Capitolo 9

2.7K 96 16
                                    

Venerdì, 16 febbraio 2018

[Filippo]

Stavo trascorrendo una settimana di merda. Anzi, forse dire "di merda" era piuttosto riduttivo.
Io e Beatrice eravamo tornati al punto di partenza. Non ci parlavamo, non ci consideravamo, non c'eravamo l'uno per l'altra. Ma c'era una differenza: quella volta era lei a volerlo. Era lei ad ignorarmi, a non rivolgermi la parola.
Da quella sera sulla terrazza della casa di Einar a Brescia non mi aveva più nemmeno degnato di uno sguardo. Quando ero con Einar faceva finta che io non ci fossi, dando corda solo al cubano. Non veniva più nella nostra stanza, probabilmente per evitare di incontrarmi. La mattina saltava la colazione ed era la prima ad arrivare agli studi. Avevo osservato ogni sua singola mossa e avevo capito ogni gesto. Mi stava palesemente evitando.
Ma quella volta la colpa era tutta la mia e Beatrice aveva più che ragione. Ero un coglione. Stavo passando dalla parte del torto per il mio orgoglio e la mia testardaggine e non me lo sarei mai perdonato se l'avessi persa.
Eravamo già a venerdì ed avevo appena trascorso la notte peggiore della mia vita. Riuscivo a dormire pochissimo e avevo continuamente gli incubi, praticamente un inferno.
"Ira, devi alzarti." mi richiamò Einar.
Mugugnai qualcosa contro il cuscino prima di mettermi a sedere.
Mi guardai intorno e notai che il mio amico cubano era seduto sul suo letto già pronto per dirigersi agli studi.
"Che ore sono?" chiesi, lasciando uno sbadiglio all'aria.
"È tardi. Ormai la colazione è andata."
"Perché non mi hai svegliato prima?"
"Mi sono accorto che stanotte hai dormito poco o niente. Avevi appena preso sonno quando è suonata la sveglia così ti ho lasciato dormire un po'."
Mi passai una mano tra i capelli. Avevo dormito davvero pochissimo ed ero sfinito.
"Grazie." gli dissi, sinceramente.
Einar stava diventando un fratello per me e non avrei mai ringraziato abbastanza quell'esperienza per avermi fatto conoscere una persona eccezionale come lui.
"Dai sbrigati, ti aspetto così facciamo la strada insieme."
Non me lo feci ripetere due volte. In un quarto d'ora eravamo già per strada diretti verso gli studi.
Era tutto molto silenzioso. Einar aveva una cuffietta e ascoltava qualche canzone con il suo iPod mentre io ero immerso nei miei pensieri.
"Perché non le parli, Filippo?" mi chiese ad un certo punto il cubano.
"Eh?"
Mi risvegliai dal mio stato di trance e gli chiesi di ripetere la domanda perché non ero riuscito a capire molto bene. Ero completamente soprappensiero.
"Con Bea, perché non ci parli?" mi chiese ancora.
Abbassai la testa, scuotendo leggermente il capo.
Non sapevo neanche io perché non avessi ancora provato a parlarle. Forse perché ero così orgoglioso da non voler ammettere a me stesso di essere in torto quella volta.
"Ascolta Fil, se in questi mesi ho imparato a conoscere Bea almeno un minimo rispetto a quanto possa conoscerla tu, potrei scommettere che non stia aspettando altro che tu vada da lei."
"Era incazzata e delusa, quando abbiamo parlato, Ein. Mi ha detto che non ce la fa a queste condizioni." sussurrai.
Forse era quello il motivo per cui non ero ancora andato da lei a parlarle: la paura che mi chiudesse la porta in faccia.
"Lei vuole qualche certezza, Filo. Ha bisogno di qualcosa di stabile nella sua vita a questo punto. Ha perso suo fratello e in un certo senso, anche se per sua scelta, ha perso anche te. Cerca di capirla: ha bisogno della tua presenza nella sua vita, ma che sia stabile, fissa. Ha bisogno di potersi fidare di te e di poter contare su di te."
Einar aveva perfettamente ragione. Beatrice aveva sbagliato ma non si meritava quello che le stavo facendo passare. Le stavo infliggendo una pena ancor più forte di quella che lei aveva inflitto a me. Lei voleva che io ci fossi per lei, ma in maniera solida, e non con instabilità. Quello che mi aveva chiesto era di esserci sempre per lei e se non avessi potuto essere sempre presente allora non mi avrebbe voluto perché stava male e aveva già sofferto abbastanza.
"Hai ragione. Devo parlarle. Devo dirle che sono uno stupido e che non voglio perderla per nessun motivo al mondo. Devo dirle che nessun tipo di dolore potrà mai superare l'amore che provo per lei."
In un attimo Einar mi diede uno scappellotto sulla nuca.
Mi massaggiai il punto in cui mi aveva colpito e lo guardai interdetto. Non capivo il senso di quel gesto.
"Perché devi impiegare sempre anni per capire le cose? Sei proprio un coglione." mi rimproverò il cubano e io mi lasciai andare ad una risata.
"Perché altrimenti non ti darei modo di farmi ragionare ogni volta." lo presi in giro.
"Eh beh modestamente, senza di me saresti perso."
"Si ma adesso non pavoneggiarti troppo, casalinga cubana."
Ridemmo entrambi e velocizzammo il passo per non fare più tardi di quanto non stessimo già facendo.
Einar era un amico incredibile e non sapevo davvero come avrei potuto fare senza di lui. Era prezioso e gli volevo un bene dell'anima.




Nonostante noi - IRAMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora