Un gatto infastidito

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Con il braccio non occupato dalla spalla altrui Thor si stropicciò gli occhi, come se quel peso fosse una semplice illusione indotta dal sonno. Eppure Loki rimaneva lí, con le palpebre chiuse e le folte ciglia nere che si muovevano a tratti - delicate come farfalle -, il naso sottile e all'insù, le labbra schiuse e i capelli mori spettinati e sparsi sulla sua spalla.
Al principe quella situazione ricordava tanto quando lui e Frigga avevano salvato un piccolo gatto nero, nella parte meno ricca e fortunata della bassa cittadella; quel gattino gli si era acciambellato sulle ginocchia e si era addormentato, non permettendogli nemmeno la minima mossa. Ricordava di essersi fatto venire il formicolio alle gambe pur di non spostarsi e svegliarlo, rendendo la madre tanto felice.
Anche in quel caso non impiegò più di due minuti netti per decidere che lui da lì non si sarebbe mosso nemmeno sotto tortura, ipnotizzato dal cadenzato ritmo del respiro del moro. Non cedette nemmeno quando il braccio iniziò a chiedere pietà oppure quando rischiò di farsi andare di traverso la saliva per non tossire.

In complesso erano passate quasi due ore - che pesavano come venti - quando si azzardò ad allungare la mano per accarezzare il viso di Loki.
Appoggiò le punte delle dita sulla guancia, lasciando scivolare il pollice sulla linea dello zigomo, poi giù verso la curva della mascella, il mento, le labbra... Senza accorgersene aveva trattenuto il fiato a tal punto che quando vide che un paio di bellissimi occhi verdi lo fissavano, quasi si strozzò.
Erano ancora entrambi immobili, Thor con le mani sul viso del più esile e quest ultimo che lo fissava.
< Non volevo, io... > Attaccò il primo, agitandosi, passandosi invece la mano tra i capelli. < Non so cosa mi sia preso... >
< Non ho mai detto che potevi smettere. > Loki sembrava decisamente poco turbato dalle carezze, più dalla confusione che l'altro stava facendo senza motivo. < Continua. >
Così dicendo, allungò il braccio per recuperare la mano altrui, posandosela sulla guancia, muovendola inerme lungo i tratti del viso, fino ad arrivare alla bocca.
Thor intanto lo guardava, incapace di proferir parola, muoversi e -a quanto pare- respirare.
Per incentivare il compagno a riprendere vita, intrecciò le loro mani, portandosele alle labbra, baciandone il dorso, le nocche e il polso, mandando ogni millimetro di pelle a fuoco.
Questo scatenò ovviamente una reazione quasi eccessiva nel principe, che mosse il braccio sotto la spalla dello stregone, per stringerlo a sé, chinarsi e...

< Ci stiamo divertendo, vedo. > Una voce alle loro spalle diede uno scossone di realtà ad entrambi, anche tra i due Thor sembró ricomporsi mentre Loki si mostrava solo palesemente innervosito dalla situazione.
< Ma tu non muori mai? Perché non vai a fare lo speleologo nei crepacci del Gaatard? >
< Purtroppo il mio impiego a palazzo mi tiene legato qui. > Gaother sorrise ad entrambi, lasciandosi cadere con un leggerissimo puff nella poltrona verde di fronte ai due. < Per quanto riguarda me, potete anche continuare. >
Mentre le orecchie gli diventavano paonazze, Thor notó che l'armatura era sparita, lasciando spazio ad una vestaglia rossa, aperta a lasciar intravedere i pantaloni dello stesso colore e l'addome tonico e liscio. I capelli, lunghi e biondi, gli ricadevano scomposti sul petto, mentre sorrideva loro, scrutandoli con occhi famelici. Anche gli altri due, Dherindahl e Brondheil, si erano aggiunti e stavano seduti ai lati di Gaother, in bilico sui braccioli.
Era evidente come la moda di non portare la maglia avesse attaccato solo quella parte di Palazzo.
< Non avete freddo? > Loki tentó di schernirli per dissuaderli, raggomitolandosi sulle gambe di Thor per l'ennesima volta.
< Principe Thor, ti hanno mai intrecciato i capelli? Ho sempre sognato di... > Gaother sembró ignorare Loki, persino quando gli lanciò uno sguardo velenoso.
< Gaother, vuoi prendere fuoco? Di nuovo? >

I Misteri del Palazzo di Aasgard / The Mysteries of Aasgard PalaceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora