Capitolo 83

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Due mesi dopo...

Sabato, 6 aprile 2019

[Filippo]

"Possiamo andare?" mi chiese Lorenzo nel parcheggio isolato di quell'autogrill sulla strada tra Firenze e Monza.
Avevo da poco terminato il mio secondo concerto consecutivo nella città toscana e stavamo finalmente tornando a casa dopo due giorni abbastanza stancanti.
Io semplicemente annuii, chiudendo la portiera e allacciandomi la cintura.
Erano passati quasi due mesi dalla serata finale del Festival di Sanremo. Erano passati due mesi dall'ultima volta che avevo parlato con Beatrice e da quella sera erano cambiate un sacco di cose. Quei mesi mi erano serviti un sacco per lavorare su me stesso e potevo dire di essere finalmente sereno, come non lo ero da veramente troppo tempo. Mi ero focalizzato sulla musica, avevo scritto nuovi pezzi e fatto un sacco di concerti in giro per l'Italia. Avevo sfruttato tutto quel tempo per riflettere e cercare di capire cosa volessi davvero dalla mia vita: gli ultimi mesi erano stati pieni di casini e tra me e Beatrice le cose non andavano più così bene come avrebbero dovuto. Stare lontano da lei, non sapere dove fosse, cosa stesse facendo, se stesse bene, era difficile, continuava ad esserlo dopo due mesi. Con il passare dei giorni mi ero in un certo senso abituato al fatto che non l'avrei sentita, che non avrei ricevuto il suo solito messaggio del buongiorno a pomeriggio inoltrato a causa del fuso orario, che non ci sarebbe stata nessuna telefonata a fine giornata, che non avrei saputo nulla di lei. Mi ero abituato all'idea che lei in quel periodo non fosse con me non solo fisicamente ma anche a livello mentale ma, nonostante tutto, quella situazione non avrebbe mai smesso di farmi male. Mi logorava dentro il fatto di doverle stare lontano in tutti i sensi: la sua assenza era una delle cose più brutte che avessi mai provato nella mia vita.
Eppure, nonostante mi facesse male e faticassi ad ammetterlo con chiunque, ero riuscito a risollevarmi e ad andare avanti, con tenacia, e per la prima volta nella mia vita non lo avevo fatto per lei, piuttosto per me stesso. Sentivo di non poterle stare accanto se prima non avessi messo ordine tra i miei pensieri e quindi mi ero impegnato a fondo perché volevo che tra noi funzionasse. Volevo essere veramente felice insieme a Beatrice e per riuscirci dovevo in primis essere in pace con me stesso.
Mentre bevevo un sorso della birra fresca che avevo appena acquistato in autogrill notai Lorenzo boccheggiare un paio di volte, come se avesse voluto dirmi qualcosa ma semplicemente non riusciva a trovare il modo giusto o il coraggio per farlo.
"Se hai qualcosa da dire, parla Lori." lo incitai, mentre lo osservavo guardare con concentrazione l'asfalto poco illuminato dell'autostrada davanti a sé.
"Oggi ho sentito Beatrice." affermò semplicemente e sentirgli pronunciare quel nome mi fece provare una morsa stranissima alla bocca dello stomaco.
Sapevo che Lorenzo la sentisse ed era anche quello il motivo per cui ero così tranquillo, perché se ci fosse stato qualcosa che non andava o avesse avuto qualche problema lui me lo avrebbe detto subito.
Allo stesso tempo odiavo quella situazione perché mi ero ripromesso che non gli avrei chiesto nulla su di lei, nonostante la voglia di sapere mi divorasse, e il pensiero di averlo lì accanto a me e che lui sapesse tutto quello che stava accadendo nella sua vita, al contrario di me, mi metteva una malinconia assurda.
Io e Lorenzo non avevamo più parlato di lei da quel viaggio a Carrara fatto alla fine del mese di febbraio. Avevo sempre cercato di evitare l'argomento e di non tirarla in mezzo nelle nostre conversazioni e il mio migliore amico mi aveva lasciato fare, nonostante il suo disappunto verso la mia tendenza costante a scappare dai problemi. Semplicemente avevo bisogno che la mia vita andasse avanti senza di lei per un po' per capire realmente cosa sarei stato disposto a perdere e a cosa sarei stato propenso a rinunciare pur di averla al mio fianco.
"Okay." risposi semplicemente, con la speranza che chiudesse lì quell'argomento ma allo stesso tempo con la voglia di sapere il perché mi stesse parlando di lei, nonostante la paura di farla rientrare in tutti i casini della mia vita.
Sapevo che Lorenzo non me ne stesse parlando senza un motivo ben preciso e probabilmente si era stufato di vedermi evitare la faccenda e voleva semplicemente che io affrontassi la realtà.
"Dai Filippo, davvero vuoi farmi credere che non ti importi?" mi domandò retorico, accennando anche una piccola risata sarcastica, mettendomi alle strette.
"Non mi importa." sussurrai e quell'affermazione quasi fece ridere anche me stesso, perché era davvero la cosa più stupida e falsa che avessi mai detto in tutta la mia vita e Lorenzo lo sapeva.
Il mio migliore amico scosse il capo, con un leggero sorriso stampato sul volto, continuando a guardare la strada davanti a sé, un po' esasperato per quel comportamento stupido da parte mia e allo stesso tempo intenerito dal fatto che probabilmente il modo in cui avevo pronunciato quelle parole avrebbe fatto capire a chiunque quanto fossi follemente innamorato di lei e quanto sapere come Beatrice stesse fosse l'unica cosa di cui veramente mi importava in quel momento.
"Ti importa fin troppo invece." constatò e io sorrisi, abbassando il capo e scuotendolo, perché non sarei mai stato in grado di mentire proprio a lui che mi conosceva meglio di chiunque altro al mondo.
Sospirai profondamente e schiacciai il pulsante di spegnimento dello stereo, vedendo Lorenzo sorridere a quel mio gesto, come se avesse capito che finalmente mi stavo lasciando andare.
"Come sta?" ebbi finalmente il coraggio di chiedergli.
Non ero pronto a sentire la risposta che il mio migliore amico mi avrebbe dato, le mani mi tremavano leggermente e la voglia di sentire la sua voce, che era la cosa che più mi tormentava da mesi, in quel momento era talmente accentuata che credevo di poter impazzire. Allo stesso tempo però volevo così tanto che Lorenzo mi parlasse di lei che mi sentivo fremere dentro.
Con quella domanda mi stavo tuffando a capofitto, di nuovo, per l'ennesima volta, in quel mondo fatto di Beatrice e dell'amore che provavo per lei, che continuavo a provare anche a distanza di mesi, tanto che a volte di notte mi faceva mancare l'aria nei polmoni. Tante volte avevo dovuto imporre a me stesso di resistere alla tentazione di afferrare il cellulare e telefonarle quando di notte, nel buio di quella camera da letto che consideravo ancora nostra, il rumore dei miei pensieri era riuscito a sovrastare quel silenzio spaventoso che mi circondava. Erano due mesi che domavo quell'impulso e quella sera, in quell'auto insieme al mio migliore amico, avevo ceduto per la prima volta dopo tanto tempo perché mi ero reso conto di star scappando, ancora, da lei e dai nostri problemi.
"Sta bene, bene davvero, come non la vedevo stare da tempo." mi spiegò e, se qualcuno mi avesse chiesto come mi sentissi in quel momento, non avrei  saputo dare una risposta concreta.
Lorenzo, con poche parole, aveva mandato all'aria mesi di tranquillità e autocontrollo, mesi in cui ero riuscito a mettere in ordine la mia vita e in cui mi era sembrato che davvero nulla e nessuno potessero più stravolgerla. Non sapevo come reagire a quelle frasi, non sapevo come prenderla, e mi sentivo un egoista perché ero quasi contrariato dall'idea che Beatrice stesse meglio senza di me di quanto non lo fosse stata quando stavamo insieme. Cominciai a pensare che forse il vero problema in tutta situazione fossi io, che il vero motivo per cui Beatrice non riuscisse a stare tranquilla fosse dovuto a me. Lei era felice, stava bene, e lo ero anch'io perché era l'unica cosa che volevo per lei, al di sopra di tutto, eppure al contempo non riuscivo ad essere felice per me stesso, perché volevo che stesse bene ma che stesse bene con me. E mi sentivo in colpa per star pensando una cosa così egoistica, tanto da ipotizzare di star uscendo fuori di testa.
"Okay." fu l'unica parola che riuscii a pronunciare, guadagnandomi uno sguardo piuttosto sorpreso da parte di Lorenzo che guidava al mio fianco.
Si aspettava che avessi una reazione e io l'avevo avuta. Quel silenzio era la mia reazione, nonostante dentro di me tutto si stesse smuovendo e avessi solo voglia di urlare forte perché Beatrice mi mancava da diventare pazzo e l'idea che lei stesse bene senza di me mi aveva fatto andare in paranoia perché avevo paura di averla persa per sempre.
"Non riesci a dire altro?" mi chiese retoricamente, con una leggera punta di ironia nel tono di voce.
"Cosa dovrei dirti, Lori? Sono contento che stia bene." dissi ma una certa nota di malinconia nella mia voce riuscì a tradirmi.
Vidi il mio migliore amico sbuffare e sospirai. Feci ripartire lo stereo e alzai il volume, cercando di fare in modo che la musica coprisse il rumore dei miei pensieri.
Ci avevo provato, per settimane, a togliermela dalla testa, ma pensare a lei ogni giorno era inevitabile e più il tempo passava più quella situazione riusciva a starmi stretta. L'avevo creata io, avevo scelto io di starle lontano per un po', e quella decisione aveva portato un'ondata di calma e tranquillità mai provati prima nella mia vita. Il fatto che Beatrice fosse serena, nonostante tutto quello che stavamo attraversando, mi faceva pensare che forse quella decisione era stata la migliore che potessi prendere e che probabilmente eravamo destinati ad allontanarci sin dall'inizio, perché insieme eravamo una bomba ad orologeria che prima o poi sarebbe esplosa e ci avrebbe disintegrati.
Passarono alcuni minuti di silenzio tra me e Lorenzo prima che lui spegnesse nuovamente lo stereo, sotto il mio sguardo leggermente stupito.
Sbuffò un paio di volte prima di prendere la parola.
"Sei un coglione." mi insultò e io incassai il colpo, curioso di sapere cosa stesse passando nella testa del mio migliore amico.
Lo guardai senza proferire parola, aspettando che mi desse delle spiegazioni.
"Beatrice sta bene ma le manca qualcosa. E anche a te." constatò e io abbassai lo sguardo, consapevole che Lorenzo avesse ragione ma troppo orgoglioso per ammetterlo con tanta facilità.
Beatrice era un pezzo importantissimo di quel puzzle che componeva la mia vita e non sarebbero stati di certo due mesi di lontananza totale a cancellare tutto ciò che lei rappresentava per me. E sentirmi dire che le mancasse qualcosa, che le mancassi io, un po' mi aveva fatto tremare il cuore perché avevo davvero paura che potesse rifarsi una vita senza di me, tagliandomi completamente fuori da ogni cosa.
E a quel punto mi resi conto che continuare a negare l'evidenza con il migliore amico era la cosa più stupida che potessi fare e che lui fosse davvero l'unica persona in grado di aiutarmi a ragionare in quel momento.
"Lo sai che mi manca, Lori." gli dissi come se fosse scontato, perché lo era e Lorenzo ne era consapevole.
Sapevo che si rendesse conto di quanto la sua mancanza mi uccidesse, nonostante non lo dessi a vedere, perché ero un libro aperto per lui e non sarei mai stato in grado di nascondergli nulla.
"E allora dacci un taglio, Filippo. Metti la parola fine a tutta questa situazione." mi incitò.
Coprii il volto con le mani, scuotendo lievemente la testa. Sospirai e mi poggiai allo schienale del sedile, puntando il mio sguardo sulla strada dinnanzi a noi.
"Sono sereno adesso, dopo veramente tanto tempo, e ho paura che ritirarla dentro alla mia vita possa rovinare tutto." gli spiegai, non guardandolo, ma riuscendo lo stesso a vedergli scuotere la testa, esasperato, con la coda dell'occhio.
Mi sentivo uno stupido in quel momento ma avevo paura dell'effetto che avrebbe potuto avere su di me parlarle di nuovo, sentire la sua voce o vedere i suoi occhi. Avevo paura che tutto ciò mi avrebbe trascinato nuovamente a fondo, che avrebbe ripristinato quel caos che aveva caratterizzato la mia vita nei due anni precedenti e che non avrei più voluto rivivere. Avevo paura della persona che diventavo quando Beatrice era al mio fianco perché finivo col fare cose stupide e azzardate e creare casini dai quali ero stanco di dover trovare un modo di uscire. Eppure, allo stesso tempo, il modo in cui lei mi faceva sentire era la cosa più vera e intensa che avessi mai provato nella mia vita e mi mancava da morire sentirmi debole grazie a lei.
"Davvero vuoi continuare ad ignorare quello che provi per lei solo per paura?" mi chiese, esterrefatto.
Per me era estremamente difficile dover convivere con quella situazione ed essere costantemente a metà strada tra cedere all'impulso di chiamarla e la razionalità che mi faceva resistere dal farlo.
"È complicato, Lori..." sospirai, lasciandomi andare contro il sedile, quasi come se volessi che assorbisse me stesso insieme a tutti i miei problemi.
"La verità è che non hai il coraggio di affrontare la realtà." constatò e io non mi ero mai sentito così messo a nudo come in quel momento. E il fatto che Lorenzo avesse ragione mi spaventava più di ogni altra cosa al mondo e mi terrorizzava il fatto che in quel momento fossi così distante da Beatrice, da quella che prima di essere qualsiasi altra cosa era la mia migliore amica, e che non riuscissi a trovare nemmeno il coraggio di telefonarle per quanto sarebbe stato complicato quello che ne avrebbe conseguito. Dentro di me sapevo che non avremmo potuto continuare in quel modo per ancora molto tempo e che dovevamo affrontare un discorso importante ma ancora una volta ero frenato da qualcosa, come se l'istinto di scappare stesse prevalendo su di me, come al solito.
Lorenzo approfittò del mio silenzio per continuare quel rimprovero che sembrava non avere più fine e che mi meritavo totalmente, perché ancora una volta era riuscito a centrare il punto della situazione ed era stato in grado di capire prima di me quale fosse il mio problema.
"Siete così maledettamente simili che vi ammazzerei." sospirò esasperato, stringendo il volante con maggior forza, probabilmente per il nervosismo.
Prima ancora che potessi dire qualcosa o chiedergli spiegazioni riprese a parlare, così velocemente che era quasi impossibile stargli dietro.
"Ho cercato di parlarle di te durante il nostro discorso al cellulare. Ho tentato ma lei si è ammutolita e poi ha cambiato argomento, repentinamente." mi raccontò e, nonostante continuasse a farmi un certo effetto sentire il mio migliore amico parlarmi di lei, riuscii a soffermarmi sulle sue ultime parole e a rendermi conto che non fosse cambiato assolutamente nulla.
"Continua a scappare, assurdo." sussurrai e a quel punto vidi Lorenzo girarsi verso di me di scatto, dopo essersi fermato dietro una lunga fila di macchine in coda al casello autostradale, e potevo giurare di non averlo mai visto così irritato come in quel momento.
"Tu, invece, non scappi, giusto? È da quando siamo andati a Carrara che non parliamo di lei, che non posso neanche nominarla nei nostri discorsi. Sono mesi che eviti l'argomento come la peste e hai anche il coraggio di dire che sia lei quella che scappa?" mi tuonò contro, arrabbiato, e fu lì che mi resi conto che il mio migliore amico avesse maledettamente ragione.
Per mesi non avevo fatto altro che accusare Beatrice di problemi che contribuivo anch'io a creare e la verità era che ci somigliavamo così tanto da far quasi paura. Forse l'idea di prenderci una pausa era stata l'ennesima rappresentazione della mia tendenza continua a scappare dai problemi, perché rimanere insieme e affrontarli a testa alta sarebbe stato troppo complicato a quella distanza. O forse quel periodo di lontananza ci aveva fatto bene e ci avrebbe portati a capire che due caratteri come i nostri in realtà fossero talmente simili da risultare completamente incompatibili e che rimanere insieme non avrebbe fatto altro che creare caos e casini.
"Sto facendo un casino, ancora una volta. Vero?" gli chiesi conferma, quasi mortificato di vederlo così distrutto a causa mia e di Beatrice perché sapevo che lui avrebbe solamente voluto vederci felici e il fatto che non riuscissimo ad esserlo lo faceva star male.
In altre circostanze il fatto che stesse difendendo Beatrice, ancora una volta, urlandomi contro pur di spezzare una lancia a suo favore, mi avrebbe infastidito, ma in quella situazione mi stavo rendendo conto che avesse pienamente ragione e che non potevo far altro che assumermi le mie colpe e cercare di risolvere tutto ciò che avevo generato con le mie stesse mani.
"Io non lo so a cosa porterà tutto questo, Filippo, ma sono passati due mesi e credo che sia arrivato il momento di affrontare i vostri problemi." mi spiegò.
Sospirai, lasciandomi andare per l'ennesima volta contro il sedile, e rimasi in silenzio, per il resto del viaggio, ascoltando solo il rumore della pioggia, che stava iniziando a scendere dal cielo e a battere contro i finestrini dell'auto, mescolarsi a quello dei miei pensieri. Lorenzo assecondò il mio silenzio e non proferì più parola e quella situazione era così strana da farmi davvero pensare che la mia vita senza Beatrice fosse totalmente il contrario di ciò che avrei desiderato per me stesso. Ero sereno, felice e mi sentivo realizzato, ma in fondo non riuscivo a stare veramente bene. Avevo finito con il discutere con il mio migliore amico per il modo stupido in cui mi comportavo e non riuscivo a trovare nemmeno un motivo per dargli torto.
Il silenzio in quell'auto un po' rispecchiava quello che aveva avvolto la mia vita in quei mesi senza Beatrice: c'era silenzio in casa mia, c'era silenzio quando ero con i miei amici, c'era silenzio anche nei posti colmi di persone, perché senza di lei la mia vita era spenta, priva di colori e di suoni. Beatrice era la colonna sonora di tutta la mia vita ed era proprio quello il motivo per cui avevo paura, perché la situazione tra noi era così complicata da essere terrorizzato dalla possibilità che nulla fosse tornato più come prima.
Passò circa un'ora prima che Lorenzo accostasse l'auto dinnanzi al palazzo di casa mia e dovette richiamarmi perché ero così imbambolato da non accorgermene nemmeno.
"Mi dispiace di averti trascinato in tutto questo casino." mi scusai, mortificato, per aver rovinato ancora una volta tutto ciò che toccavo con le mie mani.
Avevo rovinato quel viaggio, avevo discusso con il mio migliore amico e lo avevo trascinato nei miei problemi, per l'ennesima volta, facendolo star male perché non riusciva a vedermi felice per davvero.
"Smettila." mi rimproverò, scuotendo la testa, come se volesse dirmi che quelle scuse non servivano a nulla, che tra noi aveva sempre funzionato così e che si sarebbe incazzato con me fino a quando sarebbe servito per farmi ragionare.
"Sono stanco di vedervi scappare da voi stessi, tutto qui. Dovete risolvere la cosa, una volta e per tutte." mi incitò e io sospirai, ancora una volta, l'ennesima in quella serata, nel panico più totale perché non sapevo come comportarmi.
Mi sentivo una stupido perché in fondo si trattava di Beatrice e sarebbe dovuto essere tutto estremamente semplice tra di noi, eppure non lo era e quella situazione mi destabilizzava.
"Ascoltami: pensa al concerto di stasera, pensa a questi due giorni folli in cui non ti sei fermato un attimo. E ora pensa di tornare a casa e voler chiamare una sola persona per raccontarle tutto e sfogarti. Chi è quella persona?" mi chiese.
Un sorriso spontaneo mi si formò sul volto perché il viso di Beatrice che si delineava nella mia mente era una delle cose più belle che avessi mai visto nella mia vita. Era ovvio che pensassi a lei che era l'unica persona che avrei voluto sentire, l'unica con cui non mi sarei mai stancato di parlare. Lei era l'unica persona che avrebbe potuto farmi sentire meglio dopo una giornata così devastante. Nei miei pensieri c'era lei e nessun'altra.
"Quel sorriso è già la risposta." mi fece notare.
"Lori..." sospirai ma lui mi bloccò prima che potessi continuare a parlare.
"Chiamala, Filippo, perché la tua vita è un po' meno bella senza di lei e sarà così per sempre." mi diede coraggio, dandomi una pacca sulla spalla per incitarmi a scendere da lì, aprire la porta di casa mia, prendere il cellulare e telefonarle, come avrei dovuto fare già da tempo, come era giusto che fosse.
Lo guardai per un attimo e in quel secondo mi sentii stranamente potente. Credevo di poter tornare finalmente a sentirmi vivo come solo lei era in grado di farmi sentire. Credevo di poter tornare ad essere felice come non lo ero stato in quei due mesi senza di lei. Credevo davvero di poter sistemare le cose e che saremmo stati di nuovo felici, come lo eravamo una volta e come meritavamo.
Fu un secondo prima che scendessi dall'auto, senza dire nulla: aprii lo sportello posteriore, afferrai il mio borsone, me lo sistemai in spalla e lo chiusi di nuovo.
Feci qualche passo verso il palazzo davanti a me, poi qualcosa mi fece voltare e tornare indietro.
Lorenzo continuava a guardarmi con un sorriso sul volto che nessuno avrebbe potuto togliergli in quel momento. Lo vidi abbassare il finestrino mentre io tornavo verso di lui e ci sorridemmo a vicenda.
"Ti voglio bene." dicemmo contemporaneamente l'uno all'altro, come se fosse necessario dopo quella serata, come se volessimo rassicurarci perché qualsiasi cosa fosse successa ci saremmo sempre stati l'uno per l'altro e quella era l'unica cosa che contava tra di noi.
Mi fece segno di sbrigarmi e io lo accontentai, dirigendomi a passo svelto verso l'entrata del palazzo. Risalii le scale velocemente, spalancai la porta di casa richiudendomela alle spalle subito dopo, lasciai la borsa lì all'ingresso e presi un bicchiere d'acqua, prima di accomodarmi sul divano, continuando a rigirarmi il cellulare tra le dita. Poi finalmente mi fu chiaro cosa fare e dopo aver aperto la rubrica, cliccai sul nome dell'unica persona che avrei voluto sentire in quel momento, lasciando che il cellulare squillasse finché quella voce, che mi era mancata come l'aria, mi invase le tempie, permettendomi di tornare a respirare.





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