Capitolo 17

2.3K 71 12
                                    

Mercoledì, 14 marzo 2018

[Beatrice]

La mattinata procedeva a gonfie vele. Stavo tornando in sala relax dopo due ore di prove. Paola Turci era venuta a farmi visita e le avevo raccontato del mio nuovo inedito. Lei mi aveva sostenuta dal primo momento e quando gliene avevo parlato aveva mostrato tutto il suo entusiasmo e il suo supporto. Mi aveva confessato che credeva in me, in modo particolare, e che era sicurissima sarei riuscita ad accedere al serale. La sua visita mi aveva dato una grandissima carica, più di quanto non ne avessi già.
La sera prima io e Filippo avevamo fatto le quattro del mattino. Lui come promesso mi aveva aiutata ad arrangiare il pezzo scritto da mio fratello ed ero davvero tanto fiera del risultato.
Avevo cantato per la prima volta il pezzo proprio davanti al mio ragazzo e non ero riuscita a non scoppiare a piangere per le parole che Mattia aveva scritto. Filippo mi aveva abbracciata fortissimo e mi aveva rassicurata: era sicuro che mio fratello sarebbe stato orgoglioso di me se solo avesse potuto vedermi ed era quello il mio obbiettivo, renderlo fiero.
Quando aprii la porta della sala relax la trovai quasi deserta. Mi diressi verso Einar che era steso sui divanetti mentre ascoltava qualche pezzo con le cuffiette. Lo affiancai e gli tolsi dalle mani il foglio su cui era trascritto il testo della canzone che gli avevano assegnato.
Subito riconobbi "Portami via" di Fabrizio Moro e gli sorrisi. Sapevo che sarebbe riuscito a farla: nessuno era in grado di interpretare ed emozionare con un pezzo come sapeva farlo lui.
"Questo pezzo è tanto intenso." mi confessò ed io gli rivolsi uno sguardo, facendogli segno di continuare.
"Non lo so, mi risveglia tante emozioni dentro. Ho paura che mi faccia crollare ma allo stesso tempo mi fa sentire bene perché racconta quello che mi tengo dentro." mi spiegò e io gli accarezzai il ginocchio con una mano.
Sapevo che Einar ce l'avrebbe fatta. Avevo iniziato il mio percorso insieme a lui ed era sicuramente tra le persone che avevano fatto maggiori progressi all'interno della scuola. Sarebbe sicuramente riuscito ad accedere al serale.
"È il pezzo per te, Ein. Sai come interpretarla. Non limitarti nell'esternare le tue emozioni." gli consigliai e lui annuì sospirando.
Gli lasciai un bacio sulla guancia e appoggiai la testa sulla sua spalla.
"Sei pensierosa?" mi chiese.
"Non vedo l'ora di cantare il mio nuovo inedito ma allo stesso tempo la cosa mi spaventa un sacco. È passata la Turci in saletta stamattina, mi ha detto che è convinta che entrerò al serale. Mi ha messo ansia." gli confessai.
"Non devi avere ansia, tanto entrerai ad occhi chiusi." mi disse convinto ed io sorrisi spontaneamente.
"Anche Filippo non fa che ripetermelo. Avete troppa fiducia in me." scherzai, accennando una risata.
Era bello poter contare su persone che mi volevano bene sul serio e che credevano in me, probabilmente molto più di quanto ci credessi io stessa.
"È solo la realtà dei fatti. Tu e Filippo entrerete a occhi chiusi. E poi lui ha la sua nuova canzone, lascerà tutti di stucco."
Rimasi perplessa di fronte a quelle parole. Filippo non mi aveva parlato di nessun nuovo pezzo.
"Quale canzone?"
"Un respiro. Te l'ha fatta ascoltare, no?"
Mi alzai di scatto dal divanetto su cui eravamo spaparanzati io e il cubano e scossi la testa.
Se avessi avuto Filippo davanti a me in quel momento, probabilmente lo avrei preso a schiaffi.
"Deve esserci una spiegazione."
"Tranquillo Ein, ho capito." lo liquidai ed abbandonai la sala relax nonostante i suoi richiami.
Non riuscivo proprio a capacitarmi del motivo per cui Filippo non avesse neanche accennato al fatto che avesse un nuovo pezzo.
Mi sentivo fortemente delusa. Magari c'era una spiegazione ma non riuscivo ad essere razionale in quel momento: ero fortemente dispiaciuta che Filippo avesse scelto di far ascoltare un nuovo pezzo ad Einar senza invece condividerlo con me.
Non ero arrabbiata per il fatto che non mi avesse fatto ascoltare il pezzo, ma perché non me ne aveva neanche parlato.
Passai un paio di ore a cantare in sala, saltando il pranzo, e quando fu l'ora di tornare in hotel non mi preoccupai di aspettare nessuno. Feci la strada da sola, volai letteralmente nella mia stanza e mi infilai sotto la doccia. Avevo bisogno davvero che tutti i pensieri mi scivolassero addosso. Volevo delle spiegazioni da Filippo ma allo stesso tempo ero così delusa da non volerlo nemmeno vedere.
Verso sera sentii bussare alla mia porta. Mi alzai di controvoglia perché purtroppo Carmen non era in stanza e toccava a me andare ad aprire.
Dovevo immaginare di ritrovarmi davanti proprio Filippo, in tutta la sua bellezza.
Gli rivolsi uno sguardo a metà strada tra l'incazzato e il deluso.
"Non mi hai aspettato all'uscita dagli studi." mi fece notare.
Gli voltai le spalle e mi diressi all'interno della mia stanza, lasciando che mi seguisse.
"Se non l'ho fatto è perché non volevo farlo." gli risposi fredda.
Filippo fece un passo verso di me e io ne feci uno all'indietro, quasi a volermi mantenere distante da lui per non far crollare le mie barriere.
"Che hai, Bea?" mi chiese, sbuffando.
Sapevo quanto gli desse fastidio quando mi comportavo così. Mi comportavo da bambina e ne ero consapevole.
"Prova a pensarci. Secondo te che cos'ho Filippo?" lo sfidai, fulminandolo con lo sguardo.
Filippo puntò il suo sguardo nel mio. Sospirò passandosi una mano tra i capelli e si tolse il giubbotto in jeans, poggiandolo a caso sul mio letto.
"Perché non mi hai detto di avere un nuovo pezzo?" gli chiesi, con più calma rispetto a pochi minuti prima.
Volevo pensare che avesse delle ragioni valide per non averlo fatto. Non volevo credere che volesse tagliarmi fuori da una cosa così importante.
"Bea, posso spiegarti."
"E spiegami allora, Filippo, perché non hai idea di quanto la mia mente stia viaggiando in questo momento e quanti film io mi stia facendo." lo implorai.
Filippo sospirò ancora e, passandosi una mano tra i capelli, mi superò, uscendo in terrazza.
Lo seguii e lo trovai lì, con le spalle alla ringhiera, mentre tirava fuori dalla tasca del suo jeans nero l'accendino, pronto a fumare una sigaretta.
Lo affiancai e quando il suo silenzio cominciò a farsi un po' troppo rumoroso, gli sfilai la sigaretta dalle labbra portandola tra le mie.
Filippo mi rivolse uno sguardo veloce prima di prendere la parola.
"La canzone parla di mia nonna. L'ho scritta l'estate scorsa, ero da solo nella casa della mia famiglia a Carrara." mi raccontò.
Gli accarezzai un braccio, spingendolo a continuare.
"Non so il motivo per cui non te ne ho parlato, Bea. L'ho fatta ascoltare ad Einar perché mi sembrava la cosa più giusta da fare. Io e lui siamo simili, abbiamo ricevuto tante batoste, anche se in modo diverso. E tu..." le parole gli si bloccarono sul nascere.
Filippo alzò il suo sguardo, puntando i suoi occhi verdi lucidi nei miei, indagatori in quel momento.
"Io cosa, Filippo?"
Era fin troppo ambiguo. Non riuscivo davvero a capire il suo ragionamento.
"Tu, Bea, hai perso tuo fratello. E la mia canzone parla della perdita di mia nonna. Io non volevo che rappresentasse un modo per buttarti giù."
Ero oltraggiata. Mi sarei aspettata di tutto da Filippo tranne che avesse pietà di me. Non lo avrei mai accettato.
Mi allontanai da lui, gettando la cicca della sigaretta giù dal balcone.
"Bea per favore..." mi implorò lui.
Mi passai una mano tra i capelli mentre mi sedevo sul letto. Le gambe mi tremavano per il nervosismo.
"Filippo tu lo sai cosa abbiamo fatto ieri sera?" gli chiesi, con un tono di voce piuttosto elevato rispetto ai miei standard.
Lui non rispose.
"Lo sai?" urlai.
Filippo fece un passo verso di me.
"Io ti ho aperto le porte del mio mondo. Sei l'unico a conoscere la canzone che mio fratello ha scritto per me. L'hai arrangiata insieme a me. Sei colui che mi ha sentito cantarla per la prima volta, cazzo. Io condividerei tutto con te. Verrai sempre prima di chiunque altro."
Un lacrima mi solcò la guancia ed io prontamente la asciugai. Non volevo crollare.
Filippo si avvicinò ancor di più, piegandosi sulla ginocchia alla mia altezza.
"Mi dispiace tanto." mi sussurrò, accarezzandomi la guancia.
Mi lasciai andare a quel tocco solo per qualche istante, prima di tornare alla realtà.
Mi scostai da lui, alzandomi e riprendendo a vagare per la stanza.
"Io voglio condividere tutto con te, Filippo. Io ti do tutta me stessa. Sei la prima persona a cui penso quando mi succede qualcosa di bello o qualcosa di brutto. Voglio che tu non abbia la paura di dirmi cosa ti passa per la testa." gli confidai sincera.
Non mi andava bene il fatto che stesse scegliendo di tenermi fuori da una cosa tanto importante per lui solamente perché si preoccupava che potesse devastarmi.
"Non me ne hai nemmeno parlato. Negli ultimi giorni mi sono aperta con te come forse non ho fatto mai nonostante ci conosciamo da una vita. E tu te lo sei tenuto per te, mi hai tenuta fuori. Sapevi che lo avrei scoperto."
Filippo era immobile, con lo sguardo basso rivolto verso un punto indefinito. Non riuscivo a capire cosa gli passasse per la testa, soprattutto perché non si era mai comportato in quel modo.
"Lo so che ho sbagliato, sono un coglione." ammise, facendo un passo indietro. Si stava allontanando da me.
"Tu però, invece di parlarmene, sei scappata. Ti sei rinchiusa qui dentro senza parlare con nessuno e probabilmente, se non fossi venuto io a cercarti non avresti mai affrontato questo problema."
Stava attaccando, come aveva sempre fatto quando si sentiva impossibilitato a difendersi.
"Questo non te lo permetto! Non ti azzardare a rigirare la frittata. Sei tu ad aver sbagliato e lo sai benissimo, non cercare di far ricadere la colpa su di me. Lo sai quanto io ti odi quando fai così."
Quel lato del rapporto tra me e lui non mi sarebbe mai piaciuto e probabilmente non sarebbe mai cambiato. Non eravamo nemmeno in grado di litigare: ci rinfacciamo cose e cercavamo di arrampicarci sugli specchi pur di avere ragione. I nostri caratteri erano troppo simili per non scontrarsi.
"Sai che sto dicendo la verità." mi provocò.
Non riuscivo più a reggere il confronto.
"Basta Filippo, devi andartene." gli ordinai.
Volevo restare da sola, averlo davanti a me non mi faceva affatto bene in quel momento.
"Io non volevo farti star male Beatrice."
Il mio nome, pronunciato per intero da lui, era sempre un colpo al cuore. Erano rare le occasioni in cui mi chiama con il mio nome completo ed accadeva tutte le volte in cui qualcosa di non positivo stava accadendo.
"Quando sono venuta qui non ho raccontato a nessuno di quello che avevo passato. Con il passare del tempo è stato inevitabile ma inizialmente io non volevo parlarne e sai perché? Non volevo far pena a nessuno. Non voglio che ci sia qualcuno che provi compassione nei miei confronti." gli confessai, stavolta con un tono di voce più cauto.
I miei occhi si stavano riempiendo di lacrime e Filippo, di fronte a me, non riusciva a reggere il mio sguardo. Mi si avvicinò pian piano e non riuscii ad oppormi quando le sue braccia avvolsero il mio corpo, facendo combaciare la mia testa con il suo petto.
Rimanemmo così, in silenzio, per tanto, troppo tempo. Il mio respiro pian piano stava tornando regolare e sentivo il suo cuore battere fin troppo veloce, sintomo della sua agitazione.
Quando ci staccammo, non persi il contatto visivo con i suoi occhi nemmeno per un istante.
"Non voglio che nessuno sia compassionevole con me. E soprattutto non me lo aspetto da te." gli confessai.
"Adesso forse è meglio che tu te ne vada." lo implorai.
Avevo davvero la necessita di rimanere da sola. Averlo lì davanti a me non faceva altro che confondermi ancor di più le idee. Era tutto così confuso.
"Io voglio parlare con te."
"E io in questo momento non voglio, Filippo. Davvero, devi andartene."
Il mio più che un ordine sembrava quasi una supplica.
Filippo mi si avvicinò. Volevo mandarlo via ma allo stesso tempo il mio corpo non ne aveva la forza.
Mi lasciò un bacio sulla fronte, che mi provocò mille brividi lungo la spina dorsale.
"Ti amo." mi sussurrò prima di voltarmi le spalle e uscire dalla mia stanza.
Non so quale forza dentro di me mi aiutò a trattenermi dal corrergli dietro e saltargli letteralmente addosso, per baciarlo come forse non avevo mai fatto.
Quello che provavo in quel momento era una forte delusione perché Filippo era l'unica persona nella quale confidavo e aveva lasciato crollare una piccola parte delle mie certezze.



Nonostante noi - IRAMADove le storie prendono vita. Scoprilo ora