Capitolo 6

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Lunedì, 5 febbraio 2018

[Beatrice]

Quel lunedì mattina era iniziato proprio malissimo. Avevo avuto un incubo e mi ero svegliata di soprassalto quando erano circa le 5:00 senza più riuscire a riaddormentarmi. Avrei potuto dormire altre due ore filate ma purtroppo la mia testa non ne voleva sapere. Mi ero rigirata nel letto per circa tre quarti d'ora prima di decidere di alzarmi e fare una doccia, facendo iniziare la mia giornata molto prima del previsto.
Quando Carmen nel letto accanto al mio si era svegliata io ero ormai già pronta da venti minuti e le avevo chiesto di sbrigarsi cosicché avessimo potuto fare colazione insieme.
Circa un'ora dopo eravamo già tutti agli studi, pronti per iniziare una nuova settimana nella scuola di Amici.
Era la mattina delle assegnazioni e tutti noi cantanti eravamo stati riuniti sui divani della sala relax per conoscere i pezzi che ci sarebbero stati affidati per quella settimana.
Quando il mio nome comparve sul monitor di fronte a noi mi sistemai meglio sul divanetto su cui avevo preso posizione e mi preparai a conoscere il mio nuovo compito.
Il volto di Paola Turci apparve sullo schermo e attentamente stetti a sentire ciò che aveva da dirmi.
"Beatrice, tu mi piaci molto e te l'ho sempre dimostrato. Sei uno degli elementi più validi all'interno della scuola ma ritengo che tu non abbia ancora veramente esternato tutto ciò che sei e che ti tieni dentro. Io conosco la tua storia e ritengo che la canzone "D'improvviso" di Lorenzo Fragola possa aiutarti a tirar fuori ciò che non ci hai ancora mostrato. Confido in te e mi aspetto grandi cose."
Conoscevo quel pezzo, lo conoscevo benissimo. Quelle parole erano state una pugnalata per me, così come lo era stato scoprire il titolo della canzone. Sarebbe stato veramente tanto difficile quella volta portare a termine il compito assegnatomi. Dovevo fare i conti con tutti i fantasmi che mi portavo dietro e non sapevo con certezza se fossi veramente pronta a fare un passo del genere. Sarebbe stata una settimana durissima e avrei dovuto lavorare tantissimo.
Due ore dopo ero già al lavoro, in sala relax, con il testo della canzone alla mano e le cuffie nelle orecchie per ascoltarla finché non mi fosse entrata in testa.
"Bella la canzone che ti ha dato Paola, no?"
Filippo si sedette al mio fianco ed io mi tolsi una delle due cuffiette per poterlo sentire.
Feci una smorfia con il viso e lui prontamente capì.
"È tosta, lo so." sospirò comprensivo.
Passarono alcuni minuti di silenzio in cui io continuavo a pensare al modo migliore per approcciarmi a quel pezzo.
Filippo sembrava piuttosto pensieroso; poi all'improvviso si sollevò dal divanetto e mi porse la mano, come ad invitarmi a seguirlo.
Lo fissai per alcuni secondi, per poi alzarmi a ruota afferrando la sua mano. Mi portò in sala canto e si chiuse la porta alle spalle.
"Cosa facciamo qui?" gli chiesi piuttosto confusa, mentre lo osservavo sedersi dietro al pianoforte.
"Ti aiuto con il tuo pezzo, no? Come ai vecchi tempi." sussurrò, con gli occhi nei miei, grattandosi la nuca nel pronunciare le ultime parole.
Filippo Fanti imbarazzato? E chi l'avrebbe mai detto!
"Guarda che non sei obbligato a farlo, Fil." lo rassicurai.
Non volevo essere un peso per lui. Non volevo che si sentisse tenuto a farlo solo perché ero in difficoltà. Sapevo quanto fosse ancora insofferente nei miei confronti e non volevo costringerlo a passare del tempo con me se non voleva.
"Lo faccio perché voglio farlo. Non ti fa piacere?" mi chiese, quasi con paura che la mia risposta potesse essere positiva.
Come poteva anche solo pensare che non mi avrebbe fatto piacere passare del tempo con lui a fare musica? Doveva aver preso una brutta botta in testa!
"Certo che mi fa piacere Filippo! Non ti azzardare nemmeno a pensare il contrario." lo rassicurai e sul suo volto si aprì un sorriso a trentadue denti.
Vederlo così spensierato e stare bene, insieme a me, mi dava un senso di tranquillità che non provavo da tempo. Mi faceva gioire il fatto che Filippo fosse felice e che un pizzico di quella felicità fosse per merito mio. Volevo solo il suo bene, nient'altro.
Trascorremmo quasi due ore in saletta insieme. Avevo provato un po' di volte la canzone sulla stessa voce di Lorenzo Fragola e poi avevo azzardato a farla solo con la base.
Non riuscivo a lasciarmi andare, sembravo una pietra, non lasciavo trapelare nessuna emozione, quasi come se non dessi veramente un peso alle parole che stavo cantando.
Sapevo benissimo cosa sarebbe successo se mi fossi lasciata andare. Sapevo bene cosa diceva quella canzone e a chi nella mia mente l'avrei dedicata.
Il pensiero di mio fratello era così imponente dentro di me da farmi male al cuore. Avevo paura di quella canzone, di quelle parole, di dargli veramente un peso, avevo paura di come mi sarei sentita dopo.
Mentre cantavo per l'ennesima volta, lanciando di tanto in tanto uno sguardo al foglio perché non riuscivo ancora a ricordare del tutto il testo, Filippo bloccò la musica.
"Bea di cosa hai paura?" mi chiese poi.
Filippo aveva capito tutto. Filippo mi conosceva meglio di qualsiasi altra persona. Sapeva che ci fosse qualcosa a bloccarmi e sapeva anche di cosa si trattasse, semplicemente voleva che fossi io a dirlo, perché dovevo prendere consapevolezza di ciò che mi ostacolava per poterlo superare.
"Di crollare, Fil. Ho paura di crollare." sussurrai con un filo di voce.
Avevo paura di cosa sarebbe successo se mi fossi lasciata andare. Avevo paura di quella che sarebbe potuta essere la mia reazione. Non volevo sentirmi di nuovo così male come lo ero stata nei mesi precedenti. Stavo ritrovando una sorta di equilibrio nella mia vita e non volevo minarlo.
Filippo si alzò dalla poltroncina antestante il pianoforte e si avvicinò a me, fino a pararmisi di fronte. Potevo guardarlo perfettamente negli occhi in quella posizione e mi resi conto di quanto, nonostante il tempo passato, fossero rimasti limpidi.
"Ascoltami Beatrice. Il dolore che ti porti dentro non se ne andrà mai. Farà sempre male. Ma noi abbiamo un dono, tu hai questo dono che è la musica, che è in grado di alleviare questo tuo dolore per un po'. Devi lasciarti andare. Non avere paura di crollare. Piangi, urla, fa' tutto ciò che ti passa per la testa, ma non tenerti tutto dentro. Metti intenzione in ogni parola di questa canzone. Non lasciarti sopraffare dalla paura. Ti sentirai mille volte meglio di adesso."
Filippo era il mio angelo custode. Non mi capacitavo di aver passato otto mesi senza di lui al mio fianco. Come avevo fatto a vivere, ad andare avanti, a ragionare? Non ero andata avanti, era questa la risposta. Per otto mesi ero rimasta ferma. Il dolore dentro di me era sempre lo stesso e dovevo cercare di tirarlo fuori, solo così sarei veramente riuscita a sentirmi meglio.
"È così forte, Filippo. Ho un peso sullo stomaco, è insopportabile." confessai e lui mi lasciò una carezza una guancia, che mi fece rabbrividire.
"Io lo so che ce la farai, piccola peste. Io credo in te." mi rassicurò ed io gli sorrisi. Ma non un sorriso normale, un sorriso enorme, a trentadue denti.
"Che c'è?" mi chiese, ridendo appena, vedendomi improvvisamente così sorridente.
"Mi hai chiamata 'piccola peste'. Mi mancava sentirtelo dire."
Quel soprannome era una delle cose più belle che legava me e Filippo. Io era la sua piccola peste, da quando avevamo cinque anni e giocavamo a nascondino al parchetto di fronte casa mia. Era sempre stato un nomignolo che usava solo lui e mi era mancato sentirmi chiamare in quel modo.
"Alla fine sei sempre tu, Bea. E io sono sempre io. Questo non può cambiare."
Un brivido mi attraversò la schiena nel sentirgli pronunciare quelle parole.
Filippo si avvicinò, mi lasciò un bacio sulla fronte e poi si diresse nuovamente verso il pianoforte per prendere la sua felpa.
"Adesso vado a lezione. Continua a lavorare e metti da parte le tue paure. Io credo in te." concluse, mentre io lo ascoltavo ormai senza parole. Non sapevo cosa dire. Mi aveva spiazzata, come sempre d'altronde. Aveva una capacità di stupirmi che nessun altro sarebbe mai stato in grado di equiparare.
"Grazie infinite Fil." riuscii a sussurrare appena, mentre lui usciva dalla saletta. Mi rivolse un occhiolino e poi si chiuse la porta alle spalle, lasciandomi da sola con i miei pensieri e quella canzone che tanto mi metteva in difficoltà.
Dovevo farcela, dovevo aprirmi e tirare fuori tutto ciò che mi portavo dietro. Avrei reso Filippo orgoglioso di me.



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