"Abiti da lavoro".
Entro e compro una di quelle tute blu con le bretelle e il berretto coordinato, scarpe antinfortunistiche e una cartellina da tenere sotto braccio.
In internet ho trovato il logo dell'ACEA e l'ho usato per creare un falso tesserino con Photoshop.Oggi sarò Teodoro Miso, ispettore della società ACEA che dovrà eseguire alcuni accertamenti nell'appartamento della signora Rossi, vedova Santoro, una dolce vecchietta che tengo d'occhio da qualche giorno dopo aver girato molti quartieri.
Alcuni sono abitati da troppe giovani coppie, altri sono vissuti da famiglie agiate e gli anziani non sono mai lasciati soli, altri invece sono troppo popolari, con famiglie numerose e infine di altri l'architettura non favorirebbe una mia fuga.La vedova invece vive in un'anonima e fatiscente palazzina a Monte Spaccato.
Niente vicini invadenti, niente parenti e i figli vivono fuori Roma. Oggi è sola.
Oggi morirà.
La studio da un po' ed ho ormai imparato i suoi orari; quando esce per la spesa o quando la vicina va a fare due chiacchiere.Entrerò in azione all'ora di pranzo, quando sarà sola e le altre persone saranno impegnate a mangiare e non presteranno attenzione ad eventuali rumori.
Ore tredici e un quarto, scendo dal quarantasei, percorro centocinquanta metri circa finché mi trovo davanti al suo portone. Spingo il bottone del citofono della famiglia Costanzo, lei è mezza sorda e lui cammina col deambulatore.: "Chi è?" Gracchia l'apparecchio. Come previsto risponde sempre la moglie.
"Buongiorno signora Costanzo, potrebbe aprire il portone? Sono Paolo, il nipote della signora Clelia."Non sente bene, modulo la voce ma chiamandola per nome e alzando il tono quando le dico il mio di nome e quello di mia nonna, apre subito il portone senza ribattere.
La ringrazio e la saluto, poi entro, sperando di non incontrare nessuno, in quel caso mi calcherei il cappello sulla fronte per non farmi vedere bene in volto e mi chiudo il portone dietro le spalle.
Scala A, salgo al secondo piano e suono al campanello.Una voce flebile e tremula risponde da dietro la porta ed io la chiamo per nome, presentandomi, dicendo che sono un addetto della ACEA e che dopo aver preso accordi telefonici sono venuto per controllare "quel problema".
Sento che mi guarda dallo spioncino ed io assumo l'espressione migliore che posso. Alzo leggermente un sopracciglio e mi mordo le guance dall'interno, stringendo debolmente il labbro inferiore fra l'indice e il pollice con lo sguardo fisso sul foglio attaccato alla cartellina.
Devo necessariamente dare l'idea d'esser impegnato a leggere quei numeri che ci sono scritti sopra e che "non tornano".Avverto chiaramente la sua indecisione dietro la porta e sento che sta per parlare ma la anticipo.
"Signora, non vorrei essere maleducato ma avrei altri appuntamenti." Sorrido.
"Mi scusi ma non ricordo di aver preso nessun appuntamento."Faccio finta di accigliarmi, guardo fisso nello spioncino per un paio di calcolati secondi poi scarabocchio qualcosa sul figlio.
"D'accordo signora, il signor....mmmh, Eugenio Santoro, suo figlio, ci ha chiesto di verificare la sua utenza ma se non la ha avvertita non possiamo far altro che andarcene e prendere un altro appuntamento." E faccio per girare le spalle.Mi chiede allora se posso aspettare qualche minuto affinché possa chiamare il figlio per conferma ma le rispondo laconico che non posso e aggiungo che il signor Eugenio Santoro dovrebbe essere più serio quando prende gli appuntamenti poiché sto lavorando e non posso perdere altro tempo.
La saluto, le auguro buona giornata mentre faccio finta di chiamare il mio capo al telefono. Attendo girato di spalle qualche secondo mentre insceno una conversazione a voce alta a cui do un tono seccato, quando la porta si apre.
Faccio finta di non accorgermi che la vecchietta abbia messo fuori la testa e proseguo con la recita, poi di colpo mi volto e dico al mio fantomatico interlocutore di attendere un attimo, poggio il palmo della mano sullo schermo del telefono e chiedo alla signora Rossi vedova Santoro se abbia cambiato idea.
Titubante mi invita ad entrare con la premessa che però chiamerà il figlio non appena sarò entrato in casa.Allora addolcisco poco la mia espressione, fingo di salutare il mio capo dicendo che il problema si è risolto, ripongo il telefono in tasca, mi avvicino, le sorrido e la rassicuro, poi chiedo il permesso e lei mi fa entrare. Una rapida occhiata alle mie spalle mi basta per rassicurarmi che sulle scale o sui pianerottoli non c'è nessuno.
Rimane sulla porta poi la richiude alle mie spalle; ora mi offre la schiena, non perdo tempo e da dietro le assesto uno schiaffo fortissimo sull'orecchio che dentro di sé ha l'organo dell'equilibrio ed è direttamente collegato al cervello. Cade svenuta a terra; dev'esserle esploso il timpano perché dal padiglione sgorga un rosso rivolo che si raccoglie in una pozzanghera di sangue sul pavimento.
Nessun rumore, nessun urlo. Regna il silenzio, fra poco qui ci sarà l'inferno.
~~~
Bracciano.
Cerca e fruga fra le cianfrusaglie rimaste a casa della nonna finché in un vecchio armadio trova una scatola con dentro una matita.Lo spirito della defunta nonna è stato obbligato dal demone a comunicare con quel Giuseppe che ha trovato poi la tavola ouija con cui ha poi aperto la porta per farlo passare in questo mondo ma la nonna in sogno gli ha detto di andare alla sua vecchia casa e cercare questa matita.
Una matita speciale in una scatola speciale con cui potranno comunicare, dal momento che la tavola ouija è stata ridotta in cenere.
Dentro ci sono anche dei fogli. Ne prende uno su cui scrive "CIAO", poi lo ripone dentro insieme alla matita. Qualche secondo dopo sente un lieve rumore come un bussare di nocche sul legno della scatola, la prende, la apre e vede che sul foglio c'è scritto "Ciao amore di nonna".

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Quella cantina
Mystery / ThrillerÈ un racconto fosco, nero, dove tutto si mescola senza poter dare la possibilità di capire nulla fuorché ciò che si vede alla luce della torcia. Tutto il resto si può solamente percepire. In una Roma quotidiana e consueta ci sono storie che mai avre...