Capitolo 12

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Domenica, 18 febbraio 2018

[Beatrice]

"Mi dici dove stiamo andando?" chiesi a Filippo per l'ennesima volta, seduta sul sedile del passeggero della sua auto, scalpitante perché non conoscevo la nostra destinazione.
Avevo appena trascorso la notte più bella della mia vita. Ero tornata a vivere, finalmente dopo tanto tempo.
Quando Filippo mi aveva sbattuta al muro e mi aveva baciata, la sera prima, un uragano di emozioni si era generato dentro di me.
Mi erano mancate le sue labbra, mi erano mancate le emozioni che risvegliava in me ad ogni tocco, ogni carezza, mi era mancato stare con lui.
Avevamo fatto l'amore per tutta la notte e invece di essere sfinita mi sentivo più viva che mai.
In un giorno tutto si era sistemato, con la mia famiglia e con il ragazzo che consideravo il grande amore della mia vita. Non avrei saputo definire Filippo in maniera differente perché era ciò che rappresentava per me: l'unico ragazzo che avessi mai amato davvero e l'unico che avrei amato per sempre, incondizionatamente.
Filippo sbuffò per l'ennesima volta, scuotendo la testa.
"Mio Dio, Bea sei una rompipalle." mi prese in giro, guadagnandosi uno schiaffetto sul braccio da parte mia che ci fece ridere entrambi.
"Oh caro mio, dovrai sopportarmi." gli ricordai.
"Vuoi scommettere che ora accosto e ti lascio qui?" mi chiese retorico ed io lo guardai male.
"Non saresti capace di lasciarmi nel bel mezzo del nulla, da sola e impaurita." lo provocai, facendolo sorridere.
"Non mi sfidare." mi disse semplicemente, ridendo, ed io gli risposi con una linguaccia.
Mi arresi al fatto che Filippo non mi avrebbe svelato la nostra destinazione finché non fossimo arrivati.
Mi lasciai andare al sedile e alzai il volume dello stereo.
Mezz'ora e ben otto canzoni dopo Filippo parcheggiò l'auto in un piccolo spiazzale in mezzo al verde.
Solo a quel punto mi resi conto di dove ci trovassimo.
"Dai vieni." mi incitò, resosi conto della mia reazione alla vista di quel posto.
Era l'ultimo luogo in cui eravamo stati insieme. Mio fratello era morto da appena una settimana e gli avevo chiesto di portarmi a vedere l'alba. Mi ero addormentata tra le sue braccia ed ero riuscita a trovare la pace per alcune ore dopo settimane terribili.
Scesi dall'auto guardandomi intorno.
Filippo aprì il bagagliaio e ne estrasse un grosso cestino e una coperta.
"Facciamo un picnic?" gli chiesi anche se la risposta era abbastanza ovvia.
Cosa avremmo mai potuto fare nel bel mezzo di un bosco, con una coperta e un cestino stracolmo di roba da mangiare?
Filippo annuì semplicemente, prendendomi per mano.
Ci addentrammo tra gli alberi fino a che non trovammo un posto dove sistemarci. Stendemmo la coperta a terra e Filippo mi invitò a sedermi, seguendomi poi a ruota.
"Perché siamo qui?" ebbi finalmente il coraggio di chiedergli e lui finalmente alzò il proprio sguardo, puntando i suoi occhi nei miei.
Non eravamo lì a caso; conoscevo Filippo come le mie tasche e sapevo che con lui niente poteva essere affidato al caso.
"Voglio ricominciare da dove avevamo lasciato." mi confessò ed io mi avvicinai un po' di più a lui, mettendomi tra le sue gambe, in modo da poterlo guardare negli occhi senza problemi.
"Veramente hai ricominciato dalla tua camera da letto." lo presi in giro, facendogli la linguaccia.
Filippo rise, scuotendo la testa.
"Quello consideralo solo un piccolissimo dettaglio." mi fece l'occhiolino ed io arrossii.
Era incredibile come, nonostante tutto quello che era successo e nonostante tutto il tempo che era passato, continuasse ancora a farmi quel maledetto effetto. Mi faceva sentire come una ragazzina alla prima cotta con un semplicissimo sguardo. Mi sentivo debole e incapace di intendere e volere quando c'era di mezzo lui. Mi mandava letteralmente in pappa il cervello.
"Scherzi a parte, questo posto racchiude tutto quello che di più bello ma anche di più brutto potessi provare prima di iniziare a vivere senza di te."
Me la ricordavo quella notte. Ero debole, avevo mangiato pochissimo ed ero completamente a pezzi. Filippo si era offerto di portarmi in qualsiasi posto avessi voluto nonostante fossero le due del mattino. E io gli avevo chiesto di vedere l'alba, ma prima ancora che il sole sorgesse, il sonno mi aveva travolta. Avevo dormito pochissimo nei giorni precedente e quella notte, lì tra le sue braccia, avevo finalmente trovato la tranquillità che mi mancava da tempo.
"Me la ricordo, quella notte." sussurrai appena, mascherando un leggero sorriso che nacque spontaneo sul mio volto nel ricordare quei momenti.
Filippo continuava a giocherellare con le mie mani, facendo incrociare le nostre dita.
"Non c'è solo questo." aggiunse lui ed io lo guardai perplessa.
"È qui che, beh, ho letto la tua lettera."
Abbassai lo sguardo.
Filippo aveva scelto l'ultimo luogo in cui avevamo trascorso del tempo insieme per leggere quella lettera con cui gli avevo spezzato il cuore.
Non riuscii a proferire parola, mi limitai a guardarlo dritto negli occhi e ad invitarlo a continuare a parlare.
"Non ti sto dicendo questo per farti sentire in colpa. Te lo sto raccontando perché è qualcosa che mi porto dentro da tanto tempo. Io voglio ricominciare davvero, ma non posso farlo senza tirar fuori tutto quello che ho passato. Quindi il motivo per cui siamo qui oggi sono io. Sono qui per me stesso." mi confessò ed io rimasi colpita da ogni singola parola che era uscita dalla sua bocca.
Filippo aveva davvero intenzione di riprendere da lì dove avevamo lasciato e si stava aprendo totalmente con me. Io, dal canto mio, glielo avrei lasciato fare, sarei stata ad ascoltarlo, perché glielo dovevo.
"Ieri sera, mentre venivo a prenderti, avevo preparato un discorso, ma poi averti lì davanti a me, bella come sempre, mi ha mandato fuori di testa e non ce l'ho fatta più a trattenermi. Avevo resistito fin troppo e quindi ho mandato il discorso a fare nel culo." rise leggermente, accompagnato da me, che intanto mi ero avvicinata ancora un po'.
Avevo incrociato le gambe e Filippo aveva portato le sue ai lati. Mi teneva più vicina a sé con le mani poggiate dietro la mia schiena.
Avevo preso ad accarezzargli le braccia e ciò lo faceva rilassare, lo vedevo sospirare ad ogni mio tocco.
"Io sono qui per te, Fil. Ascolterò ogni singola parola che avrai da dirmi." gli dissi sincera, accarezzandogli la guancia.
Filippo prese un gran respiro.
"Quando ho trovato la tua lettera, non avevo idea di come avrei trovato il coraggio di leggerla. Ho vagato per la città per ore. E poi sono venuto qui, che era l'ultimo posto che rappresentasse un momento felice vissuto insieme a te. Era un posto felice e io l'ho trasformato nel luogo peggiore del mondo. Mi sono fermato in quel parcheggio, ho bevuto una bottiglia di vodka quasi per intero e ho letto e riletto le parole che mi avevi scritto. Ho trasformato un luogo che avrebbe dovuto ricordarmi di te facendomi sorridere nell'unico posto in cui non avrei più voluto mettere piede per il resto dei miei giorni. Non tornavo qui da quella sera."
Cercavo di immaginarmi quella scena. Cercavo di rendermi conto di quanto male potesse essere stato. Ma poi mi resi conto che mi sarei fatta solamente del male nell'immaginare quelle scene. Scossi la testa cercando di spazzare via dalla mia mente quelle immagini e mi concentrai su Filippo che era di fronte a me e mi stava parlando con il cuore in mano.
"Il giorno in cui ti ho rivista, in quello studio, ho fatto una promessa a me stesso: avrei trovato il coraggio di tornare in questo posto, da solo se tra noi fosse andato tutto male, o insieme a te. E oggi siamo qui insieme." continuò ancora.
"Non è andato tutto male, alla fine." sussurrai io.
Mi avvicinai a lui e lo abbracciai forte. Filippo si lasciò stringere, come se ne avesse estremamente bisogno. Sembrava un bambino in quel momento. Meritava di essere felice ed ero lusingata che si stesse affidando di nuovo a me: non lo avrei deluso ancora.
Gli lasciai un bacio sulla guancia e una carezza sui capelli, prima di staccarmi da lui e tornare a guardarlo negli occhi, per permettergli di continuare.
"Con questo io voglio dirti che sono pronto a rimettermi in gioco. Ho perso troppe cose nell'ultimo anno e mi rifiuto di rinunciare anche a te." disse accarezzandomi il dorso della mano.
Filippo era pronto a rimettersi in gioco e io avrei giocato insieme a lui. Non lo avrei lasciato andare per nessun motivo al mondo.
"Questi nove mesi mi hanno cambiato, Beatrice. Io non sono più la stessa persona di prima. Ci sarà sempre una parte di me che si porterà dietro quel dolore. Io ti sto dando tutto me stesso, mi sto praticamente affidando a te. Ma se per te è troppo convivere con la persona che sono diventato, ti prego, lasciami adesso. E se invece ti sta bene, aiutami ad accettare il mio lato più buio e permettimi di accantonarlo a poco a poco creando nuovi momenti felici insieme a me."
Il suo discorso era una supplica. I suoi occhi erano lucidi e la sua voce tremava.
Abbassò lo sguardo sulle sue mani ma io prontamente presi il suo volto tra le mie, costringendolo a guardarmi.
"Ehi Filo, guardami. Ascoltami bene: io ti amo. E non importa quanto tutto questo potrà essere complicato, io accetto tutto il pacchetto. Io ho bisogno di te nella mia vita. Anche io sono cambiata in questi mesi. Mio fratello è morto e non è una cosa che di certo sono pronta a superare da un giorno all'altro. Siamo stati male entrambi e stare lontani non può che farci stare ancora peggio. Io voglio stare con te, non mi frega del resto. Siamo una squadra, lo siamo sempre stati. Ci rialzeremo insieme." lo rassicurai, portando le mani tra i suoi capelli.
Non lo avrei lasciato, per niente e nessuno. Ci eravamo ritrovati, il destino aveva voluto ciò per noi e non avrei mandato tutto a monte un'altra volta.
"Se c'è un cosa che rimpiangerò sempre nella mia vita è di aver voluto affrontare tutto da sola nel momento peggiore. Non voglio più farlo. Io ti voglio al mio fianco perché ho capito che per me sei essenziale e io da sola non ce la faccio." gli confessai e fu a quel punto che Filippo si fece ancora più vicino a me.
Fece scontrare le nostre fronti e mi lasciò un leggero bacio sul naso.
Io lo attirai maggiormente a me e finalmente le nostre labbra si scontrarono. Si trattava di un bacio bisognoso ma delicato, lento.
Filippo mi teneva stretta a sé e io non ne volevo sapere di lasciarlo andare. Sarei rimasta lì a baciarlo per sempre. Era lui il mio ossigeno e non sapevo proprio come avessi fatto ad andare avanti per tutto quel tempo senza la sua presenza nella mia vita.
"Siamo un casino, Bea." mi sussurrò, a pochi centimetri dalle mie labbra, staccandosi per alcuni secondi.
"Siamo un casino stupendo." lo corressi io, sorridendo e facendo sorridere anche lui per aver citato una frase di una sua canzone.
Trascorsi uno dei pomeriggi più belli e rilassanti dopo tanto tempo insieme a Filippo.
Mangiammo fino a scoppiare e nel frattempo parlammo, tanto.
Avevo parlato di tutto, di ciò che avevamo vissuto in quel periodo di lontananza, avevamo riportato a galla vecchi ricordi e avevamo riso, come non facevamo da tempo.
Filippo era finalmente tornato a guardarmi come faceva un volta. Riusciva a farmi sentire bella con un solo sguardo e io lo amavo più della mia stessa vita.
Si stava facendo sera e dopo due ore avremmo dovuto prendere il treno che ci avrebbe riportati a Roma.
"Mi concedi una sigaretta prima di andar via?" gli chiesi, quando ormai eravamo già accanto all'auto.
Filippo mi guardò male.
"Sai come la penso." mi rimproverò.
"Non rompere. Mi fai compagnia?" lo incitai e lui sbuffò, tirando fuori il suo pacchetto di sigarette, estraendone una.
"Ti fa male." mi disse, prima di accendere la sigaretta che aveva tra le labbra.
"Anche a te." gli risposi ovvia, non lasciandogli scampo.
Filippo soffocò un piccolo sorriso, non sapendo come rispondermi a tono.
Mi affiancò e mi avvolse le spalle con un braccio, attirandomi a sé. Mi strinsi a lui e mi beai del calore di quell'abbraccio.
"Sai, c'è una cosa che non ti ho mai detto." mi confessò e io alzai leggermente lo sguardo, per poterlo guardare in viso.
"Dimmela adesso, no?"
"Quando tuo fratello era in ospedale, alcuni giorni prima che morisse, tuo padre mi prese in disparte. Non te l'hanno mai detto e nemmeno io l'ho fatto, ma loro sapevano già che lui non ce l'avrebbe fatta. Tuo padre me l'ha confessato ma mi ha chiesto di non dirti nulla."
Rimasi interdetta da quelle parole ma un po' me lo aspettavo. Avevo sempre pensato che loro sapessero più di quanto non sapessi io sulle condizioni di Mattia. Ciò che non mi sarei mai aspettata è che anche Filippo in realtà lo sapesse.
"Un po' lo sospettavo ma non pensavo che tu sapessi." gli confessai.
Non ero arrabbiata, ero solo sorpresa.
Gli ero riconoscente perché durante quei momenti lui era rimasto al mio fianco, non lasciandomi mai da sola.
"Tuo padre mi fece promettere di non dirti nulla e poi mi chiese di rimanerti accanto sempre. Non dimenticherò mai le sue parole. Mi disse che si fidava di me e che solo io sarei stato in grado di starti vicino come si deve." mi disse.
Non sapevo cosa dire, ero senza parole.
Non riuscivo a credere che mio padre avesse davvero fatto tutto ciò.
"Grazie, per tutto veramente." fu l'unica cosa che riuscii a dirgli.
Più che ringraziarlo per essermi stato accanto e non avere nemmeno pensato, anche solo per scherzo, di lasciarmi affrontare tutta quella situazione da sola, non potevo far nulla.
Filippo mi lasciò un tenero bacio tra i capelli mentre gettava a terra la cicca della sua sigaretta ormai consumata, calpestandola.
Pochi istanti dopo lo imitai e salimmo in auto pronti a tornare in città.
"Sai che molto probabilmente se non fosse stato per mio fratello io e te non staremmo insieme?"
"In che senso?" mi chiese lui, mentre ingranava la marcia.
"È stato lui a spingermi a parlare con te dopo che avevi provato a baciarmi. Io avevo paura, non di te ma del fatto che il nostro rapporto potesse essere rovinato. Invece lui mi ha praticamente spinta tra le tue braccia. Mi ha detto che il nostro legame era troppo forte per finire da un giorno all'altro." gli confessai e Filippo sorrise, allungando una mano verso il mio ginocchio e stringendolo dolcemente.
Strinsi la sua mano, facendo intrecciare le mie dita alle sue, e mi lasciai andare contro il sedile.
In pochi minuti crollai completamente e dormii per tutta la durata del viaggio.





Avevo salutato i miei genitori promettendo loro che li avrei chiamati almeno un paio di volte a settimana. Non volevo più perdere altro tempo, volevo godermeli al massimo e non lasciare andare nemmeno un momento insieme a loro.
Io e Filippo eravamo in stazione insieme a Lori in attesa del treno che ci avrebbe riportati a Roma.
Quando il treno arrivo, Lorenzo ci si catapultò letteralmente addosso.
"Non sparire adesso, eh. Ci sentiamo." si raccomandò.
"Ovvio che ci sentiamo. E poi ci vediamo presto. Non ti libererai di me così facilmente." lo rassicurai, abbracciandolo forte.
Mi sarebbe mancato. Gli volevo un bene dell'anima, per davvero.
"Coglione, mi raccomando." disse puntando un dito contro il suo migliore amico, prima di abbracciarlo fortissimo.
Filippo lo strinse forte, quasi non volesse più lasciarlo.
"Vi voglio bene." ci disse sincero, abbracciandoci entrambi e io e Filippo non potemmo che ricambiare.
Lasciare Lori lì e tornare a Roma era stato durissimo ma alla fine eravamo saliti su quel treno che ci avrebbe riportato alla nostra routine.
"Ho deciso di presentare il mio inedito." dissi ad un certo punto.
Filippo ne rimase stupito inizialmente ma poi un grosso sorriso gli si aprì sul volto.
"Sapevo che lo avresti fatto." mi disse fiero.
"Da domani si comincia da capo. Ho una nuova consapevolezza. Affronterò il mio percorso in maniera totalmente diversa d'ora in poi."
"Da domani spacchiamo tutto." mi incitò e io gli sorridi.
Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi lasciai beare dal calore delle sue carezze per tutta la durata del viaggio.
Era un nuovo inizio. Sarei stata bene. Tutto sarebbe andato per il meglio.

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