Quando riapro gli occhi mi ritrovo sul letto; sudato, ho il battito accelerato, i capelli appiccicati alla fronte e un fastidioso sapore di ferro in bocca.
Mi guardo intorno, una strana e oscura sensazione aleggia pesante nella mia testa.
Cosa mi è successo?Mi ronzano le orecchie, sono stanco e quasi non riesco a muovermi. Sbatto forte gli occhi come se potesse servire a scacciare via la notte e la stanchezza ma le mie palpebre non sono magiche e tutto resta com'è. Intorno è buio e silenzioso, sono tramortito e confuso.
Cosa mai ho sognato?
Perché ho questa sensazione di clausura?
Mi sembra di soffocare, devo alzarmi e andare in bagno.
Scendo, mi cedono le gambe e cado sbattendo il viso sul pavimento. Mi rialzo faticosamente, mi duole lo zigomo e dal sopracciglio probabilmente sta cominciando ad uscire sangue. Mi rimetto comunque in piedi tenendo la mano sull'occhio e corro in bagno.
Vomito nella tazza.Dopo qualche minuto comincio a sentirmi meglio e mi sciacquo il viso, avevo ragione, il sopracciglio si è spaccato e lo zigomo si sta gonfiando.
Poi sento qualcosa nascere nella mia mente, come una piantina che spunta dal terreno. Un pizzicorino li, in fondo, una vaga melodia che piano piano si fa sinfonia; la riconosco, è l'ispirazione.
Devo disegnare.Corro in camera, mi siedo alla scrivania, prendo la matita e apro il blocco da disegno.
La prima pagina mi colpisce come uno schiaffo in pieno volto.
È talmente violenta e disgustosa l'immagine che mi si presenta che giro il foglio per qualche istante, devo assorbire la malignità del disegno.Riconosco in quei violenti tratti incisi sul giallo della pagina, i lineamenti distorti della creatura che sento d'aver sognato. Tiene stretta in ognuna delle mani la metà del corpo di un neonato.
La cosa che ritengo strana in tutto questo orrore, è che il piccolo corpo straziato del neonato è diviso in due verticalmente, dalla testa al pube ma non sembra sia stato sezionato, piuttosto, strappato.
I miei occhi, come incatenati, non possono fare a meno di perdersi nei minuscoli dettagli delle viscere di quell'innocente creatura, anche se la mente si rifiuta di proseguire.
Il piccolo cervello è deformato dalla pressione che il demone ha esercitato sulla sua piccola testa per aprirgliela e gli intestini sono una profana collana che penzola fra le sue dita adunche.Impossibile che io abbia disegnato coscientemente questo scempio, lo rifiuto.
Volto di nuovo pagina e un'invisibile mano afferra il mio polso e mi induce a disegnare.
Corti e nervosi tratti si susseguono come colpi di mitragliatrice mentre mi abbandono alla sua forza ancestrale.Piombo in un mondo oscuro e ora non disegno più.
Mi ritrovo a camminare lungo una via di cui riconosco soltanto l'architettura dei palazzi, sono quasi certo sia la Garbatella.Mi aggiro fra i lotti, palazzi arancioni e beige con mille finestre luminose, alti alberi con grandi chiome come giganteschi funghi.
Cammino, vago e cerco qualcuno.
Sento il bisogno di sporcare, depredare, distruggere e contaminare quello che c'è di puro e innocente al mondo.Poi d'un tratto le vedo, ecco le mie prede, due ragazzine, disgustose creature, vi ammazzerò!
Camminano ignare davanti a me, vanno nella mia stessa direzione. Le coglierò di sorpresa, alle spalle, penso.Accelero il passo, trotterello, poi corro spinto da una demoniaca potenza e in pochi secondi sono dietro di loro. Non ho le idee chiare, non so cosa farò e la rapidità con cui le piombo addosso non mi aiuta.
Istintivamente alla ragazza sulla sinistra do un fortissimo pugno alla base della schiena, all'altezza dell'ombelico per capirci e sento le sue vertebre rompersi come i gusci delle noci che mio nonno mi faceva mangiare a Natale.
Non urla come mi sarei aspettato, anzi cade in avanti senza fare un fiato. I suoi neri e lunghi capelli si sparpagliano sul marciapiede.
La sua amica ci mette qualche secondo a capire; prima fa un passo di lato squittendo come un topo, poi mentre si toglie i capelli dal viso mi vede.Ha gli occhi color nocciola, mi guarda ma non capisce cosa sia accaduto alla sua amica e perché io sia li, poi prende fiato; sta per urlare.
Il tempo si dilata, sento le nere fiamme dell'inferno bruciarmi il cervello, le ossa e i tendini, riesco a percepire ogni stilla d'aria che sta immagazzinando per prepararsi all'urlo, le narici si sbiancano un po', le labbra si dischiudono e i seni, davanti ai polmoni, salgono per fare spazio all'aria che entra.
Devo impedirlo.La cieca rabbia copre la lucidità che in questo momento servirebbe e solamente un barlume di idea trova corpo nella mia mente.
Porto veloce la mano destra all'altezza del suo viso, afferro forte la sua clavicola sinistra e nella stretta le strappo una manciata di capelli, neri come quelli della sua amica. Affondo le prime falangi nella sua carne, dietro l'osso e l'improvviso dolore le fa uscire soltanto il fiato senza la voce; "bene, non può più urlare" penso, ora non mi rimane che strappargliela dal corpo.
Tiro un colpo secco con tutta la mia forza ma la clavicola non viene via, piuttosto si spezza, la carne si squarcia e quella mi vola in mezzo alla strada proprio mentre passa un autobus.
La sublime melodia del fischio dei freni, aggiunta alle grida della ragazzina e a quella del botto che fa quando le diciannove tonnellate la schiacciano facendola esplodere, mi esalta.
In un momento d'estasi, rapito da quella scena comincio a saltare sulla schiena e sulla testa della sua amichetta rimasta a terra.
Rido, urlo e ballo il mio perverso sabba, finché sotto le mie scarpe non rimane che una poltiglia di vestiti, ossa spezzate e sangue.
Ho il fiatone, mi concedo qualche secondo per riprendermi da quell'emozione.
Sono ancora sopra il corpo della ragazza, con le mani sulle ginocchia e vedo l'autista che scende dal mezzo per vedere come stia la giovane che ha appena investito. Bestemmia e prega dio di non averla ammazzata. Qualcuno scende con lui, qualcuno si affaccia dalla finestra di casa; comincia la seconda aria dell'opera, quella trionfale, delle urla isteriche, delle imprecazioni e dei pianti.
Peccato debba andarmene.Giro i tacchi e comincio a correre da dove sono venuto, addentrandomi fra le viette del quartiere popolare.
Sono energico e ancora eccitato, ho appena massacrato due innocenti ragazzine e mi è piaciuto.Passo per l'ingresso di un lotto.
Salgo pochi scalini, supero le due vecchie colonne e mi accingo a passare sotto il balcone di un palazzo quando una fioca luce azzurrognola attrae la mia attenzione.Mi accosto e affianco al portone, proprio sotto al balcone c'è un aiuola e inciso nella corteccia di un vecchio pino vedo un pentacolo che brilla d'azzurro. D'istinto poggio il palmo destro della mano e mi trovo catapultato nell'altra dimensione.
Di fronte a me, come la scorsa volta c'è quella tremenda creatura.
Spettrale, tetra e interrotta, la sua nera presenza mi eclissa.
Non sento più alcuna eccitazione ma sprofondo in una cupa tristezza.Il terrore mi attanaglia, si avvicina fluttuando.
Il saio nero che lo avvolge si apre ed ora riesco a veder meglio la disumana fogna che ha nel petto.
Alcuni lembi di carne sembrano esser tenuti insieme da fil di ferro, è uno spettacolo ributtante.
Avverto chiaramente tutto il dolore e l'immane solitudine di cui è composto, la decadenza che lo permea è distintamente palpabile. Intorno a lui la luce muore."Bel lavoro. L'opera è appena cominciata."
Anche la voce brucia.In mano regge una matita.
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Quella cantina
Mystery / ThrillerÈ un racconto fosco, nero, dove tutto si mescola senza poter dare la possibilità di capire nulla fuorché ciò che si vede alla luce della torcia. Tutto il resto si può solamente percepire. In una Roma quotidiana e consueta ci sono storie che mai avre...