Seoul, Corea del Sud
Due anni prima
Il 24 ottobre 2016
Quando il telefono iniziò a squillare prepotentemente sul comodino di Jungkook alle nove di mattina, il ragazzo seppe che quella chiamata non avrebbe portato niente di buono; soprattutto se a chiamarlo era suo padre.
«Pronto?» Domandò con ancora la voce impastata dal sonno, mentre si stropicciava gli occhi con la mano libera. Represse uno sbadiglio nell'attesa di una sua risposta, che ovviamente non tardò ad arrivare.
«Jungkook, sono tuo padre.» Fermo, deciso. Aveva parlato con un tono che non ammetteva repliche e che pretendeva più di quanto avesse potuto ottenere.Il moro sorrise sarcasticamente a quelle parole, perché un padre non si sarebbe rivolto così ad un figlio. Sembrava che ogni cosa che dicesse fosse stata calcolata, pensata, analizzata in precedenza. Era sempre stato così con lui: freddo, senza cuore, meccanico.
Non capiva se lo odiasse perché era stato tutto quello che lui non avrebbe voluto diventasse, o perché era un bastardo che era nato per errore.Il primo genito della famiglia Jeon, Seokjin, era così diverso da lui. Affascinante, bello, carismatico ed un abile imprenditore. Un' esatta copia di suo padre, avrebbe osato dire, se non fosse stato per l'incredibile cuore che lo differenziava dal più grande. Jin era stato un vero e proprio fratello maggiore nei suoi confronti, nonostante avessero mamme differenti, che lo aveva spesso protetto dalle crude parole che quasi sempre loro padre gli riversava contro.
«Buongiorno anche a te.» spostò le coperte da un lato, scendendo dal letto e ringraziando mentalmente il fatto che la sera prima Taehyung fosse dovuto andare via per recuperare Jimin in uno dei tanti club da quattro soldi che non aveva smesso di frequentare dopo la rottura con Namjoon.
Se gli avesse detto che era al telefono col padre, avrebbe di nuovo aperto il discorso che entrambi, chi per un motivo chi per un altro, erano stanchi di affrontare.Si incamminò verso la cucina a piedi nudi, lasciando che il freddo pavimento accarezzasse le sue piante spoglie e iniziò a prepararsi un caffè.
«Dobbiamo parlare. Vieni nel mio ufficio tra venti minuti. Non accetto un no come risposta.» Disse, andando dritto al punto e rivelando la vera intenzione per la quale l'aveva chiamato. Nè un 'come stai, figliolo?' o un ' Gli studi vanno bene?'. Niente di niente.Appena la linea cadde, il moro capì che avesse chiuso la chiamata e, fissando lo schermo ormai spento, sbuffò.
Le loro chiamate duravano meno di un minuto, alle cene di famiglia nessuno dei due scambiava più di quattro parole e quando rimanevano soli, per discutere dei problemi riguardanti l'azienda, finiva sempre per parlare attraverso i fogli contenenti miliardi di numeri, perché nessuno dei due voleva guardare in faccia l'altro.Come poteva aspettarsi comprensione da parte di sua? Come poteva credere che l'avrebbe accettato una volta che gli avrebbe detto cosa provava nei confronti del suo stupido lavoro e nei confronti di Taehyung? L'avrebbe ripudiato, rinnegato. L'avrebbe fatto sentire una nullità.
«Ciao, papà. Ti voglio bene anche io. » commentò con ormai quella nota di ironia nella voce che era impossibile non notare. Appoggiò malamente la tazza fumante e si sedette, accavallando una gamba sull'altra. Continuando a bere il suo caffè, ignorò che ore fossero e con tutta tranquillità rispose al messaggio del buon giorno che Taehyung gli aveva inviato qualche minuto prima.
Per una volta lo avrebbe lasciato aspettare, aveva pensato, tanto che cosa sarebbe potuto accadere di peggio?*****
«Sei in ritardo.» aveva constatato, non volgendo mai lo sguardo sulla figura davanti a sé; con un gesto sbrigativo aveva mandato via il segretario ed ora erano rimasti solo loro due, come sempre.
«Lo so.» Jungkook entrò senza l'intenzione di salutarlo e si sedette sulla sedia al centro della stanza; con il solo tavolo a dividerli, al moro sembrò di avere davanti un muro insopportabile. Deglutì e aspettò una risposta.«Allora dovresti chiedere scusa per la tua insolenza e maleducazione.» suo padre sbatté la penna sul foglio talmente forte che il rumore riecheggiò per un po' in quella grande stanza.
«Sai che non lo farò, quindi smettila di comportarti così. Che cosa vuoi?» aveva replicato il moro. Per quanto si sforzasse, la voce uscì fuori con un sussurro, insicura e tremolante.
Aveva paura di suo padre, del suo essere spietato, specialmente in quei momenti dove era solo e Jin non era presente per proteggerlo. Con la coda dell'occhio, lo vide sorridere beffardamente e sentì il suo cuore pulsare in modo frenetico, energico.Il padre si chinò verso un cassetto alla sua destra e, invece di rispondere, tirò fuori una busta nera ancora ben chiusa.
Jungkook alzò un sopracciglio, confuso, ma non si azzardò a prenderla e vedere che cosa ci fosse al suo interno. Aveva così tanta paura.
«Avanti, aprila. Che cosa stai aspettando, figliolo?» Il tono così falsamente dolce, gli fece raggelare il sangue e con un tremolio che tentò disperatamente di nascondere, la prese tra le mani.Angolo autrice
Curiose? 👀 Secondo voi cosa c'è all'interno? Eheheheh lmao.
Ci siamo avvicinando sempre di più alla verità e, di conseguenza, anche alla fine. Non siete contente? Ahahah
Abbiamo scoperto qualcosa in più sul passato e il rapporto tra Jungkook e il padre. Cosa ne pensate?
Ci vediamo domani con(si spera) il prossimo capitolo.
Love you all
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Somebody else || JJ.K & KT.H
Fanfiction[COMPLETA] "Se ti dicessi che mi manchi, torneresti indietro?" ||Dove Jungkook deve sposarsi con una donna che non ama e Taehyung si pente di averlo lasciato andare.|| Attenzione: alcuni sono dei riferimenti presi da Call Me By your name, quindi se...