abbasso lo sguardo sulle nostre mani e sorrido lievemente, mentre la mia mente vaga per chissà quale meta.
"L'amavi... non è così?"
La domanda esce dalle mie labbra in un sussurro, prima che il cervello filtri il messaggio.
Alzo lo sguardo, cercando il suo, trovandolo però perso nel vuoto. Poi improvvisamente si riprende, sorride, ma scuote il capo negativamente.
"Era solo una cotta da liceo" ammette, anche se infondo percepisco una nota di menzogna "ma ha lasciato un vuoto nella mia vita..." sussurra, quasi fosse soltanto un suo pensiero uscito per errore dalle sue stesse labbra.
"..comunque adesso è dall'altra parte del mondo, e non mi sembra né il caso né il momento adatto per perdersi d'animo" riprende a parlare con il solito viso vivace e sereno del buon vecchio Stiles.
Sorrido compiaciuta nel vedere quanto sia forte in realtà questo ragazzo che può sembrare solo molto curioso e tanto ingenuo e indifeso. Ma le apparenze a volte ingannano, e Stiles ne è la prova: sotto quella corazza di sarcasmo e curiosità, si cela un ragazzo forte, determinato e con un grande cuore d'oro.
"Sono sicura che troverai qualcuno che saprà colmare il tuo vuoto, Stiles" sussurro, sperando che non mi senta. Ma lo sguardo che scatta si sposta repentinamente su di me mi costringe a ritirare quella speranza.
Ci guardiamo negli occhi per istanti che sembrano interminabili, e potrei giurare di aver visto una scintilla attraversare quegli occhi color nocciola. Il suo volto si avvicina lentamente al mio, senza perdere il contatto visivo nemmeno per un secondo. Le nostre labbra si toccano, si sfiorano, si desiderano.
Chiudo automaticamente gli occhi, sentendo il respiro di Stiles solleticarmi il viso. Poi, mosso da quell'istinto primordiale che lega due esseri umani in un'anima sola, le sue labbra si poggiano definitivamente sulle mie, dando vita ad un bacio che racchiude dentro di sé tutti quei sentimenti che non siamo ancora in grado di spiegare.
Le sue mani si allungano fino a sfiorare le mie guance arrossate, mentre le mie indugiano sulle sue ginocchia.
Riapro gli occhi solo una volta terminato il bacio, ansimando e saettando lo sguardo dalle sue labbra rosse ai suoi occhi scintillanti. Le sue mani, ancora sul mio viso, mi spostano una ciocca di capelli dietro le orecchie: quel semplice gesto mi costringe a chiudere nuovamente gli occhi per qualche secondo e un sorriso si materializza sul viso di entrambi.
Non servono parole per contornare questo gesto, né servono altri gesti per concluderlo: è tutto perfetto, così com'è successo, derivato dalla sincerità del momento.
Dei passi e delle voci provenienti dal piano di sotto ci mettono però in allarme.
"Laura!" riconosco perfettamente la voce di Scott che si avvicina "Sono a casa".
Scattiamo entrambi, io in piedi, facendo qualche passo indietro, lui si gira nuovamente verso il computer, cercando di essere il più naturali possibile.
Torno con le mani appoggiate allo schienale della sedia, stavolta sfiorando volontariamente la spalla di Stiles, a cui nasce un sorriso che riesco ad intravedere attraverso il riflesso del computer.
La porta si apre all'improvviso, rivelando il volto di Scott che cambia repentinamente da felice e spensierato a felicemente sorpreso. Poi un sorriso malizioso inizia a troneggiare sul suo viso, mentre il suo sguardo si sposta ripetutamente da Stiles a me e viceversa.
"Ehi!" esclama poi, avvicinandosi alla scrivania "Vedo che avete fatto pace!".
Stiles ed io ci scambiamo un'occhiata di complicità, annuendo meccanicamente con uno stupido sorriso sulle labbra e le guance leggermente arrossate, come due bambini che tentano di nascondere le caramelle dietro la schiena.
"Sono contento" conclude poi, senza approfondire, anche se sono più che convinta che abbia già capito qualcosa e che prima o poi mi chiederà spiegazioni più dettagliate. Ma come si può mentire a qualcuno che riesce a percepire il cambiamento del tuo battito cardiaco?
"Cosa state guardando?" chiede dopo aver spostato la sua attenzione sullo schermo del computer.
"Mi sta aiutando a capire perché faccio delle cose involontariamente, come se la mia mente voglia riportarmi a qualcosa che non ricordo..." spiego brevemente.
Mio cugino corruga le sopracciglia, pensieroso e molto confuso a riguardo.
"Scott, il cervello è capace di modificare e di cancellare i ricordi peggiori: se Laura avesse vissuto qualcosa di brutto" gli spiega Stiles, venendo poi interrotto da Scott, che termina la frase al posto suo "questo spiegherebbe le immagini che vede e i dejà-vu che non ricorda!".
"Esatto!" esclama Stiles, maneggiando con il computer "E se è successo qualcosa di brutto, ci sarà sicuramente qualcosa su internet".
Tutti e tre puntiamo il nostro sguardo sullo schermo del mio computer, mentre Stiles scorre verso il basso tutte le notizie riguardanti gli avvenimenti avvenuti di recente a Bushwick. Uno in particolare attira la nostra attenzione: 'Donna sbranata da un lupo: il marito si spara, lasciando una sedicenne orfana.'
"Non è possibile..." sussurro incredula.
Gli sguardi sbalorditi e curiosi di entrambi i ragazzi si puntano immediatamente su di me.
"Non ci sono lupi a Boston... non ce ne sono mai stati!" esclamo convinta, aumentando lo stupore sui loro volti.
Stiles torna a guardare lo schermo del computer, appoggiando il mento sulla propria mano, pensieroso.
"Scott," richiama l'amico, anche lui perso nei suoi pensieri "pensi quello che penso io?".
Il ragazzo annuisce.
"E si può sapere cosa pensate?" chiedo leggermente confusa e anche piuttosto curiosa.
"Che non si tratta di un lupo qualunque..." borbotta Stiles, fissando lo schermo come se potesse confermare la sua teoria.
Una lampadina si accende all'istante nel mio cervello.
"Pensate che sia stato un lupo mannaro?" chiedo a bassa voce, come se fosse un segreto da non rivelare.
Stiles si gira di scatto verso di me, sbalordito più che mai, poi si volta verso il suo amico con un'espressione interrogativa sul volto.
"Glielo hai detto?" squittisce in tono quasi offeso.
"No" sbuffa Scott, indifferente "Mi ha scoperto".
Stiles bofonchia qualcosa di incomprensibile prima di cliccare sulla notizia: una pagina piena di informazioni si apre davanti ai nostri occhi. Ma quando i miei incontrano quel nome, il mio cuore cessa di battere e i miei polmoni terminano anche le riserve di aria.
"Aurora Young?" esclama Scott, restando a bocca aperta.
Il suo sguardo cerca immediatamente il mio. Anche Stiles guarda prima Scott e poi me, confuso.
"Cosa? La conoscete?" chiede poi, non capendo la nostra reazione.
"Non è possibile..." sussurro con un filo di voce a causa di un groppo che mi si è improvvisamente formato in gola.
"È sua madre..." risponde Scott al posto mio "mia zia".
Il volto di Stiles diventa subito paonazzo: spalanca gli occhi e si gira di scatto nella mia direzione, restando però fermo senza fare niente, non sapendo come comportarsi.
"Aspetta un attimo" esclama poi mio cugino, riportando l'attenzione su di sé.
Fissa il computer come se ci fosse qualcosa che non quadra: mi asciugo le lacrime con il dorso delle mani, poi mi sforzo di guardare lo stesso punto che entrambi stanno osservando con attenzione.
"C'è la foto di tua madre..." esordisce Stiles, aguzzando la vista.
"ma manca quella di zio Adam" fa notare Scott, puntando il suo sguardo nel mio.
"I...io... non ho molte foto sul cellulare..." inizio a balbettare, improvvisamente a disagio "e tutte le foto in cui c'è mio padre, lui non guarda l'obiettivo..." confesso e a Stiles sembra tornare in mente qualcosa.
"Proprio come nella foto che ti avevo mostrato" borbotta, rivolgendosi a Scott.
Entrambi sospirano sconfitti, come se la loro teoria fosse appena andata a rotoli per mancanza di prove. Come un flashback rapidissimo, mi torna in fretta alla mente quella strana foto che mi era capitato di vedere sul cellulare qualche sera fa.
"Però ce n'è una..." rifletto, riaccendendo le loro speranze "in cui il riflesso del sole illumina i suoi occhi".
E come se avessi appena dato loro il tassello mancante per completare il puzzle, Stiles e Scott si scambiano un'occhiata complice, consapevole e leggermente spaventata.
"Allora?" chiedo impaziente "Anch'io voglio capire!" esclamo poi, mentre le lacrime continuano a scendere copiosamente sul mio viso.
Scott sospira, guardandomi successivamente negli occhi.
"Noi crediamo che... tuo padre fosse un lupo mannaro..." esordisce Scott, abbassando lo sguardo combattuto.
"Lo stesso lupo mannaro che ha ucciso tua madre" interviene Stiles, concludendo la frase lasciata in sospeso da mio cugino.
Non riesco a credere alle mie orecchie: mio padre, un lupo mannaro?
"No" sussurro, accorgendomi soltanto adesso della gola fattasi improvvisamente secca e asciutta "Non può essere vero... e poi... perché uccidere mia madre? Perché non anche me?" esclamo poi, con voce più alta per la rabbia e la collera che ribolle nelle mie vene.
Mi passo entrambe le mani tra i capelli, tirandoli leggermente e guardando fisso il pavimento con le lacrime che rendono difficile anche solo inquadrare i vari rettangoli di legno che lo compongono.
Scott si avvicina rapidamente a me, afferrandomi le spalle con entrambe le mani per consolarmi e per cercare di calmarmi. Stiles invece si alza dalla sua postazione e mi affianca, sedendosi sul bordo del mio letto e facendomi cenno di sedermi accanto a lui. Scott si inginocchia davanti a me, accarezzandomi delicatamente il ginocchio.
"E poi, mio padre è stato ucciso da una pistola" gli ricordo "Non avrebbe potuto spararsi da solo, se fosse stato veramente un lupo mannaro!" rifletto confusa.
Stiles afferra la mia mano, stringendola forte per infondermi coraggio, mentre intreccia le nostre dita, sorridendomi dispiaciuto. Tutto questo è totalmente assurdo e surreale.
"Ma questo è..." Scott borbotta qualcosa, afferrando con le dita qualcosa sotto il letto. Solo quando lo porta davanti al suo viso riconosco uno dei cinque proiettili che stavano nel caricatore della pistola.
"Argento!" esclama Scott con un'espressione di puro terrore sul volto.
"Era nella pistola che ho nel cassetto..." bofonchio, concentrandomi su quel proiettile "ce n'erano altri quattro dentro".
Lo sguardo impaurito dei due ragazzi si posa inevitabilmente su di me.
"Dov'è il sesto?" chiede Stiles, deglutendo successivamente.
Scuoto il capo, chiudendo gli occhi per pensare meglio.
"Non lo so..." sussurro, stringendo forte gli occhi per cercare un ricordo, ottenendo solo un gran mal di testa. Quando poi riapro gli occhi, mi ritrovo a fissare il mio sguardo in quello di mio cugino Scott.
Corrugo le sopracciglia, vedendo l'espressione terrorizzata troneggiare sui volti di entrambi i ragazzi.
"Perché?" chiedo ingenuamente "Cos'ha di particolare l'argento?".
Scott abbassa lo sguardo sul proiettile, che rigira ancora tra le dita, osservandolo scrupolosamente.
"Con questo" dice portando la pallottola sotto il mio sguardo "puoi uccidere un lupo mannaro".
Bastano queste semplici parole per far scattare un campanellino nel mio cervello, una specie di levetta che permette alla mia mente di aprire un determinato cassettino contenente un certo tipo di ricordi a cui mi era stato negato l'accesso. Adesso gli avvenimenti di quella sera scorrono chiari e nitidi nella mia testa, proprio come un film in bianco e nero: rivedo il sangue, sento di nuovo le urla disumane di mia madre, il suo corpo dilaniato sul parquet della mia stanza e mio padre trasformato in un mostro. Poi uno sparo spezza l'aria e tutto cessa.
"Ora ricordo tutto" esclamo in un sussurro all'improvviso, attirando l'attenzione sia di Scott che di Stiles "So cos'è successo quella sera... so cos'è successo ai miei genitori!"

Spazio Autrice
Uuuuh! Questo capitolo, oltre che dare una svolta alla storia, è anche importante per Stiles e Laura😍 ahhh l'amour... shippatori di Stydia/Stalia, abbiate pietà di me e capitemi.
Ciancio alle bande, apro le scommesse su cosa sia successo secondo voi quella sera. Il premio in palio è un meraviglioso esemplare di Scott McCall selvatico.
Non so se vi sia sorta una certa domanda, ma io non ho intenzione di svelarla buahah (non ancora per lo meno)
Questo e molto altro nel prossimo capitolo di W H A T E V E R  Y O U  A R E !
*i grilli iniziano a saltellare per la stanza e lei si dilegua*
Laura

Enjoy your day🍭

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