Sabato, 17 febbraio 2018
[Filippo]
Quella sigaretta era un vero e proprio toccasana in quel momento.
Io e Lori eravamo seduti nel portico della casa dei miei genitori: avevamo cenato lì e avevo trascorso un po' di tempo con loro e con mia sorella visto che non li vedevo da quasi un mese.
Continuavo a fissare l'ora sul cellulare, la controllavo in continuazione e mi ero accorto che Lori se ne fosse reso conto: era da un po' di minuti infatti che lo vedevo boccheggiare, come a volermi chiedere qualcosa, tirandosi indietro un attimo dopo. Lo conoscevo fin troppo bene.
Il motivo della mia impazienza era ovviamente Beatrice: era tornata a casa dai suoi genitori dopo mesi e io ero veramente preoccupato. Non tornava lì da mesi, in quella casa che le ricordava così tanto suo fratello, e io volevo veramente che andasse tutto bene. Volevo davvero che tornasse ad essere felice.
"Dai Lori, parla. Dì quello che devi dire." lo incitai ad un certo punto, schiacciando la cicca della sigaretta, ormai consumata, con la punta della mia scarpa.
Lorenzo rise leggermente, imbarazzato, come uno che è stato appena colto con le mani nel sacco.
"Continui a fissare il telefono. Sei proprio impaziente Filo. Dalle il suo tempo, ha detto che ti avrebbe chiamato e lo farà." mi rimproverò.
Io, in cuor mio, sapevo che aveva ragione ma proprio non ci riuscivo a non stare in ansia. Volevo sapere come fosse andata, se si sentisse meglio, se le avesse fatto bene tornare a casa.
Sbuffai sonoramente, come facevo spesso quando sapevo che chi mi stava di fronte era nel giusto ma non volevo concedergli la soddisfazione di dargli ragione.
Lori rise di gusto e io gli tirai una spallata, unendomi poi a lui.
"Cosa siete adesso? Amici?" parlò dopo alcuni minuti, con un filo sottile di ironia nel tono di voce.
Mi stava prendendo in giro, potevo capirlo.
"Non lo so. Forse." risposi semplicemente.
Era inutile mentire a Lori perché lo avrebbe capito in pochissimi istanti.
"Lo sai, vero, che voi due non potrete mai più essere amici?"
Sbuffai ancora. Lo sapevo benissimo. Non sarei mai più riuscito ad essere solamente il suo migliore amico.
"Lo so Lori. Dal momento in cui l'ho baciata per la prima volta." dissi seriamente e lui annuì, convinto.
"E che aspetti a riprendertela allora?"
"Fosse così facile lo avrei già fatto."
C'era qualcosa che mi bloccava e non ne capivo il motivo. Avevo una voglia di baciarla che nessuno avrebbe potuto capire e le occasioni per farlo non mi erano mancate, eppure non lo avevo ancora fatto.
"Sei tu che la rendi difficile, Filo." mi rimproverò.
Scossi la testa.
"Non posso ricominciare come se questi nove mesi non ci fossero mai stati. Non posso ignorare quanto sono stato male."
Lorenzo mi guardò esasperato, estraendo dalla sua tasca il pacchetto di sigarette e accendendosene un'altra.
"Sei proprio una testa dura Filo. Il tuo orgoglio finirà col mandare tutto a puttane." mi disse duramente e io accusai il colpo, riflettendo sulle parole che erano appena uscite dalla sua bocca.
Forse aveva ragione, forse il vero problema ero io.
"Non credi che Bea abbia pagato abbastanza? Ascoltami: ha commesso un errore e ne ha pagato le conseguenze, ma anche lei è stata male. Anche lei è stata lontana da te per tutti questi mesi e in più aveva anche perso suo fratello. Avete vissuto entrambi dei mesi di merda Filippo." cercò di farmi capire.
Lorenzo aveva ragione: da quando l'avevo rivista non avevo fatto altro che pensare ai brutti momenti che mi aveva fatto passare senza riflettere sul fatto che probabilmente lei fosse stata anche peggio di me.
"Io lo so quanto sei stato male, Filo. C'ero in quei momenti e ci sarò sempre e questo lo sai. Ma rifletti un attimo: credi che stare insieme a lei possa farti sentire peggio di quanto non ti ci sentiresti stando lontano da lei?"
Quella frase mi colpì. Mi sentivo un vero idiota in quel momento perché avevo bisogno che fossero gli altri a farmi ragionare, senza riuscirci da solo.
Avevo il cervello completamente oscurato ma avevo vissuto così tante cose negative in quegli ultimi mesi, anche lontane dalla questione con Beatrice, che ormai la mia testa non riusciva più a distinguere quel che fosse giusto e quel che fosse sbagliato.
Davvero sarei riuscito a stare meglio, senza di lei, di quanto non stessi insieme a lei? Ma chi volevo prendere in giro? Era praticamente impossibile.
Riuscivo a star bene solo grazie a lei, nonostante tutto.
"Quello che ti è successo con la casa discografica dovrebbe rappresentare una lezione per te. È andato tutto a monte, il tuo contratto e la tua carriera. Eppure guardati adesso: hai una nuova opportunità, ti stai rialzando. Perché non potrebbe essere lo stesso anche con lei? È andato tutto a puttane una volta, non rovinare tutto di nuovo."
"Hai ragione." mi ritrovai a dire e non pensavo che quelle parole sarebbero mai uscite dalla mia bocca.
Lori strabuzzò gli occhi. Era più sorpreso di me.
"Cosa hai detto?" mi chiese meravigliato, speranzoso che ripetessi ancora quella frase.
"Oh andiamo, hai capito. Non lo ripeterò ancora." dissi sconfitto, puntandogli un dito contro.
Si lasciò andare ad una risata liberatoria che fece sorridere anche me.
"Quindi diciamo addio al rancore?" mi chiese in conferma, avvicinando la sigaretta a quella che nel frattempo avevo acceso io.
"Addio rancore." urlai quasi, liberandomi, facendo scontrare la mia sigaretta con la sua, come se stessimo facendo un brindisi.
Proprio in quell'istante, come se fosse un segno del destino, il mio cellulare prese a squillare.
Lo afferrai subito e vidi il suo nome sullo schermo.
Persi un battito. Sembravo una ragazzina alla prima cotta.
"Dai muoviti." mi incoraggiò e io non me lo feci ripetere due volte.
"Ehi." richiamai Bea, dall'altro capo del telefono, mentre mi alzavo e mi allontanavo da Lori. Ma non perché non volevo che assistesse alla mia conversazione, piuttosto perché quando parlavo al cellulare seduto non riuscivo proprio a starci.
"Com'è andata?" le chiesi subito, quasi come se avessi bisogno di sentirmi dire che stava finalmente bene dopo tanto tempo.
"Mi vieni a prendere e ne parliamo?" mi chiese lei.
"E dove vorresti andare?"
"Non mi interessa, voglio solo stare un po' con te."
Trattenni il respiro per alcuni secondi.
"Dammi cinque minuti."
"Ti aspetto." mi disse, prima di chiudere la chiamata.
Riposi il cellulare in tasca e sospirai, guardando il cielo.
Rivolevo indietro la mia vita con lei. Rivolevo indietro la ragazza che amavo. Volevo tornare a respirare come non facevo da mesi.
"Quindi?" mi chiese Lori, aprendo le braccia, mentre afferravo la mia giacca sulla panca accanto alla porta d'ingresso di casa mia.
"E quindi vado a riprendermi la mia ragazza." gli risposi con ovvietà, facendolo sorridere.
"Augurami buona fortuna!" lo incitai, mentre velocemente indossavo la giacca e recuperavo le chiavi dell'auto.
"Non ti servirà!" esclamò lui, dandomi una pacca sulla spalla, mentre ormai stavo per andare via.
E no, Lori aveva ragione per l'ennesima volta in quella serata: non mi sarebbe servita perché sarebbe bastato l'amore che provavo per lei per rimettere tutto al proprio posto.
Guidai fino a casa di Beatrice senza praticamente accorgermene e il mio cuore si aprì quando la vidi già lì davanti ad aspettarmi.
Mi rivolse un sorriso sincero mentre si avvicinava alla mia auto e apriva la portiera per salire.
Mi guardò intensamente negli occhi e io non avrei mai voluto interrompere quel contatto. Sarei rimasto lì per ore perché quegli occhi erano la mia cosa preferita sulla faccia della Terra.
"Stai bene?" le chiesi.
Il sorriso che le si aprì sul volto non mi lasciò alcun dubbio.
"Decisamente. Mi era mancato tutto questo. Sono felice." mi disse, continuando imperterrita a sorridere e gesticolando tanto da sembrare una bambina.
Era così bella ed era così appagante vederla stare finalmente bene.
"Non è proprio cambiato nulla." continuò poi e una piccola risata uscì spontanea dalla mia bocca.
Beatrice mi guardò piuttosto stranita.
"Veramente una cosa è cambiata: ho preso casa da solo."
Beatrice strabuzzò gli occhi, visibilmente stupita, come mi aspettavo che fosse.
"Filippo Fanti che provvede da sé alla propria sopravvivenza?" mi prese in giro e io scoppiai a ridere.
"Ho delle qualità nascoste anch'io. Cosa credi?" la provocai e lei continuò a ridere ancora.
Stavo così bene in quel momento. Lei che rideva e mi riscaldava l'anima. Era una delle cose più belle che potesse esistere e no, non sto esagerando. Vederla ridere ed essere felice mi faceva stare bene per davvero.
"E hai intenzione di mostrarmelo questo appartamento?"
"Anche subito." le proposi e la vidi annuire.
Misi immediatamente in moto e mi immettei in strada, dirigendomi verso quella che da alcuni mesi a quella parte era diventata casa mia.
Durante il tragitto Beatrice mi aveva raccontato di quanto fosse contenta di aver rivisto i suoi genitori, di quanto loro fossero felici di vederla e del fatto che la stessero seguendo ad Amici e che fossero orgogliosi di lei. Mi aveva raccontato di aver preso finalmente coraggio ed essere riuscita a rientrare nella stanza di suo fratello e che lì finalmente si era lasciata andare ad un pianto liberatorio tra le braccia di sua madre, così come era giusto che avvenisse. E mi aveva detto di non sentirsi triste ma di essersi alleggerita.
Stava mettendo un punto finalmente a quel brutto periodo di sofferenza che aveva sopportato e sentire le sue parole mi aveva convinto ancora di più che ricominciare insieme a lei fosse la cosa giusta da fare.
Beatrice era l'unica persona con cui riuscivo a stare veramente bene: mi faceva sentire una persona migliore anche in mezzo a tutta la merda che mi circondava e avrei commesso un grandissimo errore lasciandola andare.
Non potevo permettermi di perderla perché non me lo sarei mai perdonato: sarebbe stato ancor più difficile per me. Finalmente ci eravamo ritrovati e me la sarei tenuta stretta.
Quando giungemmo dinnanzi alla porta del mio appartamento girai rapidamente le chiavi nella serratura e le diedi la possibilità di entrare.
Fremevo dentro di me.
Non le diedi nemmeno la possibilità di guardarsi intorno. Le afferrai un polso e la attirai verso di me, finché i nostri volti non si ritrovarono a pochissimi centimetri di distanza.
La feci indietreggiare di qualche passo finché non fu completamente appoggiata con le spalle al muro.
Le accarezzai la guancia e feci intrecciare le nostre dita.
"Che fai, Filippo?" mi chiese lei.
Potevo sentire il desiderio, nella sua voce, che accadesse davvero quello a cui stava pensando.
"Quello che avrei dovuto fare già da tempo." le sussurrai, attorcigliando una ciocca di capelli tra le mie dita, senza interrompere mai il contatto con i suoi occhi.
"E allora fallo, non aspettare più." mi implorò ed io non me lo feci ripetere due volte.
Lentamente e con delicatezza mi avvicinai a lei.
Le lasciai un bacio sulla fronte, poi uno sul naso e infine, finalmente, dopo nove mesi, poggiai le mie labbra sulle sue.
Fu un bacio dolce, lento, delicato. Quel bacio sapeva di astinenza vera e propria, di mancanza, di bisogno.
Il contatto con le sue labbra mi fece esplodere completamente dentro. Provai un groviglio di emozioni che mai avevo sentito prima di allora.
Beatrice mi portò delicatamente le mani dietro al collo, accarezzandomi la base dei capelli, coperti dal mio fedelissimo capellino con visiera.
Io la tenevo stretta a me per i fianchi, facendo scivolare le mie mani su e giù e al mio tocco la sentivo rabbrividire.
Spiegare quanto mi fosse mancata era veramente impossibile. Non sapevo come avessi fatto in tutto quel tempo a fare a meno di lei, dei suoi baci, del suo tocco, dei suoi sorrisi e della sua voce. Ero sopravvissuto ma non avevo vissuto, affatto.
Ci staccammo, affannati, ma entrambi con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto.
"Mi sei mancata come l'ossigeno." le sussurrai, facendo combaciare le nostre fronti.
Lei mi sorrise come non le vedevo fare da tempo ormai.
Continuava con una mano ad accarezzarmi i capelli mentre io le lisciavo delicatamente una guancia. Portò la mano libera sulla mia e chiuse gli occhi, chinando la testa da un lato, beandosi di quel tocco.
Le lasciai qualche altro umido bacio lungo il profilo della mascella, risalendo poi dal mento di nuovo verso le labbra.
Ci scambiammo qualche altro tenero bacio finché lei non mi interruppe.
"Aspetta Filo, devo dirti una cosa." mi bloccò e io aprii gli occhi, immergendoli nei suoi.
Era seria e la cosa mi faceva abbastanza preoccupare.
"Non può aspettare?" le chiese, quasi implorandola di non rovinare quel momento perché diamine, era stato così difficile decidermi a farlo e lei non poteva mandare veramente tutto all'aria.
"No, è importante." mi disse convinta e io le feci cenno di continuare, nonostante avessi paura di quello che potesse star per dire.
"Io ti amo." disse sincera, scandendo bene ogni singola parola, accompagnando il tutto con un grosso sorriso stampato in volto.
Avrei potuto giurare di aver sentito il cuore fare una capriola su sé stesso.
Non me lo aveva mai detto ma io in cuor mio lo avevo sempre saputo. Me lo aveva scritto in quella lettera che avevo ridotto a brandelli ma mai avevo sentito quelle parole uscire dalla sua bocca e per me era un'emozione immensa.
Mi sentii più leggero e mi lasciai finalmente e totalmente andare.
La afferrai per le natiche, sollevandola da terra e permettendole di allacciare le sue gambe attorno al mio bacino.
Beatrice allacciò le sue braccia attorno al mio collo ed io mi precipitai ancora più bisognoso di prima sulla sue labbra.
Quella volta si trattava di un bacio molto più passionale e bisognoso del primo, che racchiudeva tutto il desiderio che avevamo l'uno dell'altra.
Le nostre lingue si intrecciavano e danzavano al passo con i nostri respiri affannati mentre il mio cappellino volava via, gettato a terra da Beatrice che aveva ormai preso ad accarezzarmi i capelli in maniera sempre più forte.
Presi a baciarle il collo mentre qualche gemito usciva dalle sue labbra, ormai gonfie e rosse per i baci e i nostri respiri erano tutto tranne che regolari.
Le mie mani vagavano lungo la sua schiena lasciata scoperta da un lembo sollevato della sua maglietta. Ne afferrai i bordi e in men che non si dica l'indumento fu a terra, accanto al cappello, e seguito anche dalla mia felpa e dagli altri vestiti che avevamo addosso.
La adagiai delicatamente sul mio letto e la privai anche dell'ultimo indumento che la copriva.
Quello che successe dopo fu un susseguirsi di spinte, gemiti, respiri affannati e baci rumorosi.
Avevamo fatto l'amore, quello vero. Ed eravamo arrivati al culmine del piacere insieme, sfiniti ma felici di essere finalmente tornati quelli di una volta.
E la felicità si sentiva nell'aria anche quando, dopo una decina di minuti, eravamo sdraiati a letto, sotto le coperte che ci proteggevano dal freddo invernale di febbraio. Beatrice si stringeva a me, con la testa poggiata sul mio petto nudo e io delicatamente le accarezzavo un braccio, facendo su e giù con le dita.
Entrambi eravamo in silenzio, nel buio della mia camera da letto, ma entrambi stavamo sorridendo per quello che era appena successo.
Le sensazioni che avevo provato quella notte erano indescrivibili. Mai mi ero sentito in quel modo. Il desiderio di lei, di baciarla e di averla tutta per me era immenso e impossibile da spiegare a parole.
"Non andartene più, ti prego. È una merda senza di te." le sussurrai, continuando ad accarezzarla.
Avevo bisogno di sentirmi dire che no, non se ne sarebbe più andata, che sarebbe rimasta con me. Avevo bisogno di lei nella mia vita e non mi importava di sembrare un bambino in quel momento. La amavo ed era l'unica persona al mondo in grado di rendermi davvero felice.
"Non vado da nessuna parte. Non ci penso nemmeno." mi rassicurò lei, sollevando il capo verso di me, per guardarmi bene negli occhi.
Mi lasciò un bacio sulle labbra, e poi un altro e poi un altro ancora.
"Ti amo più di tutto, veramente." le sussurrai.
Ed era proprio così, la amavo più di qualsiasi altra cosa al mondo.
La sentii sorridere contro la pelle del mio collo. Vi lascio un bacio leggero prima di accoccolarsi nuovamente sul mio petto.
Intrecciò la sua mano alla mia e rimanemmo in silenzio, ancora, finché i nostri respiri non si fecero più pesanti e ci abbandonammo entrambi ad un sonno ristoratore.
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Nonostante noi - IRAMA
Fanfic"Ci siamo guardati, di sfuggita, come fanno due che vorrebbero sapere come sta l'altro ma che hanno troppo orgoglio e perciò stanno zitti. Ci siamo guardati, come fanno due bambini che hanno litigato e aspettano il coraggio per fare pace. Ci siamo g...