4. Ciambelle Tutti i gusti + 1

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Non è stato facile per Ian Gallagher addormentarsi quella notte. Continuava a pensare 

"Perché l'ho fatto?"

La domanda lo tormentava da quando era entrato in quella fottutissima clinica. Quando quella mattina aveva deciso di portare a fare una gita in macchina uno dei bambini dell'asilo Gallagher aveva pensato fosse un'idea grandiosa. Non si era preoccupato per averlo lasciato in macchina, sotto il sole, per venti minuti, senza aver aperto i finestrini. E poi quando la polizia aveva tentato di salvarlo era scappato con il neonato in braccio credendo lo volessero rapire. 

L'attacco di questa sera non era solo perché non aveva preso le medicine, ma perché aveva finalmente capito di essere pazzo. E non riusciva ad accettarlo.

Aveva ripensato a quel giorno mentre era a letto e aveva realizzato di avere problemi seri nella testa, e lo odiava. Odiava sentirsi un ragazzino indifeso, lui che era sempre stato il più forte tra i suoi fratelli. Odiava avere uno psicologo, anche se sembrava essere l'unica persona a trattarlo come un qualsiasi essere umano. Odiava essersi fatto scivolare tra le dita l'opportunità di entrare nell'esercito e odiava se stesso, per queste e un altro milione di ragioni. 

Avrebbe voluto piangere, sapeva di averne bisogno. Sapeva che sfogarsi gli avrebbe fatto bene ma non riversò nemmeno una lacrima quella notte. Non voleva sentirsi debole, anche se sapeva che piangere non rende deboli. Sentiva di non meritarsi di piangere, non meritava di buttar fuori tutti i demoni che lo tormentavano.

Guardò fuori dalla finestra, verso le poche stelle che riusciva a vedere e si chiese se qualcuno lassù avrebbe pensato a lui. Se c'è un Dio e se lo aiuterà ad uscire da questo momento così difficile della sua vita. 

Ian Gallagher riuscì finalmente ad addormentarsi con un idea in testa, che forse qualcuno, non molto lontano lo aiuterà a ritrovare se stesso. 






Svegliarsi con la suoneria del telefono che squilla è già una merda di suo, ma di domenica mattina, è anche peggio. Guardai chi era prima di rispondere, Iggy.

Perché cazzo mi sta chiamando?

L'ultima volta che l'ho visto è stato tipo tre anni fa e gli avevo esplicitamente detto di non farsi mai più sentire, per nessuna ragione al mondo. Avrà bisogno di soldi o cazzate del genere, e non esiste motivo al mondo che io ritorni in quel cazzo d'inferno. Che vada a farsi fottere lui e tutta la mia famiglia, sono morti per me. 

Fortunatamente dopo altri tre tentativi lascia perdere, e posso semplicemente tornare a fingere che non esista.

Cerco di riaddormentarmi, ma è tutto inutile, il freddo non mi lascia dormire. Non capisco perché in questa casa faccia sempre così freddo, eppure lo pago il riscaldamento di merda. 

Sono stanco morto. Ieri sera non ho dormito quasi per niente per colpa di Ian Gallagher. Continuavo a pensare al rosso, così fragile e vulnerabile stretto tra le mie braccia, e mi chiedevo se fosse stato meglio rimanere a dormire nella clinica, in caso di un nuovo attacco. Il pensiero che potesse riaccadere e che io non ci fossi di nuovo per aiutarlo mi ha tormentato per tutta la fottutissima notte. Due o tre volte mi era venuto in mente di precipitarmi in clinica ma poi mi ricordavo che non avrebbe avuto senso, non potevo dare di matto per un paziente qualsiasi. 

Fatto sta che adesso mi ritrovo con due belle occhiaie viola e con il culo congelato per la temperatura di merda del mio appartamento. Sarà meglio andare a fare una doccia. 

You're not insane | Gallavich |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora