Coincidenze?

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Anche stavolta sono riuscita a sfuggirgli. Ma poi, in fondo, credo davvero che sia venuto al ristorante da Damiano per me? Può essere solo una coincidenza.
"Perché credi ancora alle coincidenze?" Mi chiede il mio alterergo.
Di solito no, ma quando si tratta di me, beh, l'insicurezza e la volontà di non illudermi hanno la meglio.
Infilo la chiave nel cruscotto della macchina, pronta a partire. L'idea che sia venuto al locale per me continua a girarmi nella mente e a muovermi qualcosa dentro.
È bello! L' ho visto abbastanza da vicino da percepire quel colore quasi smeraldo dei suoi occhi.
Ripenso alla volta precedente quando si è fermato nel parcheggio, fuori al freddo, con solo la giacca e una camicia bianca aperta sul collo.
Aveva qualcosa in mano, lo smartphone credo, per un attimo ho pensato di fermarmi, scendere e...non so, forse parlargli, forse chiedergli cosa ci faceva  li fuori, impalato, in un parcheggio pieno di auto, ma poi ho cambiato idea.
In fondo poteva essere uscito solo per fare una telefonata. Non ho resistito e gli ho fatto un sorriso, spontaneo, che mi veniva da dentro e me ne sono andata.
È rimasto fermo lì, finché non l'ho più visto nello specchietto retrovisore.
Ho guidato fino a casa continuando a pensare a quell'immagine.
Se mi fossi fermata cosa sarebbe successo?
Probabilmente sarei scesa, mi sarei avvicinata e...avrei puntato dritta alla sua bocca per baciarlo.
Perché io sono così, non riesco a resistere, non riesco a fingere, a fare tutte quelle menate che si fanno quando qualcuno mi piace o mi attrae...e lui mi attrae...moltissimo.
Sono tentata. Sono fortemente tentata di tornare nel locale, fingendo magari di essermi scordata qualcosa e vedere se è ancora lì.
Certo che sarà ancora dentro! Era circondato da non so quante persone che volevano  autografi, foto con lui e Higuan.
"Perché non gli hai chiesto una foto anche tu?" Mi domanda l'alterergo.
No, non potevo, troppo rischioso avvicinarmi a lui...troppo...non so...
Metto la retrò e faccio manovra per uscire dal parcheggio.
Scuoto la testa cercando di non continuare a pensare a quegli occhi, a tutte le ipotesi che mi passano per la mente e che poi scarto, perché se fuori posso apparire totalmente sicura di me, dentro c'è sempre la voce di una piccola bambina che ha sofferto l'abbandono del padre e continua a non aver piena fiducia nel sesso maschile.
"Beh, dai...un po' di fiducia si...almeno qualche volta...o per qualche momento"
Gli uomini vogliono sempre una sola cosa da una donna come me,  all'inizio...poi si stancano e passano alla prossima.
"Come ha fatto mio padre!" Mi dico a voce alta.
Già, come ha fatto lui...chiamarlo padre poi...non ricordo un suo gesto d'affetto, una carezza, un incoraggiamento, un "sei stata brava!", niente, non ricordo niente di tutto questo.
Un giorno se n'è andato, lasciando me e mia madre, per un altra donna, da cui aveva già una altra figlia...doppiogiochista del cazzo!
Laura. Mia sorella, Laura.
Laura che è entrata nella mia vita come un ciclone. Laura che ha vent'anni ed è rimasta incinta a diciannove.
Laura che si è presentata alla nostra porta un giorno del maggio scorso, bagnata dalla pioggia, sfinita dal viaggio e da quel pancione di quasi nove mesi che si portava dietro.
Laura che ha sempre saputo di me, di noi, di mia madre, della nostra famiglia perché lui, le aveva raccontato tutto alla morte di sua madre, la donna per cui aveva lasciato noi.
Non se la sentiva, lo stronzo, di prendersi sul groppone una figlia diciannovenne che era incinta, no! Doveva passare alla moglie numero tre della sua vita lui, doveva lasciarsi il passato alle spalle, doveva vivere, non era  e non è fatto per le convenzioni,lui.
E Laura è partita, con una sacca e il pancione, un ragazzo che l'aveva messa incinta e lasciata appena aveva saputo della bambina, un po' come suo padre, cioè nostro padre! Fanculo!
Non mi ha schocciato l'arrivo di lei, conoscere la sorella che sapevo doveva esistere da qualche parte, figuriamoci se uno come lui andava in giro senza sparger il suo seme a destra e a manca!
Mi ha sconvolto la facilità con cui una persona può voltare le spalle a una figlia, sangue del suo sangue, che in più aspetta un bambino, suo nipote volendo essere pignole.
È così Laura è entrata nella nostra vita, nella mia, in quella di mia madre Francesca, dei miei nonni Angela e Giovanni trovando una casa, e forse dando ancora più senso di famiglia a noi.
Due settimane dopo il suo arrivo è nata Marta. Una bimba di quasi quattro chili, capelli color miele e occhi azzurri, l'essere umano che ha cambiato le nostre esistenze rendendola solo più bella!
Sono andata in sala parto con lei, le sono stata accanto in dodici ore di travaglio finché non è spuntata quella testina con un vagito forte e chiaro quasi a voler dire "eccomi! E adesso ci divertiamo!!!"
Ho pianto di gioia, sono stata la prima a prenderla in braccio dopo la mamma è da allora si è creato quel legame che non si può spiegare e a cui sinceramente non cerco una spiegazione.
Mi guardò nello  specchietto e sorrido. Posso tornarmene a casa dalla mia bambolina ed essere felice di quello che ho, senza avere un uomo che mi complichi la vita.
Ingrano la marcia e mi avvio verso il cancello d'uscita. Costeggio il muro del ristorante di Damiano, vado piano mentre sento scricchiolare la ghiaia fine sotto le ruote della mia macchina.
Sto quasi imboccando il cancello, quando dall'angolo del caseggiato sbuca una figura che improvvisamente passa davanti alla mia macchina.
Pigio il piede sul pedale del freno e l'auto si arresta all'istante.
La frenata mi proietta in avanti e per poco non sbatto la fronte sul volante che tengo stretto con due mani.
Il cuore mi batte all'impazzata, l'adrenalina mi ha dato una scossa di terrore.
Ma da dove è sbucata quella figura?!
Alzo la testa di scatto e davanti non vedo nessuno.
"Oh signore l'ho investito! Dimmi di no! Dimmi di noooo!"
Scendo dall'auto e vado davanti al muso con l'angoscia di trovare una figura stesa a terra, ma non c'è nessuno!
Non posso essermi immaginata tutto.
"Sono abbastanza veloce, mi hai mancato! Però hai i riflessi pronti, complimenti!"
Dall'altra parte della mia auto, sotto l'ombra di un grande albero dove l'illuminazione esterna non arriva, sento una voce maschile dal l'accento non italiano.
La figura fa due passi in avanti e si rivela ai miei occhi, e non posso credere a quello che vedo.
Dybala. Paulo Dybala. Ho quasi investito Paulo Dybala!
Passo le mani nei capelli per poi accasciarmi appoggiando le mani sul cofano.
"Ehi, tranquilla, non mi hai nemmeno sfiorato...so calcolare le probabilità con una certa precisione..." Lo dice con una leggera risata, quasi compiaciuto della sua bravata.
Nella mia mente prende forma il pensiero che lo ha fatto APPOSTA!
La rabbia mi assale in maniera cieca!
Alzo la testa e lo guardo, fermo al lato opposto della mia auto, ci divide solo il cofano.
"Fammi capire: ti sei messo davanti alla mia auto di proposito? Cioè...TU, lo hai fatto apposta? SEI SCEMO O COSA!?"
Aggiro il muso dell'auto e con entrambe le mani lo spingo sul petto, lui non se lo aspetta e la mia spinta lo fa indietreggiare.
"...mi hai fatto prendere un infarto! Lo sai? Credevo di ever investito qualcuno! Ma come ti salta in mente! Eh?"
Continuo a spintonarlo. Non ride più, ha capito che sono veramente incazzata nera.
"Ok ho esagerato ma adesso calmati..." Dice
"Calmarmi...ma che problemi hai???"
Gli do' uno spintone più forte, ma lui è veloce e riesce ad afferrarmi il polso, mi attira verso di lui e mi prende entrambe le braccia, cerco di divincolarmi ma la sua presa e più forte della mia rabbia e in un attimo mi ritrovo con  la schiena contro il suo petto, una sua mano che mi tiene il braccio tra di noi dietro la mia vita e l'altro che mi trattiene il polso che combacia con il suo braccio e mi circonda appoggiandosi alla mia pancia
Sono in trappola.
Non posso muovere il braccio sinistro dietro la schiena ne quello destro davanti. Vorrei tirargli un calcio ma lui capisce subito le mie intenzioni e mi stringe di più.
Le sue labbra sono all'altezza del mio orecchio.
"Non ci pensare nemmeno a calciarmi! E fallo non lo sai?"
"Non siamo in campo...non lo sai?... E lasciami..." Gli rispondo cercando di muovermi.
"Si, che siamo in campo...eccome...se smetti di agitarti ti lascio andare...anche se ammetto che preferirei continuare a tenerti così...o così..."
In un attimo mi fa voltare. Non so come, ma senza che me ne accorga mi ritrovo a pochi centimetri dal suo viso.
Permuta contro il suo petto con entrambe le mani dietro la mia schiena trattenute dalle sue braccia.
La luce è poca, ma riesco a vedere le sue pupille che mi sembrano più scure di come le immaginavo.
La sua pelle è ancora abbronzata nonostante sia ottobre, ha le labbra leggermente sorridenti, sento il profumo di "ter d'hermes" che mi va dritto al cervello e d'improvviso la voglia di scappare e di sfuggire alla sua presa scompare.
Il sangue che mi sale al cervello non corre più nel senso della rabbia, sta prendendo la strada del desiderio, dell'istinto, della passione, della...voglia...una sensazione che conosco.
Smetto di cercare di sciogliere le mie braccia dalla sua presa restando così costretta ad aderire a lui che continua a tenermi ferma.
Lo sento. Sento il calore che passa dal suo corpo al mio. Sento il sue respiro nel torace che si alza e si abbassa. Sento quasi il suo battito regolare e leggermente accelerato.
Sento quello che sta provando. La lotta tra il lasciarmi andare e comportarsi da "bravo ragazzo" è la smania di cedere subito, ora e prendersi almeno in parte, ciò che vuole.
Mi fissa e ha smesso di sorridere, sembra quasi che mi stia studiando, che stia cercando di capire che cosa provo, che cosa sento, mentre cerca di trattenere quell'istinto da predatore che fa parte di lui.
Lo fisso di rimando, non abbassò gli occhi, non ci riesco e non lo voglio fare perché anch'io sono così, mi piace capire le persone, mi piace sentire le sensazioni che mi danno "a pelle" e lui, lui...è una cascata di sensazioni.
"Credi di tenermi così per molto?...perché la posizione è un po' scomoda per le mie braccia..." Gli dico con calma.
"Davvero? Ho visto che non ti divincolavi più come una pantera in trappola, pensavo fossi comoda..." Risponde a tono
"Ho detto che le braccia sono scomode..."
"Ah...il resto invece sta bene?"
"Direi che non c'è male...però ho ancora questo problema delle braccia dietro la schiena che, detto tra noi, iniziano a indolenzirsi..."
"Capisco...ma se ti lascio andare tu sparirai...come fai sempre...quindi..."
"Quindi?"
"Troviamo una soluzione per le tue braccia..." Sussurra
Velocemente porta le mie braccia dietro la sua schiena costringendomi ad abbracciarlo e ad essergli ancora più vicina, obbligandomi a sentire ancora di più il suo profumo.
Non mi libera però, continua a tenermi per i polsi.
"Così va meglio?" Mi chiede
"Si, resta il fatto che continui a tenermi i polsi".."
"Un dettaglio per impedirti di sfuggirmi..."
Il suo viso è pericolosamente vicino, molto,troppo, vicino per permettermi di ragionare e non lasciarmi andare all'istinto.
Lo guardo ancora negli occhi e capisco che mi sono già persa, che non me ne andrei nemmeno se mi liberasse le mani.
"Perché non fai quello che stai pensando?" Gli dico quasi sottovoce
Lui sembra stupito per un attimo, ma passa subito.
"E a cosa sto pensando?"
Non gli rispondo, non ho più voglia di parole ho bisogno di sensazioni, lo guardo negli occhi e poi fisso le sue labbra che sono molto più che una tentazione.
Passa un lampo nel suo sguardo, lo percepisco, una frazione di secondo in cui si sente spiazzato e dubbioso, ma scompare subito e vedo la sua testa abbassarsi verso di me.
Il contatto con la sua bocca è una scarica che mi percorre la schiena.
Morbidezza. Calore. Qualcosa di dolce e salato insieme.
Non ho bisogno di altro. Il mio stomaco si capovolge con una sensazione di vuoto. Il cuore parte a mille e ogni mio senso si risveglia.
Non ha bisogno di insistere per farmi rispondere al bacio perché sono pronta ad accoglierlo.
Apro la bocca e lascio entrare la sua lingua che incontra la mia in modo quasi titubante, ma appena si sfiorano, l'incertezza scompare.
Il suo profumo ha un effetto devastante sui miei sensi.
Sembra che le nostre bocche non aspettassero altro e forse è così.
Lascia andare i miei polsi liberandomi le mani.
Gli accarezzò la schiena mentre sento che le sue braccia mi avvolgono.
Continuo a baciarlo come se fosse mio, come se avessi fatto un viaggio lunghissimo che ci ha tenuti lontano e ora, finalmente ci ha ricongiunto.
Porto le mani al suo volto, accarezzandogli la mascella dalla linea precisa.
Infilo le dita nei suoi capelli e lo attirò ancora più vicino, non voglio staccarmi, non voglio lasciarlo allontanare, non voglio che finisca.
Lo sento attirarmi, stringermi di più a lui e spostarmi sotto le fronde dell'albero, dove nessuno può vederci.
Sento che si sta scostando un po' ma senza perdere il contatto.
Mi guarda senza parlare e gliene sono grata perché non cerco parole.
Le sue pupille sono profonde, profondissime...continuo ad accarezzargli una guancia e a guardarlo, come se davvero tutto fosse normale e per noi fosse sempre stato così.
È una sensazione assurda e folle, ma fantastica forse proprio per questo.
Stavolta sono io che mi avvicino e riprendo a baciarlo lentamente, delicatamente e in modo sensuale, perché è così che mi sento.
Lascia che gli stuzzichi le labbra per qualche secondo ma poi riprende con più foga di prima e stavolta il bacio e passionale e profondo, un esplosione di passione che può preludere solo ad altra passione, travolgente, spasmodica è quasi disperata.
Sento le sue mani scivolare sul mio sedere, le mie scendere sul suo petto, sotto il giubbino che indossa, sulla maglia che sfiora la sua pelle ma tiene le mie mani lontane dal suo corpo.
I respiri sono diventati corti e la consapevolezza che in questo momento niente può avvicinarci più di così mi fa provare quel desiderio di dolorosa insoddisfazione che urla nella mia testa e nel mio corpo.
Un inopportuno colpo di clacson spezza la realtà parallela in cui ci siamo catapultati.
Ci stacchiamo improvvisamente, guardandoci come se avessimo fatto una corsa a perdifiato e fossimo senza parole, senza idee, senza identità.
"Ma chi è che ha lasciato l'auto in mezzo all'uscita!"
La foce collerica di un avventore del ristorante ci arriva come una frustata.
La macchina è la mia ovviamente, abbandonata li, in un tempo spazio che quasi non ricordo.
"Devo andare..."  Riesco a dire solo questo.
"Aspetta..."
Mi afferra la mano per trattenermi
"Aspetta...MALENA..."
"Non posso, ho lasciato l'auto in mezzo al parcheggio..." E mi avvio verso la macchina, lui fa per seguirmi, ma si ferma sotto il bui riparo che gli offre l'albero, per non farsi vedere da occhi indiscreti che vedendo arrivare me dalla stessa direzione non ci metterebbero molto a fare due più due"
"MALENA! MALENA....por favor...non ho nemmeno il tuo numero...non so dove abiti..."
Lo sento lanciarmi queste parole mentre faccio il giro e vado alla portiera del guidatore.
Il ragazzo con la macchina ferma dietro la mia mi riconosce e si rabbonisce subito.
"MALENA!?" Mi chiama ancora
Mi sento confusa e sottosopra, piena di emozioni contrastanti che non so definire.
"Malena, dammi almeno il tuo numero..."
Potrei dargli il mio numero si, potrei, ma non ora, non con tutti questi sentimenti contrastanti.
Gli rivolgo uno sguardo è un sorriso prima di salire sull'auto.
"CERCAMI...mi hai trovato una volta, sono certa che saprai farlo una seconda..."
Non gli lascio il tempo di rispondere.
Salgo. Avvio il motore e parto. Lo vedo nello specchietto retrovisore, come l'altra volta, ma con una sostanziale differenza, la speranza che davvero mi cerchi, ma soprattutto che mi trovi.

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