Capitolo 22

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Lunedì, 9 aprile 2018

[Filippo]

"Benvenuto ad un ragazzo di ventidue anni, determinato, testardo e a volte lunatico, ma con dentro un mondo di sentimenti. Un ragazzo che ad un certo punto si sente dire dagli altri "è nato un fenomeno" ma poi viene spento. E quando è stato spento, nessuno si è reso conto che non dargli la possibilità di cantare quello che scriveva significava togliergli l'anima. Bentornato e ben ritornato alla tua vita e in bocca al lupo, Irama."

Le parole che Maria aveva speso per me prima dell'inizio del primo serale non volevano abbandonare la mia mente, nonostante fosse passata oltre una settimana.
La prima puntata non era andata come volevo ed ero stato male, ma avevo riflettuto e mi ero reso conto che abbattermi a causa di una sconfitta non faceva altro che farmi tornare indietro anziché andare avanti.
Avevano cercato di strapparmi le ali ma non c'erano riusciti perché il mio amore e la mia dedizione verso la musica erano ben più grandi.
Dovevo dimostrare a tutti che ero più forte, che potevo farcela davvero.
E anche in quel momento, lì fuori dalla casetta, su quel divanetto, con un mare di fogli accartocciati davanti a me, quelle parole non volevano lasciarmi.
Quel pomeriggio avevamo ricevuto le nostre assegnazioni e oltre a 'La musica non c'è' di Coez e 'La leva calcistica' di De Gregori, io e Beatrice avremmo dovuto lavorare insieme ad un duetto su '7 years' dei Lukas Graham.
Ero gasatissimo e tanto contento di poter condividere il palco con Beatrice. Era un sorta di traguardo per noi, perché per anni la musica era stata il nostro rifugio.
"Ehi, che ci fai ancora in piedi?"
Fu proprio Beatrice a riscuotermi dai miei pensieri.
Mi si avvicinò, con una coperta ad avvolgerla e i capelli scompigliati.
Sorrisi alla sua vista e le lasciai un bacio tra i capelli quando si sedette accanto a me.
"Stavo scrivendo qualche barra per il duetto. Ho tante idee per la testa." le confessai.
Beatrice si sporse verso il piccolo tavolo davanti a noi e afferrò il foglio su cui avevo buttato giù le mie idee.
La vidi sorridere e lo feci di rimando.
"Wow." semplicemente disse, dopo aver finito di leggere.
Era senza parole e ciò mi riempiva il cuore di orgoglio, perché ero riuscito a stupirla ancora una volta e non potevo desiderare di meglio.
"Ti piace?" le chiesi, nonostante in cuor mio conoscessi di già la risposta che mi avrebbe dato.
Mi ero messo a letto, un'ora prima, ed ero rimasto a fissare il soffitto per una decina di minuti. Un turbinio di pensieri mi affollava la testa e alla fine avevo sentito il bisogno di alzarmi da lì e scrivere nero su bianco tutto ciò che mi passava per la mente.
Ne erano venute fuori alcune strofe particolarmente pesanti, forse tra le più forti che avessi mai scritto.
"Scherzi? È tutto così intenso, ogni parola."
Beatrice continuava a guardare il foglio incredula.
"Spero di avere la forza per riuscire a cantarle, queste parole." le confessai.
Beatrice poggiò nuovamente il foglio sul tavolino e si voltò verso di me, facendo incrociare i nostri occhi.
"Fil, quello che c'è scritto su quel foglio è ciò che sei. La forza che hai avuto per scrivere quelle parole è la stessa che ti servirà per cantarle su quel palco."
Annuii senza riuscire a trovare una sola parola per replicare a ciò che mi aveva detto. Era stata diretta e concisa ed aveva ragione. Erano bastate poche parole per darmi la sicurezza di cui avevo bisogno.
"Vieni qua." le sussurrai semplicemente.
Beatrice si catapultò tra le mie braccia, stringendosi forte nella coperta che la riparava dalla brezza fredda di inizio aprile.
"Devi stare un po' più sereno, Filippo. Te la stai vivendo male." mi rimproverò.
Sapevo perfettamente che avesse ragione. Mi facevo mille problemi per tutto, non mi stava bene nulla e avevo paura di mandare tutto a puttane da un momento all'altro.
"Sai come sono fatto." mi giustificai ma non sembrò bastarle.
"Lo so, ho le tue stesse paranoie. Però cerca di non pensarci, stai un po' più tranquillo. È una bella esperienza, per te, per me, per tutti noi. Non trasformarla nel tuo incubo personale."
Mi accarezzò una guancia ed io chiusi gli occhi, sospirando al suo tocco.
"Ci proverò. Te lo prometto." le giurai e la vidi sorridere.
Mi si avvicinò lentamente e fece congiungere le nostre labbra, dando inizio ad una dolcissima serie di baci.
Mi mancava avere del tempo soltanto per noi due: stare lì dentro ventiquattro ore su ventiquattro, circondati da altra gente e dalle telecamere, ci lasciava pochissimo spazio.
"Sei cambiata tanto rispetto all'anno scorso. Sei tanto più matura." le dissi, scostandole alcuni capelli ribelli dalla fronte.
"Gli eventi ti cambiano, ti fanno crescere. Sono sempre io, ma con qualche difetto in più e sicuramente con tanta forza che prima non avevo." mi spiegò ed io non potevo trovarmi più in accordo con quanto stesse dicendo.
Era successo un po' lo stesso anche a me: avevamo vissuto cose diverse, sofferenze diverse, lontani l'uno dall'altra, e avevamo imparato a bastarci, ad andare avanti da soli, nonostante la mancanza.
"Tra le tante cose che ho imparato in questi mesi è che sono in grado di vivere da solo con me stesso, senza di te, ma semplicemente non mi va. Non voglio."
"C'è differenza tra vivere e sopravvivere, Filippo. E fino al giorno in cui ci siamo rivisti, io ero una sopravvissuta ma non avevo vissuto per davvero."
Le lasciai un bacio tra i capelli e la strinsi un po' più forte contro il mio petto.
"I primi giorni mi sono detto 'ora passa' ma la verità è che non passa mai. Tu non passerai mai, lo sai questo? Vero?" le chiesi, per conferma.
"Ti amo Filippo." mi sussurrò all'orecchio, con voce così bassa che potessi sentirlo soltanto io, come se fosse una cosa soltanto nostra.
Subito dopo si alzò dal divanetto.
"Vieni a dormire, è davvero tardi." cercò di convincermi.
"Ora arrivo." la rassicurai.
Beatrice si calò a lasciarmi un bacio sulla guancia e poi rientrò in casetta, lasciandomi lì come un ebete a sorridere, nel buio della notte.




Nonostante noi - IRAMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora