"Stelle cadenti"

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IMPORTANTE:

La storia NON è la mia. Io la pubblico soltanto qui con il permesso dell'autrice :D (la storia la trovate anche su EFP pubblicata dall'autrice ufficiale).

"Harry. Sei arrivato", disse mia madre, scostandosi di lato per farmi entrare in casa, al caldo.

Avevo la neve sul cappotto umido e le guance gelate. Sfilai i guanti e la sciarpa, riponendoli sull'appendiabiti all'ingresso.Mia madre abitava in una casa a due piani, ben arredata e accogliente. Prima di sposare Darcy, amavo passare i miei giorni liberi lì, sul divano al centro del grande salotto.

"Dov'è Candy?", chiesi seguendola in cucina dove aveva apparecchiato la tavola per due persone."Aspetti qualcuno?", le chiesi indicando il piatto in più.

"Robert...", arrossì lei, spostandosi i capelli scuri da una spalla all'altra.

"Giusto", mormorai io, battendomi una mano sulla fronte.

Il suo nuovo marito era una persona apposto, gentile e adorava Candy come fosse davvero sua nipote... Ma d'altronde non potevo dargli torto: era difficile non affezionarsi a mia figlia.La prima cosa che ti rapiva, erano i due enormi occhi verdi, profondi e dolci come la Nutella in un giorno d'inverno.

"La piccola ha mangiato?", chiesi sedendomi su una sedia, afferrando la tazza di the che mia madre mi stava porgendo con delicatezza."

Non molto... Era un po' giù di morale questo pomeriggio. Darcy come sta?", disse in fretta.

Aveva una simpatia innata per mia moglie. Fin dal primo giorno che gliela presentai, l'aveva ben accolta, offuscata dalla dolcezza che lei emanava, proprio come la figlia che adesso si trovava chissà in quale stanza con lo sguardo rivolto verso il basso e le mani sudate per il nervosismo. La conoscevo così bene, che ormai sapevo cosa ogni singola emozione provocava al suo corpicino fragile.

"È a casa. Si sta riposando... Ha avuto una giornata faticosa", sorrisi involontariamente, ripensando a qualche ora fa.

Accavallai le gambe, facendo scorrere il liquido caldo nella mia gola secca e fredda, sentendomi più rianimato.D'un tratto sentimmo un tonfo e, senza pensarci un secondo di più, mi alzai di scatto rovesciando la sedia al suolo e corsi verso le scale.Candy era lì, al suolo, con i capelli neri legati in una treccia lunga e la frangia che le copriva la fronte. Gli occhi spenti e le labbra chiuse in una linea rigida.Fu un attimo, prima che i nostri sguardi si scontrassero e il mio cuore iniziasse a correre per l'amore sconfinato che provavo per quel piccolo esserino.Mi accovacciai vicino a lei, alzandola da terra per le spalle e sistemandole il vestitino azzurro con i fiori bianchi che indossava.

"Ciao...", sussurrai allacciandole la scarpa nera sinistra.Lei si torturò i capelli, imbarazzata, e quel gesto mi ricordò mia madre qualche istante prima.

"Ciao", soffiò, muovendo l'altro piede sul pavimento in legno.

"Candy... Io..."

"Ti porteranno via da me le tue fans?", mi chiese subito, bloccandomi.

Ecco cosa la terrorizzava: l'idea che avrebbero potuto portarmi lontano da lei.Sentii gli occhi inumidirsi ed una lacrima temeraria rigarmi la guancia sinistra.

"No, no Candy. Papà resterà sempre con te... Fin quando lo vorrai", le sorrisi mettendole una mano sulla guancia accaldata.

"E se lo volessi per sempre?", disse mettendo la sua manina sulla mia grande e calda, dalle dita affusolate.

"Allora ci sarò!", esclamai convinto, aprendo le braccia.Lei si catapultò all'interno, gettandosi su di me e baciandomi la guancia più volte.

"Mi sei mancato oggi... Volevo fare il pupazzo di neve, ma la nonna Anne non è imbranata come te", mi sorrise complice, andando vicino mia madre che le accarezzò la testa.

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