Ch. 14

857 35 1
                                    

Aprii gli occhi, mentre la luce entrava indisturbata dal finestrino dell'auto.
Avevo preso la Range Rover di uno dei ragazzi ed ero scappata da lì.
Da quella casa e da lui.
Aveva giocato con me.
Sapeva di aver ucciso i miei genitori, e aveva fatto in modo che mi innamorassi di lui.
E lo amavo.
Cazzo se lo amavo.
Ma allo stesso tempo lo detestavo. Lo detestavo per avermi rovinata in questa maniera.
Le lacrime ripresero a scendere lungo il mio viso, mentre mi smuovevo sul sedile di quell'auto.
Nel portabagagli, avevo trovato dei contanti e una pistola, solo 5 proiettili.
Avevo sistemato già la pistola dietro i pantaloni, coprendola così con la maglia e avevo intascato i soldi.
Erano abbastanza per vivere per una, massimo due settimane.
Mi asciugai velocemente le lacrime, mettendo in moto l'auto e uscendo dal parcheggio vuoto dove mi ero sistemata per la notte.
Volevo mangiare qualcosa, e trovare un posto dove poter lavorare.
Dovevo ricominciare la mia vita.

Il primo posto in cui mi diressi era il mio vecchio appartamento.
Scesi dall'auto, per poi dirigermi cautamente verso la porta.
Era già aperta, perciò feci attenzione nel momento in cui entrai.
Rimasi scioccata dalle condizioni del posto.
Era distrutto.
Come se qualcuno avesse frugato tra le mie cose, e per farlo aveva messo sottosopra la casa.
Eppure non mancava nulla.
Il mio vecchio computer, la televisione, persino i gioielli di mia madre erano ancora lì.
Non era una rapina.
Qualcuno mi stava cercando.
Qualcuno sapeva che ero scappata con i ragazzi.
Dovevo andarmene da lì.
Mi diressi nella mia stanza, afferrando la valigia che tenevo sotto il letto per poi infilarci quanto più possibile tra vestiti, cibo ancora commestibile che avevo in casa, prodotti per l'igiene e medicine.
La richiusi e poi mi diressi nel bagno, spostai una mattonella in basso sulla destra del lavandino, rivelando così il foro dove solitamente nascondevo il mio stipendio.
Abitavo in un quartiere malfamato, in cui le rapine erano frequenti, perciò avevo sempre avuto l'abitudine di nascondere i miei soldi.
Con mia grande felicità trovai i soldi, che afferrai e infilai anch'essi nella valigia.
Uscii poi di casa, trascinando quella valigia pesante per poi sistemarla nel cofano dell'auto.
Dovevo trovare un posto dove stare.
Salii in auto alla ricerca di un buon locale dove poter fare colazione.
Avevo fame, dovevo pur mangiare.
Una volta trovato uno di quei localetti in stile americano, aperti 24/7, parcheggiai lì di fronte, e mi diressi subito dopo all'entrata.
Sentii già l'odore del caffè nel momento in cui misi piede dentro il locale e un sorriso si fece largo sul mio viso.

Dopo essermi riempita la pancia, decisi di provare a contattare un vecchio amico di Jin.
Speravo che in qualche modo lui capisse la mia situazione e mi aiutasse.
Anche lui era proprietario di uno dei locali del padre di Jin. Inoltre aveva una cotta per me da quando mi aveva conosciuta.
Magari mi avrebbe aiutata.
Mi diressi verso l'auto, ma mi fermai nei miei passi quando notai due uomini girare attorno alla Range Rover, cercando di guardare dentro.
Entrambi avevano una pistola in mano, e parlavano fra di loro.
Mi nascosi dietro ad un'altra auto, in modo tale da poter ascoltare il loro discorso.

"Questa è sicuramente l'auto di uno di quei bastardi. Di quello biondo, bassino. La conosco."

Disse uno, cercando poi di riconoscerne la targa.
L'altro uomo, quello più alto, si diresse verso di lui.

"Quindi devono essere sicuramente qui. O loro o la loro puttana."

L'uomo si abbandonò in una risata, mentre caricava la sua pistola.

"Entriamo a vedere."

Come temevo. Sapevano che ero con loro, se mi avessero vista mi avrebbero sicuramente presa con loro.
Non potevo neanche aggredirli, erano in due, entrambi armati.
Loro avevano due pistole e io solo una.
E solo 5 proiettili.
Non ero ancora abbastanza brava.
Aspettai fin quando non fossero entrati per poi dirigermi quanto più velocemente possibile in auto, e una volta dentro misi in moto uscendo dal parcheggio.
Mentre mi mettevo sulla strada pregavo mentalmente che non mi avessero notata,e soprattutto, che non mi avessero seguita.
E per mia fortuna non lo fecero.
Cercai di restare concentrata sulla strada, e di ricordarmi la strada per arrivare a casa dell'uomo che mi avrebbe salvata.
Non ci volle molto prima di trovarmi di fronte all'enorme palazzo al centro di Seoul.
Era uno di quei palazzi da ricchi, con il portiere che ti accoglieva e tutte queste cazzate che non mi sarei mai potuta permettere.
Una volta entrata il portiere mi salutò cordialmente e io ricambiai con un sorriso, per poi dirigermi verso l'ascensore che mi portò fino all'undicesimo piano.
Mi trovai di fronte ad un lungo corridoio illuminato e mi diressi lentamente verso l'appartamento 110B.
Feci un respiro profondo prima di premere il campanello.
Nessuna risposta.
Eppure erano le 12, non poteva lavorare.
Provai a suonare di nuovo, e poco dopo la porta si spalancò, mostrandomi un bell'uomo sulla trentina, capelli rosso fuoco che gli gocciolavano sulle spalle nude e l'unica cosa a coprirlo una tovaglia candida legata alla vita.
Un sorriso si formò sulle sue labbra, mentre un'espressione confusa attraversava i suoi occhi.

"Elle? Come mai qui?"

Piegai le labbra in un sorriso.

"Ciao Ji-Yong. Posso entrare?"

Gli raccontai tutto.
O quasi tutto.
Avevo omesso la parte dello scappare con dei sicari e tutto ciò che viaggia attorno a questo.
Avevo raccontato che dato che ero l'unica sopravvissuta al massacro del locale, avevo perso il lavoro e la casa.
E avevo bisogno di un lavoro e un posto dove stare.

"Quindi volevo chiederti se ti dispiacerebbe ospitarmi solo per un po'.. non conosco nessuno in città. Sono davvero nei guai."

Osservai i suoi muscoli contrarsi, mentre infilava una maglietta sopra ai pantaloni neri che aveva indossato poco dopo che fui entrata in casa sua.
Si sedette accanto a me, rivolgendomi un lieve sorriso.

"Ma certo, piccola. Hai bisogno di tempo per riprenderti immagino.
Non preoccuparti, puoi stare qui quanto vuoi. Tra una settimana potrai cominciare a lavorare da me. Dammi solo il tempo di sistemare il tuo contratto e tutto."

Sorrisi, per poi sporgermi verso di lui e avvolgere le braccia attorno al suo collo.

"Grazie Ji, mi hai salvato la vita."

Lo sentii ridacchiare, il suo viso nascosto fra i miei capelli.

"Tutto per te, principessa. Ora seguimi, ti faccio vedere la stanza."

Mi sentivo sollevata.
Avrei potuto ricominciare.
Avrei potuto dimenticare tutto.
Avrei potuto dimenticare lui.

THE NEON DEMONDove le storie prendono vita. Scoprilo ora