CHAPTER 31: Nightmare

509 45 16
                                    

‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍‍Kate vide la lancetta dei minuti del vecchio orologio a cucu fare un passo avanti, raggiungendo la tacchetta prima del numero undici.
Le nove e cinquantaquattro.
Fece vagare lo sguardo in giro, poi tornò a guardare l'antico orologio che si trovava in sala, ma l'orario era rimasto lo stesso.
Sapeva che, in realtà, era indietro di un'ora e diciassette minuti, ma per una volta volle fingere che non fosse così.
Osservò i due piatti di zuppa fredda sulla tavola.
Non era la prima volta che il padre ritardava a tornare a casa, era successo più volte ma lei sapeva che non avrebbe mai rincasato dopo le dieci.
Era il limite massimo che l'uomo si era imposto.
Kate si preoccupava spesso per lui, sapeva che il suo era un lavoro pericoloso anche se non era bene a conoscenza di ciò che egli facesse una volta messo piede fuori dalla loro dimora.
Il padre le aveva quindi detto che nel caso il suo lavoro lo avesse mai costretto a fare "gli straordinari", non sarebbero andati oltre le dieci.
Glielo aveva promesso.
La bambina continuò a sperare che la porta di casa si aprisse, mostrando la figura stanca del padre che come tutte le sere l'avrebbe salutata con un bacio sulla fronte, sdraiandosi poi sul divano con aria esausta.
Lei lo avrebbe incolpato dicendogli che a causa sua la loro zuppa era diventata un ghiacciolo, lui avrebbe riso e avrebbe detto che se ne sarebbe occupato personalmente.
E sarebbero finiti di nuovo con l'ordinare cibo da asporto, chiamando il negozio di Antoine.
Ma tutto questo non successe mai.
Se solo avesse saputo che l'abbraccio che le aveva dato il padre quella mattina sarebbe stato l'ultimo, sicuramente non avrebbe mollato la presa.
Se solo avesse saputo che non l'avrebbe più visto, non si sarebbe limitata a dirgli "Buon lavoro, papà", gli avrebbe detto quanto gli voleva bene e avrebbe pianto tutte le lacrime che aveva.
Se solo l'avesse saputo.

~

Kate si svegliò alzandosi di colpo.
Rimase per un po' a fissare il buio della stanza ma improvvisamente uno scricchiolio la fece sussultare e si voltò verso quel rumore.
La porta si era aperta.
Dalla fessura fuoriusciva uno spiraglio di luce bianca che si proiettava sul pavimento, formando un triangolo chiaro sulla moquette.
Pensò che il fatto che la porta si fosse aperta potesse essere stato a causa di una corrente d'aria ma la finestra era chiusa e l'ipotesi non era fattibile.
Si costrinse quindi ad alzarsi per chiuderla ma quando appoggiò la mano sul pomello sentì delle voci provenire dal piano inferiore.
Era notte fonda, se la coppia di anziani si era svegliata doveva esserci pure un motivo.
Decise di andare a controllare se fosse tutto apposto.
Uscì dalla camera e iniziò a scendere le scale.
A ogni passo che faceva sentiva una strana senzazione familiare assalirla.
Giunta all'ultimo gradino si guardò intorno, avendo l'impressione che la stanza fosse cambiata.
Non era come la ricordava.
Forse era semplicemente assonnata e non vedeva le cose com'erano realmente.
Sentì nuovamente delle voci, dei sussurri e capì che provenivano dalla cucina.
Si avvicinò con passi felpati e fece per aprire la porta ma questa si mosse da sola, spalancandosi lentamente.
La giovane venne investita da un'ondata di luce e socchiuse gli occhi.
Li aprì qualche secondo dopo sbattendo le palpebre più volte.
Si trovava in una cucina, ma non era quella dei gentili anziani che li avevano accolti.
Era una stanza piccola con le pareti in legno e la mobilia laccata di bianco lucido; collegata direttamente alla sala, della quale riusciva a vedere solo un vecchio orologio a cucu rotto, dalle sembianze di una piccola casetta.
Le lancette, ormai ferme, segnavano le undici e undici, mentre le ante di una piccola finestrella erano aperte e un uccellino attaccato a una molla pendeva verso il basso.
"Te lo ricordi ancora quello?" disse una voce infantile che la fece voltare di scatto.
A occupare il centro della cucina c'era un grosso tavolo con solo due sedie: una vuota a capotavola e l'altra posizionata sul lato opposto, sulla quale era seduta una bambina dai capelli rossi.
In tavola c'erano due piatti di zuppa fredda.
"Ma certo che lo ricordi. Come non potresti?" continuò la bimba.
"Guardalo bene...che mi dici di quell'ora? La ricordi? Ricordi cos'è successo?" la canzonò.
- Chi sei? Cosa vuoi da me? - chiese Kate guardando la piccola negli occhi.
"Lo sai chi sono." le rispose e un guizzo le attraversò gli occhi vispi.
"Quell'orologio...mi piaceva tanto, sai? Lo avevo anche aggiustato mentre aspettavo invano la persona che ci aveva abbandonate. Allora dimmi...cos'è successo? Tu ricordi perchè si è rotto, non è vero?" un'espressione sorniona le apparve sul volto.
Kate non rispose.
"Che c'è? Il gatto ti ha mangiato la lingua? Se non vuoi parlarmi di quello allora preferisci raccontarmi cosa facevi con questo?" domandò la bambina appoggiando un coltellino sul tavolo.
La giovane spalancò gli occhi e si portò una mano a toccarsi il polso, involontariamente.
"Hai provato a toglierti la vita." disse la piccola.
"Ma guardati. Sei proprio patetica. Abbandonata e usata da tutti. Che tu abbia rotto l'orologio a cucu quella sera, non cambia il fatto che il tuo piano di fuga fosse fallito perchè Hector ti aveva trovata e ne aveva approfittato abusando di te in quella stanza, proprio vicino a quell'orologio. Lo stesso che guardavi sperando che nostro padre tornasse. Non cambia il fatto che i tuoi tentativi di suicidio per scappare da lui non servissero mai a nulla. Non cambia proprio niente..."
"BASTA!" gridò Kate furente.
Doveva essere forte, doveva farlo per Wade che era stato al suo fianco.
Doveva pensare al futuro e gettarsi il passato alle spalle.
"Povera ragazza." disse la piccola con tono beffardo.
"Piantala di illuderti...nessuno ha mai tenuto a te, nemmeno tuo padre. Nessuno ti ha mai amata e mai ti amerà. Quel mercenario strambo dalla tutina rossa e nera, non farà eccezione. Ti abbandonerà alla prima occasione."
"Non è vero! SMETTILA!" sbraitò Kate coprendosi le orecchie con le mani e chiudendo gli occhi.
Avrebbe voluto reagire ma era bloccata, non riusciva a muoversi.
Improvvisamente la giovane sentì qualcosa bagnarle le gambe e guardò a terra, trovandosi immersa in un lago rosso che continuava a salire.
Una lago di sangue.
La bambina sorrise malvagiamente mentre il liquido saliva sempre di più fino ad arrivarle all'altezza della gola.
La ragazza mosse le braccia e sollevò la testa nel vano tentativo di non annegare in quel mare cremiso ma alla fine fu proprio quello che fece.
Sentiva che le mancava l'ossigeno.
Non riusciva a respirare.
Udì nuovamente la voce della bambina ma questa volta era più profonda e tonante. Metteva i brividi.
"Ricordi il bigliettino che papà aveva attaccato sul muro della sua cameretta? Quello che trovasti quella notte, dopo aver rotto l'orologio, con i polsi e le mani grondanti di sangue? Sì...so che lo ricordi...Kate. Tu, noi...non abbiamo mai dimenticato quelle parole."

*"Chi lotta contro i mostri deve fare attenzione a non diventare lui stesso un mostro."

"Non dimenticare Kate. So che non lo farai. Trasforma i tuoi ricordi, la tua sofferenza in odio e riversalo contro gli altri, non contro di te. Vendicati. Uccidi. Fa quello che ti è stato fatto. Io ti darò una mano...spezza il confine che mi relega in un angolo della tua mente. Perdi la ragione, lascia che ti guidi verso la vittoria...verso ciò che è giusto. Hai combattuto vanamente Hector per troppo tempo...ora è giunto il momento di diventare il mostro...
Fallo, Kate...liberami! Liberami!"
La giovane vide il viso della bambina deformarsi, gli occhi assottigliarsi e dividersi, la bocca allargarsi, i denti affilarsi e la pelle cadere a pezzi nel liquido che le circondava, assumendo le sembianze di un mostro.
"LIBERAMI!"
Quella grossa bocca si allargò nella sua direzione pronta a inghiottirla e lei strinse gli occhi con forza, incapace di fare altro.
"Non puoi sfuggirmi. Non puoi disfarti di me, Kate..."

Kate...

Kate, ci sono io qui con te...

Respira...

Fallo per me...

Kate...

Svegliati...

- Kate! -
La ragazza aprì gli occhi di scatto e respirò a fondo riempiendo i polmoni d'aria.
Si rese conto di trovarsi ancora nel letto della casa degli anziani Cooper.
Il petto si alzava e si abbassava velocemente, seguendo i battiti del cuore che sembrava volesse schizzar fuori dalla sua cassa toracica.
Una mano le accarezzò dolcemente il viso asciugandole con un fazzoletto la fronte madida sudore.
E fu solo allora che Kate si accorse della presenza di Wade al suo fianco.
- Hey, pasticcino...- le disse il mercenario.
Non aveva la maschera indosso e lei potè facilmente vedere un debole sorriso di sollievo dipinto sul suo volto.
- Wade...- mormorò lei.
La ragazza gettò le braccia al collo dell'uomo e fiumi di lacrime iniziarono a scenderle lungo le guancie mentre lo stringeva a sè.
- È tutto okay... - la rassicurò il mercenario accarezzandole dolcemente la schiena.

"Piantala di illuderti...nessuno ha mai tenuto a te, nemmeno tuo padre. Nessuno ti ha mai amata e mai ti amerà. Quel mercenario strambo dalla tutina rossa e nera, non farà eccezione. Ti abbandonerà alla prima occasione."

Al ricordo di quelle parole Kate sciolse l'abbraccio e si staccò da lui come se si fosse appena scottata.
Abbassò lo sguardo per non incontrare quelle iridi color cielo guardarla preoccupati.
L'uomo le accarezzò una guancia con delicatezza.
- Cosa c'è che non va? -
- Wade...farai come tutti gli altri? - mormorò lei con tono flebile.
- Che stai dicendo, Kate? - domandò il mercenario confuso.
- Mi abbandonerai anche tu? - chiese la rossa con un filo di voce, rotta dal pianto. Gli occhi ancora rivolti verso le lenzuola chiare che la coprivano.
- Ehi...guardami. Guardami negli occhi. - le disse il mercenario prendendole il volto fra le mani, costringendola a volgere lo sguardo lucido nella sua direzione.
- Non ti abbandonerò, è una promessa. Finchè tu lo vorrai, rimarrò per sempre al tuo fianco. - continuò lui accarezzandole le guance con i pollici e regalandole un dolce sorriso.
- Non andartene mai, ti prego. Ti amo. - gli rispose la giovane appoggiando le mani sulle sue e l'uomo azzerò la distanza fra loro posando le sue labbra su quelle di lei.

"Non dimenticare Kate. So che non lo farai."
Aveva ragione.
Ma la verità è che non si dimentica mai, si impara a convivere con i ricordi.
E lei l'avrebbe fatto con Wade.
Sarebbe riuscita a costruirsi un futuro e questa parte della sua vita sarebbe diventata solo un capitolo passato che avrebbe chiuso in un cassetto senza aprirlo.
Mai più.

~

Note:

Oook, spero di non aver spaventato nessuno con questo capitolo, non era mia intenzione. :)
In realtà avrei dovuto pubblicare domani ma sono mezza addormentata e mi è scivolato il dito su "pubblica" mentre ricontrollavo la bozza del capitolo. 🙂
E boh, oggi non riesco proprio a dormire. 😵 DATEMI UN SONNIFEROOOO!
[Ma vai a preparati una camomilla...]
Oh, giusto... ogni tanto servi a qualcosa di buono, vocina. :)
[COME?!]
....
Anyway, io sono la regina degli incubi, ne faccio almeno uno ogni due giorni, ahahah 👑
Voi fate incubi o dormite sogni tranquilli?
Che dite di questo capitolo? Vi è piaciuto oppure no? Aspetto i vostri commenti. <3
E nulla, vi lovvo e basta.
Ciaoooo (ˊ▽ˋ)丿

*La frase "Chi lotta contro i mostri deve guardarsi di non diventare, così facendo, un mostro" che il padre di Kate aveva appuntato nel suo studio è di Nietzsche.

❀ 𝑺𝒂𝒗𝒆 𝑴𝒆 ❀《𝒊𝒏 𝒓𝒆𝒗𝒊𝒔𝒊𝒐𝒏𝒆》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora