+++ Steve's pov +++
Siamo sull'aereo personale di Tony da qualche ora; è notte inoltrata, Vanessa dorme e io ho letto praticamente tutti i fascicoli, che mi ha dato Stark. Tra queste pagine c'è tutto quello che dovrei sapere su Captain America e sulla sua squadra, c'è la parte di vita che ho perso, la storia e le vicende dell'eroe che ero un tempo. Ora conosco al dettaglio la mia cartella clinica e tutte le qualità extra umane che il siero del dottor Ereskine mi ha dato nel 1945, ma non so assolutamente nulla di Steve Rogers, dell'uomo che si nascondeva dietro l'eroe.
Non so se sia un bene o un male non sapere niente di lui; se una parte di me sarebbe ansiosa di saperne di più, l'altra parte, la più timorosa forse, preferisce così.
Ho fatto tante cose orribili in questi mesi, per quanto la mia mente fosse manovrata, non ho mai provato nessun sentimento, nessun rimorso. Mentre mietevo le vittime che Ouspenskj mi designava, nessun moto di pietà ha mai toccato il mio cuore negli ultimi mesi, dell'uomo coraggioso e compassionevole che doveva essere Steve Rogers non c'era nemmeno l'ombra. Questa è stata una delle motivazioni più forti che mi ha spinto a non cercare informazioni sul mio passato, anche una volta scappato da quel maledetto laboratorio. Sapevo perfettamente che, prima che Pascal mi prendesse, avevo una vita, che molto probabilmente ero un uomo normale circondato da affetti e non solo uno spietato assassino, ma avevo paura di scoprire la verità sul mio passato; avevo paura di vedere che cosa avevo perso, cosa ero diventato lasciandomi alle spalle l'uomo che ero, perché sapevo che il soldato d'inverno in cui mi avevano trasformato sarebbe impallidito di fronte alla persona che ero prima che mi facessero il lavaggio del cervello e, come se una parte di me l'avesse sempre saputo, non mi sono mai sforzato di ricordare, né ho provato a farlo, perché sapevo che scoprire la verità mi avrebbe sommerso di sensi di colpa ancora più grandi di quelli che già mi assillano, scoprire chi ero avrebbe annientato del tutto l'equilibrio precario che ho cercato di trovare, una volta fuggito da Ouspenskj e dalla sua folle crociata.
Non mi sbagliavo, il peso di questi due uomini così diversi tra loro, dell'uomo che sono stato e dell'uomo che sono diventato, è opprimente, i miei errori, i miei peccati, sembrano ancora più orribili. Il mostro che ha dormito sotto il mio letto in questi mesi, le voci dentro la mia testa che mi ricordano notte dopo notte, le atrocità che ho commesso mi rendono un caso disperato, perchè nessuno può redimermi dai miei errori, né Vanessa che ci prova da quando mi ha salvato la vita il giorno dell'incendio, né i miei vecchi compagni di vita, che mi guardano con affetto, invece che con repulsione per quello che, il loro tanto amato Steve, è diventato. Vorrei poter essere indulgente come loro, vorrei potermi guardare allo specchio e almeno per un secondo, non provare odio verso l'uomo che vedo riflesso, perchè così come, mentre Ouspenskj mi controllava il cervello non sentivo niente, nell'esatto momento in cui Vanessa mi ha salvato, i miei occhi si sono aperti, dandomi spettacolo di tutto quello che avevo subito e ricordandomi che ho ucciso delle persone a sangue freddo, senza provare nessun tipo di emozione, come un robot, come se non fossi più un uomo. La domanda che mi assilla da allora è se potrò mai tornare ad essere un uomo, se un giorno potrò smettere di sentirmi così, schiacciato dai sensi di colpa, come mi sento ora.
Non so se questo sarà mai possibile, ma credo che provare a recuperare la memoria sia il primo passo che devo fare, anche se ho paura, anche se mi sento come se stessi camminando su un filo, come se potessi cadere da un momento all'altro. Lo devo fare, lo devo a me stesso, anche se non credo di meritare questa opportunità, lo devo a Vanessa, che mi è rimasta accanto, che ha cercato disperatamente di curare le mie ferite, notte dopo notte, incubo dopo incubo, crisi dopo crisi; e lo devo a loro, a queste tre persone che sono venute a cercarmi dall'altra parte del mondo, che hanno sofferto credendomi morto, ma che non hanno mai perso la speranza a quanto pare. Per loro sono semplicemente Steve, sembra che non gli importi quello che ho fatto, ma è proprio questo atteggiamento, questo porgermi la mano in segno d'aiuto, che mi mette in difficoltà, che mi mette in agitazione. Perchè nonostante non ricordi nessuno di loro, ho paura che, una volta scoperto chi è Alexander e cosa ha fatto, mi voltino le spalle, delusi da me. Vorrei che non avessero così tante aspettative su di me, vorrei che non mi guardassero con così tanto affetto e trasporto, perchè questo non fa nient'altro che ricordarmi quello che ho perso, quello che forse non potrò avere mai più e questa consapevolezza mi toglie il sonno, mi impedisce di tranquillizzarmi. Vanessa ha percepito immediatamente la mia ansia, una volta che siamo rimasti soli sull'aereo, ha cercato di consolarmi, ma non posso essere consolato, non posso essere salvato. Ci sono volute quasi due ore, prima che si addormentasse, due ore in cui ho tentato di farla sentire amata, di convincerla che non la lascerò, che ho bisogno di lei, due ore in cui ho cercato di darle certezze che non ho, solo per non perderla, solo perchè, egoisticamente, sento che non posso affrontare questa cosa senza di lei, non perchè la ami alla follia, ma perchè lei è l'unica persona che sa tutto, che conosce ogni dettaglio degli ultimi mesi, l'unica che mi possa capire completamente, visto che ha passato le stesse cose che ho passato io. Lei è la persona che mi ha accolto, anche quando le mie mani erano sporche di sangue. Per questo ho bisogno di lei, anche se forse non la amo come dovrei, lei è stata il mio spiraglio di luce nel buio.
Le do un bacio sulla fronte, mentre lei dorme finalmente tranquilla e mi alzo per sgranchirmi le gambe. Vado in cucina per prendere qualcosa da bere, passo attraverso il corridoio di questa aereo immenso e raggiungo la stanza adibita a cucina; è quasi completamente in ombra, illuminata solo da delle flebili luci al neon poste sopra il lavandino. Perciò non la noto subito, Blue accovacciata su una poltroncina, in un angolo; mi avvicino in punta di piedi, sta dormendo rannicchiata su stessa, con un espressione imbronciata che le dà un'aria da bambina. Resto a fissarla, incapace di staccarle gli occhi di dosso, resto a fissare l'immagine di questa ragazza che sembra così fragile e indifesa, che sembra sul punto di spezzarsi. Non so da dove mi vengano questi pensieri, ma quando la guardo l'impressione che ho è sempre questa, quando la guardo sento piombarmi addosso delle emozioni profonde a cui non so dare una spiegazione, emozioni che mi sconvolgono e che vorrei scacciare, dalle quali vorrei difendermi, in quanto mi fanno sentire scoperto, vulnerabile. La osservo dormire, chiedendomi cosa stia sognando, chiedendomi chi sia davvero questa ragazza e perchè mi faccia questo effetto; vorrei toccarla, sfiorarle i capelli, sento questo folle desiderio da quando l'ho vista per la prima volta oggi. Devo letteralmente stringere i pugni per impedirmi di farlo, per non permettere alle mie mani di sfiorare quella pelle così candida e quei capelli così morbidi e profumati.
'Solo una volta' dico a me stesso, 'solo una volta , per sentire che effetto fa'. Sto per allungare la mano e cedere al mio desiderio illogico, quando lei si sveglia, sgranando gli occhi alla mia vista.
È di una bellezza sconvolgente, ma so che è qualcos'altro a farmi sussultare di fronte a lei, qualcosa a cui non so trovare una spiegazione logica, qualcosa che mi fa perdere ogni volta che mi guarda, come adesso, dritto negli occhi.
"Ciao" mi dice, tirandosi su. Non so cosa dire, sono in difficoltà, come posso dar voce a quello che sento, se nemmeno io me lo so spiegare?
La situazione peggiora ulteriormente, non appena la luce al neon sopra di lei si accende al suo movimento, illuminando la sua figura esile, rendendo visibile il grosso livido sul suo collo, i segni di quello che le ho fatto quando è arrivata da me alla fattoria, ricordandomi cosa sono, rammentandomi quello che le ho fatto, di cosa sono capace. Mi scosto subito da lei, scappando dal suo sguardo, dandole le spalle, mi nascondo ai suoi occhi che mi scrutano, facendomi fremere di rabbia verso quello che sono diventato.
"Sono venuto per prendere un bicchiere d'acqua" le dico sbrigativo, andando verso il lavandino, sperando che lei se ne vada, lasciandomi solo con i miei demoni. Ma lei non lo fa, mi segue, avvicinandosi a me e anche se siamo a pochi metri l'uno dall'altro, sento le mani tremare a quella vicinanza. Cosa mi sta succedendo?
Non riesco a voltarmi, ma la sua voce mi obbliga a farlo.
"Sono contenta che tu sia vivo" mi dice semplicemente, con una sincerità disarmante, nonostante quello che le ho fatto, nonostante quello che le ho detto, nonostante come l'ho trattata. Perchè lo fa? Non me lo merito, non merito i suoi modi gentili, voglio solo che se ne vada, che mi lasci in pace, perchè non posso sopportare più l'immagine che vedo riflessa nei suoi occhi.
"Cosa vuoi sentirti dire esattamente? Vuoi che ti dica che anche io sono contento di avervi ritrovato, anche se non ricordo nulla? Vuoi che mi scusi con te per come ti ho trattata, per quello che ti ho fatto?" le chiedo rabbioso, ferendola, nella vana speranza di sentirmi meglio, nella speranza di liberarmi da questa sensazione opprimente.
"Steve..." mi dice lei, trattenendo le lacrime, non sopporto quel nome, non sopporto il suono che ha nella sua bocca.
"Io non sono Steve, mettitelo in testa. Il vostro Steve è morto otto mesi fa, quell'uomo non esiste più!" le dico cattivo e frustrato. Attacco per difendermi, anche se lei non c'entra nulla, la colpisco per proteggermi dalle sensazioni che mi scatena dentro. E ci riesco, riesco perfettamente nel mio intento masochista, volto a farle male per allontanarla, perchè lei mi guarda colpita e affondata, mentre una lacrime le scivola sulla guancia, facendomi sentire il mostro che mi ostino ad essere.
"Direi che questo è chiaro, tu non sei Steve" mi dice allontanandosi, non in tono accusatorio, ma con un velo di malinconia nelle sue parole.
Il sollievo che pensavo sarebbe arrivato, una volta che lei si fosse allontanata da me, non arriva, l'unica cosa che mi piomba addosso è la rabbia e la frustrazione per averla ferita, per essermi comportato nel solo modo che conosco, per essermi difeso attaccando, anche se non era quello che avrei davvero voluto fare. È come se lei e tutti gli altri cercassero di salvarmi, ma non sanno che non posso essere salvato. I mostri che popolano la mia testa, ormai fanno parte di me e non so se potrò più scacciarli.
STAI LEGGENDO
The one that got away
FanfictionCOMPLETA Sequel di Blue eyes. L'amore di Blue e del suo Capitano, verrà messo a dura prova. ll loro grande amore riuscirà a resistere alla morte e al tempo che scorre veloce? Lo scopriremo, passando attraverso nuovi incontri e vecchie amicizie che s...