Ch. 9

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Tanaka.
Hattori Tanaka era il nome del boss che aveva reso la mia vita un inferno.
I ragazzi avevano deciso di andarlo a cercare stasera e anche se Namjoon me lo aveva espressamente vietato, io li avrei seguiti.
Dovevo solo trovare il modo di farlo.
Se avessi preso una delle loro macchine per poi seguire il loro van, se ne sarebbero accorti.
L'unico modo era quello di infilarmi nel cofano e scendere una volta arrivata a destinazione.
Volevo ucciderlo con le mie stesse mani.
Ammazzare l'uomo che mi aveva causato così tanto dolore.
I miei pensieri vennero interrotti da Namjoon, che entrò nella mia stanza.
La camicia bianca leggermente sbottonata e con le maniche arrotolate fino al gomito, gli stava da Dio.
Inoltre era un pò stretta per la sua corporatura robusta, gli fasciava perfettamente ogni muscolo del suo torso.
Era impossibile togliergli gli occhi di dosso.

"Come ti senti?"

Erano passate 24 ore dalla mia perdita di coscienza, ma mi sentivo molto bene.
Mi ero ripresa totalmente.
Certo, ero ancora un po' debole, ma stavo bene.

"Bene. Sto molto meglio."

Scostai le lenzuola dalle mie gambe, uscendo così dal letto di Namjoon e mettendomi in piedi.
Mi aveva fatta dormire nel suo letto, mentre lui aveva preso il mio solo per evitare di farmi spostare.

"Senti, perché non vuoi che venga con voi?"

Chiesi nella speranza che lui potesse, in qualche modo, cambiare idea.
Namjoon scosse la testa, rivolgendomi uno sguardo severo.
Detestavo quando faceva l'autoritario con me.
Non era il mio capo, ne mio padre.

"Sei troppo debole e inesperta per una cosa del genere."

Aggrottai le sopracciglia, senza mai distogliere lo sguardo dalla sua figura.

"Namjoon, voglio ammazzare quel bastardo. Voglio vendicarmi.
Avrei dovuto farlo pure con quello stronzo che ha dato fuoco a casa mia, uccidendo i miei genitori."

Rabbrividii ricordando quella scena, quando tornai a casa da scuola e l'unica cosa che trovai furono i pompieri che spegnevano l'incendio e i poliziotti che mi avvisavano della morte dei miei genitori.
Namjoon si diresse verso la finestra, dandomi le spalle per poi infilare le mani nelle tasche dei pantaloni.

"Sai chi ha ucciso i tuoi genitori?"

Chiese, senza mai spostare lo sguardo dalla finestra.
Posai lo sguardo sulla sua figura, per poi portare gli occhi a terra.

"No. Mio padre aveva dei debiti con un boss.. un certo Woo.
E un giorno tornando da scuola ho trovato la mia casa in fiamme e i miei genitori morti."

Mi sedetti sul letto, un nodo si stava formando nella mia gola.
Erano passati due anni ma quando ci pensavo mi sentivo disperata come lo ero stata in quel momento.

"Così mi sono ritrovata da sola, senza casa e senza nessuno che mi supportasse."

Qualche lacrima scivolò lungo le mie guance, mentre un sorriso forzato si formò sulle mie labbra quando Namjoon si voltò a guardarmi.
Si avvicinò a me, inginocchiandomisi di fronte per poi portare entrambe le mani sulle mie guance.
Mi asciugò le lacrime con i pollici, rivolgendomi un sorriso debole, poi si avvicinò a me e lasciò un bacio lieve sulle mie labbra.
Posò la fronte sulla mia, mentre continuava ad accarezzarmi il viso delicatamente, come se avesse paura di potermi fare del male.

"Mi dispiace, piccolina."

Chiusi gli occhi, detestavo quando qualcuno provava pena per me. Mi faceva sentire peggio.
Infatti questo suo gesto mi fece solo piangere di più.
In pochi secondi mi ritrovai a singhiozzare, mentre le lacrime scendevano copiose sul mio viso.
Ero sola. E non c'era niente di più brutto di questo.
Essere soli al mondo.
E la solitudine ti mangia lentamente, fin quando non ti ha distrutto totalmente.
Fin quando non ti resta che ucciderti.
In quel momento sentii solo le braccia del ragazzo avvolgermi.
Scivolai lentamente a terra, ritrovandomi a piangere contro il suo petto.
Le sue braccia non lasciavano il mio corpo, fin troppo piccolo in confronto al suo, mentre mi lasciava diversi baci sulla fronte e mi sussurrava, tra un bacio e l'altro, che andava tutto bene.
Che lui era lì con me.




Erano quasi mezzanotte e mezza.
I ragazzi si sarebbero infilati in auto a momenti.
Già verso le 23 gli avevo detto che sarei andata a dormire.
Ero sgattaiolata fuori dalla finestra del bagno del piano terra, dopo aver preso la pistola che Jimin mi aveva lasciato.
Una volta fuori cercai di essere più silenziosa possibile, mentre mi dirigevo al van.
Una volta lì pregai Dio che il cofano fosse aperto e quando poggiai le dita sul bottone del cofano fui sorpresa e sollevata che si aprì.
Mi infilai velocemente dentro, e incastrai un pezzo di carta nel foro dove l'aggancio del cofano si incastrava per chiuderlo del tutto, in modo tale da non rimanere chiusa lì dentro una volta arrivati.
Richiusi il cofano, cercando di sistemarmi in modo da non farmi male in caso di buche per strada.

Non ci volle molto prima che i ragazzi prendessero il van e guidassero fino alla destinazione decisa.
Sapevano dove quel boss stava, dato che avevano lavorato per lui una volta.
Sapevo che eravamo arrivati dato che l'auto si fermò e i ragazzi cominciarono a scendere.
Sentivo le loro voci organizzarsi sul da fare.
Aspettai sette minuti prima uscire fuori dal mio nascondiglio, e fui felice di vedere, una volta fuori, che i ragazzi erano già entrati.
Era una casa piuttosto grande, ma nulla in confronto a quella dei ragazzi.
Feci un respiro profondo, togliendo la sicura dalla mia pistola per poi dirigermi lentamente verso l'entrata.
Cercai di essere più cauta possibile, non mi sarei fatta di certo ammazzare.
Una volta superata la soglia fui sorpresa del fatto che non ci fosse nessuno lì.
Non avrebbe dovuto avere delle 'guardie'?
Continuai ad avanzare, tenendo la pistola di fronte a me, e mi diressi lentamente verso la prima stanza sulla destra.
Sentivo dei rumori provenire da lì.
Una volta accanto alla porta, che era aperta, feci capolino nella stanza, tenendo la pistola puntata verso l'interno.
Proprio in quel momento sentii il metallo freddo di un'altra pistola poggiarsi sulla mia tempia.
Rimasi paralizzata.
Merda.

"Elle? Che cazzo ci fai qui?"

Mi voltai verso l'uomo che stava allontanando l'arma dalla mia testa.
Yoongi.
Merda.
Mi avevano scoperta.

"Yoongi, andiamo via, non c'è nessuno qui. Sapevano che saremmo arrivati."

La voce di Namjoon mi fece rabbrividire.
Sapevo che ciò che sarebbe successo non mi sarebbe piaciuto per nulla.
Quando fece il suo ingresso nella stanza dove io e Yoongi c'eravamo appena incontrati, la sua espressione cambiò d'un colpo.
Era furioso.

"Cosa cazzo ci fai tu qui?"

Si avvicinò minacciosamente a me, mentre si infilava la pistola dietro i pantaloni.
Incrociai il suo sguardo, aggrottando le sopracciglia.

"Voglio uccidere quel bastardo."

Dissi seria, mentre Namjoon si abbandonava in una risata.
Yoongi stava in silenzio, osservando la nostra discussione appoggiato allo stipite della porta.

"Non sei capace di una cosa del genere, Elle. Sei ancora debole e inesperta, come pensi di poter uccidere un boss della mafia giapponese?"

Aveva alzato il tono della voce.
Sospirò frustrato, mentre mi avvicinavo di più a lui.

"Sono capace di farlo! Non sono così debole, Namjoon!"

Mi guardò come se avessi appena detto che gli asini sapevano volare.
Mi afferrò per un braccio, portandomi fuori da quella stanza e poi da quella casa.

"Ne parliamo dopo, sali in macchina."

Quasi mi spinse dentro il van.
Quando fui dentro, mi voltai a guardarlo arrabbiatissima.
Poteva essere un po' più delicato invece di gettarmi così a destra e a sinistra.

"Sei brava solo a farmi incazzare."

THE NEON DEMONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora