Erano le 18.00 di una calda serata di metà marzo. Il rombare dei motori di macchine e moto che si accodavano, una dietro all'altra, nel traffico accompagnate dal chiacchiericcio delle persone che camminavano sui marciapiedi, aleggiavano nell'aria e contribuivano a donare a New York quell'atmosfera che la rendeva una delle città più affollate d'America.
Autisti stanchi abbassavano i finestrini, sbuffavano, si fumavano una sigaretta, accendevano la musica o si distraevano usando il telefono mentre attendevano impazienti che la coda davanti a loro si muovesse per poter ripartire. I pedoni, invece, indaffarati, si destreggiavano tra varie azioni: c'era chi correva per prendere in tempo il treno delle 18.20, chi si fermava a parlare con un vecchio amico incontrato per caso e chi non poteva fare a meno di fermarsi a osservare una delle tante sfarzose vetrine che si trovavano nei dintorni; c'erano mamme con i passeggini, uomini d'affari al telefono e ragazzi a passeggio con il cane. Tutti occupati eppure, nonostante ciò, per chissà quale strano motivo, quando passava Wade avevano sempre tempo per guardarlo con aria disgustata o dispiaciuta. Cosa che lui detestava a morte. Con un grugnito l'uomo sfilò una mano dalla tasca destra dei suoi jeans neri, si aggiustò il cappuccio, calandolo di più sul viso, e affrettò il passo fino a raggiungere un condominio dalla facciata in mattoni. Evitò l'entrata principale addentrandosi in un vicolo cieco, che divideva quell'edificio da un altro color panna, e salì la scala antincendio esterna che, collegata al muro ricoperto di murales verdi e neri della fiancata della costruzione, gli avrebbe fornito un accesso secondario all'interno del suo appartamento. Arrivato al quinto e ultimo piano si apprestò a sollevare l'anta della finestra, traslandola verso l'alto, creandosi un'apertura in cui poter passare. Vi infilò dunque una gamba seguita dalla testa, abbassata affinché non colpisse il telaio, e infine anche dall'altra gamba. In poco tempo si ritrovò a poggiare entrambi piedi sul pavimento in legno del suo salotto non senza prima urtare, però, un mobiletto lì accanto provocando la caduta in terra di uno degli oggetti che vi erano appoggiati sopra. Lo sguardo di Wade venne catturato da ciò che era appena precipitato dalla sua postazione sul mobile e lo raccolse.
Si rammaricò nel notare che si trattava di una delle poche foto che aveva deciso di conservare e incorniciare dopo essersi separato dalla sua ragazza: Vanessa.
La foto ritraeva lui e la giovane sorridere allegri in direzione della telecamera con indosso due orribili maglioni rossi di Natale. Sorrise al ricordo di quel momento, risaliva a prima che tutto avesse inizio. A prima che scoprissero che lui era affetto da un cancro terminale che aveva colpito più organi del suo corpo. Wade si ritrovò a pensare a quanto quei giorni felici si fossero esauriti in un tempo così breve e a quanto avrebbe voluto, invece, che avessero potuto durare in eterno. Ormai erano passati due anni da quando le loro strade si erano separate e lui era fermamente convinto che la loro lontananza non potesse che giovare alla ragazza. Quello che era diventato dopo aver subito gli esperimenti di quel pazzoide di Francis non sarebbe mai potuto essere ciò di cui lei, o qualunque altra donna, avrebbe avuto bisogno. Dopo aver osservato la crepa che si era formata sul vetro, l'uomo decise di gettare la foto nel primo cassetto del mobile dicendosi che avrebbe dovuto smetterla di essere così sentimentale perchè le cose non sarebbero cambiate comunque. Avrebbe solo dovuto dimenticare tutto e buttarsi il passato alle spalle. Ridestatosi da quei pensieri, Wade, attraversò la sala facendo lo slalom tra bottiglie di birra vuote, fumetti e scatole di pizza che giacevano bellamente sul pavimento occupando lo spazio, già di per sé esiguo, rimanente su di esso. Brontolò pensando che avrebbe dovuto dare una pulita a quel buco di posto in cui abitava. Vivendo da solo non ne aveva mai sentito la necessità imminente, e aveva quindi sempre rimandato le faccende di casa, ma adesso iniziava proprio a credere di doversene occupare al più presto. Si guardò intorno per analizzare le condizioni di quella che, da un anno a questa parte, aveva considerato come una casa. La stanza era piccola, al centro del salotto regnava un grosso televisore antiquato con davanti una poltrona rossa dalla pelle rovinata, ricoperta di toppe ricucite velocemente sulla stoffa vellutata, la mobilia era poca e a tratti anche impolverata. Le tre porte a cui si aveva accesso a cucina, bagno e camera da letto erano costellate da buchi e tagli, così come anche le pareti, la cui origine era probabilmente data da un uso errato di armi da taglio e da fuoco. L'uomo sospirò, si sfilò il giubbotto di pelle che aveva indosso e lo lanciò sullo schienale della poltrona, dirigendosi poi verso il bagno. Si accostò al lavandino, lo sguardo, basso, puntato sulle sue mani mentre le passava sotto l'acqua sfregandole una contro l'altra. In quel frangente non potè fare a meno di pensare a come fosse bella la sua vita prima. Era un mercenario di successo e aveva una ragazza che lo amava, se solo non fosse stato così debole da farsi manipolare e sottoporre alle cosiddette cure di Ajax, non sarebbe diventato il mostro che ora si trovava a essere. Chiuse il rubinetto e alzò gli occhi sull'immagine del suo volto riflessa nello specchio frantumato che si trovava sopra il lavandino. Ci aveva creduto così tanto. Aveva davvero pensato che quel maledetto inglese irritante avesse potuto farlo tornare come prima, aiutarlo. Invece si era rivelato solo un inutile bugiardo e nonostante quel sadico avesse pagato i suoi illusori vaniloqui con la vita, aveva lasciato un segno indelebile nell'uomo: la pelle ricoperta di cicatrici ed escoriazioni che si ritrovava ad avere era il marchio delle torture di un pazzo crea-mutanti senza cuore di cui non si sarebbe potuto liberare mai più. Sì, sotto sotto, Wade riconosceva il fatto che in fondo ci fosse stato anche qualcosa di positivo in tutta quella faccenda...il siero che gli era stato somministrato durante il suo periodo di "cura" nei laboratori di Francis aveva fatto scattare nel suo corpo una reazione che aveva innescato la nascita di anticorpi che curassero il cancro tramite un sistema di rigenerazione non duraturo: esso infatti si ricreava costantemente per essere poi continuamente attaccato, mettendo in funzione un sistema di difesa che lo rendeva sano sacrificando però la presentabilità del suo aspetto esteriore. Il siero aveva fatto anche molto altro: aveva aumentato i suoi riflessi, le sue capacità, abilità e persino la sua intelligenza; il suo cervello, di gran lunga più sviluppato e instabile rispetto a quello degli altri, si era fra l'altro creato due "voci" che non facevano altro che torturarlo trapanandogli la mente con le loro massime, i loro consigli e le loro stupidaggini.
A volte si domandava che senso avesse vivere una vita così. Un'esistenza all'insegna della solitudine, passata a guadagnare sulle morti delle altre persone. Una semplice anima dannata che non avrebbe mai trovato redenzione: era solo questo il suo scopo nella vita?
- E' un brutto momento amico? -
Wade sobbalzò e spostò lo sguardo verso l'uscio del bagno notando un uomo sulla trentina dai capelli biondo scuro e un paio di grossi, tondi, occhiali da vista dalla montatura nera.
- Cazzo, Weasel! Da dove diavolo sei entrato? - chiese Wade indignato.
- Dalla porta principale...? - rispose Weasel stranito dalla domanda che gli era appena stata posta, indicando l'entrata.
- Merda...hai incrociato il proprietario dell'appartamento? -
- Gary? No, non l'ho visto. Dev'essere uscito, non c'era nemmeno la sua macchina parcheggiata al solito posto. -
- Ah, la macchina è vero. Avrei dovuto farci caso prima. - borbottò Wade tra sé e sé rammentando che l'avere un rifermento tangibile, come la presenza o meno del suo veicolo, l'avrebbe aiutato a capire meglio se il proprietario fosse stato in casa oppure no.
Si grattò la testa chiedendosi come avesse fatto a non pensarci prima.
- Perchè? Lo stavi cercando? - domandò l'amico.
- In realtà è lui che cerca me. Sono in ritardo con l'affitto di un paio di settimane. Ho le tasche vuote, sono al verde, non ho nada de nada e non posso pagargli nulla ora. - confessò l'altro.
- Al verde? Seriamente? Caspita Wade...- Weasel fece una pausa di riflessione prima di riprendere a parlare - Ma si può sapere che diamine ti prende ultimamente? Non sei mai in casa, non rispondi alle chiamate, figuriamoci ai messaggi, sei al verde e ti rifiuti di accettare i lavori da mercenario che ti offro...avanti, amico, sputa il rospo. Di cosa ti stai occupando? Cosa bolle in pentola? -
- Vendetta, caro Weasel. Solo un po' di sana vendetta. -
- Credevo ti fossi gettato queste cose alle spalle dopo la morte di Francis. - ribattè il biondo incrociando le braccia al petto.
- Non fin quando ci sarà ancora qualcuno che dovrà patire ciò che sto provando io. -
Per un attimo Weasel non rispose, la stanza cadde in un silenzio tombale mentre il mercenario prendeva un borsone di Hello Kitty rosa e nero, appoggiato a terra accanto alla poltrona, e iniziava a riempirlo con tutti i tipi di armi che trovava sparse per il soggiorno.
- E' proprio indispensabile che tu lo faccia? Non riesci proprio a stare lontano dai guai, vero? -
Wade estrasse un foglietto di carta dalla tasca e se lo rigirò con maestria fra le dita.
- Questo è l'ultimo laboratorio. - disse sorridendo - E ora se vuoi scusarmi ho un costume da indossare. -
- Bene, ottimo. - commentò sarcasticamente l'amico, sospirando.
Il mercenario sparì nella sua camera per tornare poco dopo con indosso un costume rosso e nero, quello che usava durante le sue missioni e che lo trasformava nel suo alter ego: Deadpool.
- Weas, ci vediamo al Sister Margaret stasera. Tieni pronti un paio di shottini per festeggiare la vittoria che suggellerà la fine di questa storia dei laboratori una volta per tutte. - disse Wade tornando in sala, mettendosi il borsone colmo d'armi in spalla.
- Sarà fatto. - rispose Weasel facendo spallucce - Cerca solo di non farti coinvolgere in altri casini. -
- Tsk, figurati. - disse Wade assestando una pacca sulla spalla dell'amico e dirigendosi verso la porta ma una volta arrivatoci davanti girò sui talloni e con l'indice puntato per aria guardò il barista che aveva assunto un'aria interdetta.
- Uso le scale antincendio. - commentò e in un attimo sparì dalla finestra.
Poco dopo la porta si spalancò e un uomo corpulento vi entrò con fare di chi aveva intenzione di sciorinare una bella lunga ramanzina e farsi rispettare; si trattava di Gary ma neppure quella sera riuscì a beccare Deadpool, ritrovandosi davanti solo Weasel con le spalle alzate e un sorriso di circostanza che non vedeva l'ora di ritornarsene dietro al bancone del suo bar e finire la giornata lavorativa per poi andare a casa e avere un po' di quel meritato riposo di cui anche lui, come tutti, aveva tanto bisogno.~
Note:
Ciao a tutti, io sono Debora e quello che avete appena letto è il primo capitolo della mia primissima fanfiction.
In realtà, inizialmente, avevo ideato questa storia per un progetto d'alternanza scuola lavoro nel quale gli studenti dovevano collaborare con un editore inventando un racconto di massimo otto pagine su ciò che si voleva.
Io, da grandissima fan della Marvel, ho voluto scrivere qualcosa su Deadpool, il mio antieroe preferito, con la speranza che tutti gli appassionati dei fumetti di supereroi potessero trovare qualcosa da leggere che si avvicinasse al loro mondo.
Dato che la storia da consegnare aveva un massimo di pagine che non andava superato, ho dato una conclusione breve al mio racconto ma in cuor mio avrei voluto ampliarlo e costruirne una trama più complessa. La storia che ho dato all'editore è stata pubblicata in un libro insieme ai racconti dei miei compagni di classe e di quella parallela. Adesso, però, ho deciso di rispolverare questa storia, modificandone il contenuto, trasformandola in un primo capitolo, al quale sicuramente seguiranno molti altri.
Mi auguro che vi piaccia.
Spero commentiate, sia negativamente che positivamente, perchè ogni vostra parola possa spronarmi a migliorare il mio racconto e a capire cosa vi è piaciuto e cosa no. Ringrazio in anticipo chiunque decidesse di leggere e recensire e anche chi vorrà leggere in silenzio.
Alla prossima.
Un bacione a tutti voi 😘
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❀ 𝑺𝒂𝒗𝒆 𝑴𝒆 ❀《𝒊𝒏 𝒓𝒆𝒗𝒊𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆》
Fanfiction☙ 𝑫𝒆𝒂𝒅𝒑𝒐𝒐𝒍...tutti lo conosciamo, no? No...? Beh...in poche parole Deadpool aka 𝑾𝒂𝒅𝒆 𝑾𝒊𝒍𝒔𝒐𝒏 è un irriverente mercenario incapace di tenere la lingua a freno. Lotta e sarcasmo sono per lui una filosofia di vita insieme ai soldi che...