Capitolo II

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"A oh...!"
La voce alle mie spalle mi colpisce come un mattone facendomi letteralmente sobbalzare.
Il tempo sembrava essersi fermato negli istanti in cui osservavo la tavola e ora Angelo mi reclama, pausa finita.

Decide di raggruppare quanta più roba possibile e coprirla, cosi domani passiamo a prenderla senza problemi, tanto Manolo lo sa.
"Te Giusè hai trovato quarcosa che te gusta?" Mi domanda.
"No cantí, qui c'è solo monnezza." Rispondo laconico, sapendo di mentire. Ho richiuso e nascosto la valigetta sotto ad un mobile celandola alla vista di Angelo e di Manolo.
Domani vedrò di capirci qualcosa di più.

Stamattina, come ieri, Angelo mi accoglie con un grosso sorriso; dice che oggi è tutta "svòrta", tutta tara, tutto guadagno, per capirci. Oggi carichiamo quella roba ritenuta interessante da Angelo, buona per essere rivenduta. Il "cantina" negli anni ha intessuto una fitta rete di contatti composti da mercatini dell'usato, bancarelle itineranti, sfascia carrozze e addirittura zingari. Sa sempre come poter guadagnare qualcosa da quello che trova, basta una telefonata.

Cominciamo a caricare il furgone, con molta perizia stavolta, non come ieri, per non rischiare di rompere qualcosa ma la mia mente è rivolta alla valigia, anzi a quello che c'è dentro e non aspetto altro che prendermi una pausa per andare a sbirciare il mio tesoro.
Fra un quadro e una bicicletta, mi allontano con la scusa di andare in bagno e passo davanti al mobile dove sotto è nascosta la valigetta; i miei occhi sanno dove guardare ed infatti si fermano proprio li, la vedono e un piccolo, piccolissimo brivido mi elettrizza l'intestino. Ora devo realmente andare in bagno.
Mi chino, la sfilo, la raccolgo e schizzo in casa diretto in bagno; la porto sotto braccio, sembro un ladro e forse in effetti un po' lo sono. Sto rubando il segreto di una vecchia signora ormai morta ma la curiosità è più forte di me e in men che non si dica mi ritrovo con le mutande calate, seduto sulla tazza con la tavola sulle ginocchia.

Scorgo una tasca al lato della valigia che al proprio interno contiene un oggetto che somiglia ad una foglia a forma di cuore, con una lente al centro. Non saprei come si chiama questo affare ma senza dubbio va poggiato sopra le lettere stampate della tavola che poi vengono "inquadrate" nel piccolo foro di questo strano e antico mouse, così da poter comporre le parole che lo spirito dovrebbe volerci dire.
Poggio la tavola in terra, ci metto sopra il mouse e aspetto che accada qualcosa.
I secondi passano ed io comincio a sentirmi un po' fesso dal momento che tutto resta immobile.
Mi pulisco mentre mi do dell'idiota per aver creduto a queste stranezze quando sento bussare alla porta.
"Hai finito Giusè? Devo cambià l'acqua ar pesce pure io!" Urla Angelo.
Piego velocemente la tavola e la ripongo insieme al mouse nella valigia che metto nella vasca da bagno e tiro la tenda, sperando non se ne accorga.

"Si, ho fatto. Però devi trattenere il respiro perché l'ho fatta grossa." Rispondo ridendo.
Esco con un epressione mista fra il finto stupito e il complice mentre Angelo si fionda dentro.
"Madò ma che te magni, rospi e cicale?" Urla.

Mi metto a ridere come un cretino, l'attinenza fra rospi e cicale con le feci non riesco proprio a trovarla ma mi diverte la semantica della battuta.
Dopo qualche secondo esce e gli dico che lo raggiungo non appena mi sono lavato le mani, devo assolutamente rimettere al suo posto la valigia.

Rientro in bagno, prendo la valigia ma si apre e la tavola col mouse cadono a terra; non l'avevo chiusa.
Strozzo un'imprecazione, faccio per inchinarmi ma il mouse si muove.
Da solo.
Come una calamita attratta dal ferro si porta sulla tavola e piano piano scivola sulla lettera "G".
Sto per svenire dalla paura, faccio un salto indietro ed esco chiudendo pure la porta. Ora mi sento più tranquillo seppur il cuore mi batte forte quasi da rompermi lo sterno. Avrò forse sognato?
Dopo qualche secondo di immobile silenzio trovo il coraggio di aprire la porta e vedo che il cuorefoglia è comodo sulla tavola e punta dritto su un'altra lettera, la "I".

Allora è tutto vero, penso, oddio e mo che faccio?
Un barlume di inaspettata lucidità mi suggerisce di riprendere tutta la scena col telefonino, quindi lo accendo e avvio la registrazione sperando che lo spettro non si incazzi e ciò che accade lo vedo attraverso il filtro dello schermo; il puntatore fogliforme vola da una lettera all'altra finche non si blocca, ha scritto il mio nome.
Balbetto qualcosa e l'oggetto torna a muoversi veloce, sempre di più finché si ferma sulla parola "CIAO", poi non si muove più e il cellulare interrompe da solo la registrazione.

Quella cantinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora