Sono in camera, fa caldo, l'estate morde ancora e non lascia la presa nonostante sia pomeriggio inoltrato.
Quello che è accaduto alla Garbatella qualche giorno fa ha sconvolto tutta Roma e al telegiornale ancora si parla del "mostro" che ha massacrato quelle ragazzine.
In prima pagina su ogni quotidiano è caccia aperta al "pazzo sanguinario".Ricordo tutto quello ho fatto, sono consapevole del massacro che ho perpetrato.
Ricordo perfettamente ogni singolo rumore, ogni odore e quel delizioso spezzar d'ossa.
Le loro ossa così fragranti, hanno opposto una lievissima resistenza sotto le mia mani e i miei piedi e si rompevano come fette biscottate.Ma seppur so che in questa storia ho avuto un ruolo a dir poco fondamentale, in qualche piccola e recondita parte della mia coscienza sento d'esser solamente stato uno spettatore, o meglio un burattino.
Una perversa marionetta senza anima né pietà.Mi muovevo come se i muscoli non ricevessero ordini dal mio cervello ma da una fortissima volontà che forzava ogni sinapsi, ogni neurone e ogni fibra del mio essere, fin dentro gli atomi e gli elettroni che gli gravitano intorno.
Mi possedeva, tanto nel corpo quanto nello spirito; sono certo che avessi voluto uccidere quelle ragazze e lui me lo ha permesso amplificando all'ennesima potenza ogni mio desiderio, ogni oscuro pensiero e donandomi forza, velocità e soprattutto quella spietata follia necessaria per compiere determinate azioni.
Avverto che la mia anima si sta addentrando in un bosco oscuro, tetro e desolato da dove sarà sempre più difficile uscirne.
E più entro, più temo che non ci sia redenzione per quelli come me.Sono entrato nel pantheon dei mostri; veri, presunti e inventati.
Sono nel girone dei dannati per sempre.
Se fossi Dio avrei paura.Esco per camminare un po', ho bisogno di muovermi e voglio disegnare perché mi rilassa e soltanto mentre lo faccio la mia mente si distrae e vaga.
Sono in giro, zaino in spalla, cammino da solo e penso quanto sia importante che io uccida ancora. Devo farlo il prima possibile, è necessario.
Devo sporcare il mondo, insudiciarlo, renderlo ancora più scuro e precario perché è così che lo vuole lui e il suo progetto è già iniziato.Passo per Piazza Risorgimento e arrivo in Via Ottaviano, cammino svelto di fronte ai negozi, non mi interessa ciò che si trova dietro le vetrine ma quello che sta davanti, le persone. Voglio uccidere, voglio porre fine a qualche vita e voglio farlo in modo violento, definitivo.
Non devo regalare una morte dolce, devo entrare nella storia, ogni dio dovrà conoscere le mie gesta e farne parlare per millenni.Fra un'elucubrazione e l'altra mi ritrovo ormai di fronte all'ingresso della Metro Ottaviano, scendo, compro un biglietto alla macchinetta e vedo che una signora, forse inglese, pingue e un po' in la con gli anni, viene accerchiata da una masnada di ragazzini che cercano di depredarla di qualcosa; cellulare o portafoglio, nella maggior parte dei casi.
Le girano intorno, si propongono di comprare il biglietto al posto suo ma lei non capisce una parola e gira la testa a destra e sinistra confusa, poi uno di loro compie una mezza circumnavigazione e le passa alle spalle, prova ad infilare una mano nello zaino ma il tentativo va a vuoto per merito del marito che nel frattempo è sopraggiunto e lo caccia in malo modo.
La marmaglia scappa in ogni direzione cinguettando nell'indifferenza generale.
Oblitero svogliatamente il biglietto e scendo fino in banchina, direzione Battistini.Le fermate si susseguono: Cipro, Valle Aurelia, Baldo Degli Ubaldi, Cornelia e il capolinea; Battistini.
Esco e salgo, mi trovo a Primavalle, voglio trovare un posto tranquillo per disegnare un po'.
Percorro Via Battistini fino all'incrocio con Via Boccea, poi su fino a Torrevecchia, voglio disegnare le alte torri di quello che i residenti conoscono come "Bronx".

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Quella cantina
Mystery / ThrillerÈ un racconto fosco, nero, dove tutto si mescola senza poter dare la possibilità di capire nulla fuorché ciò che si vede alla luce della torcia. Tutto il resto si può solamente percepire. In una Roma quotidiana e consueta ci sono storie che mai avre...