Capitolo 4- Preoccupazioni.

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Harold era stato agitato tutta la sera. Fin dal suo rientro non aveva smesso un momento di tamburellare le dita sul cuscino che teneva in grembo, seduto sul divano. Preoccupato sia per la nausea persistente di Liz che per l’incidente di Louis, non riusciva a concentrarsi su nessun programma tv. Scorreva continuamente i canali senza soffermarsi su nessuno in particolare. Troppo tormentato  da tutti quei pensieri sui suoi amici che gli ronzavano in testa. Alle 21 decise di telefonare a casa di Liz, per sapere come andava con il voltastomaco. Gli rispose la sorella maggiore, tranquillizzandolo e garantendogli che la ragazza si era presa solo un’indigestione con l’aggiunta di un giro sulle montagne russe. Nulla di grave quindi, pensò Harold.

Dopo aver riagganciato prese tra le mani il cellulare e restò fisso con lo sguardo sul nome Louis. Avrebbe voluto chiamare prima lui in realtà, ma qualcosa glielo aveva impedito. Lo stesso qualcosa che anche ora sembrava bloccargli le dita. Senza indugiare ulteriormente, Harold lasciò cadere il cellulare sul sofà e si spostò nella sua stanza.

Erano le 22.30 e il soffitto della sua camera non gli era mai parso tanto monotono. Non riusciva a pensare, avrebbe solo voluto sapere come stava il suo migliore amico. Si mise a sedere sul materasso, guardò l’orologio, se si fosse sbrigato, avrebbe raggiunto la meta in meno di un quarto d’ora.

Seduto su un marciapiede, Harold iniziava a sentire l’aria pungente della notte. Le orecchie si erano intorpidite e malediceva se stesso per non aver portato con sé uno dei suoi cappelli.

Si sistemò con la schiena contro un’auto parcheggiata e cercò di non cedere al torpore che lo tormentava. Non poteva certo addormentarsi ora.

«Hei, Harry…»

Aprì gli occhi all’improvviso, rendendosi conto che nella sua lotta tra il sonno e la veglia, l’aveva avuta vinta Morfeo; e vide Louis. Gli suonò strano in quel momento sentirsi chiamare Harry, di solito gli amici lo chiamavano Har. Teoricamente sarebbe stato più carino Harry, ma per qualche strana ragione, solo suo nonno lo chiamava così, prima di andarsene per sempre.

Si rizzò immediatamente e cercò di darsi una ripulita agli abiti, un po’ impolverati.

«Lou, che ti hanno detto i medici?»

Louis gli spiegò tutto ciò che gli era stato detto al pronto soccorso, mentre si strofinava leggermente il braccio con l’altra mano. In tutti quegli anni di amicizia, Harold non lo aveva mai chiamato “Lou” ed ora gli suonava così familiare che avrebbe quasi voluto chiedergli di non usare più il suo nome di battesimo, ma soltanto quell’adorabile diminutivo.

Harry gli sorrise, soddisfatto di aver scelto quel modo per conoscere le sue condizioni e sollevato nel sapere che andava tutto bene.

«Louis, invita Harold a dormire da noi. Non gli permetterò di andarsene in giro con questo freddo e per giunta di notte!» Urlò la madre dalla finestra della cucina. Lui fece spallucce, sorridendo ad Harold.

«Non posso proprio rimanere, mi dispiace. Tranquillo, sarò a casa tra pochissimo, conosco molte scorciatoie. Ringrazia tua madre per l’invito, ci sentiamo domani. Okay? Buonanotte!» Parlò così in fretta che Louis fece fatica a recepire, e mentre lo vide allontanarsi, tutti i suoi sogni di una notte di chiacchiere insieme, andarono in fumo. Lo avrebbe sognato quella notte, non c’erano dubbi.

Sulla strada di casa, Harold passò accanto all’abitazione di Liz, e si chiese se stesse dormendo, in quel preciso istante la luce della stanza della ragazza si accese e lui vide una sagoma scura camminare avanti e indietro per la stanza, ripetutamente.Avrebbe voluto tirarle dei sassolini sulla finestra, come aveva visto fare nei film, ma gli parve una pessima idea quando, guardandosi intorno, notò solo sassi di dimensioni eccessive che avrebbero rotto il vetro se lanciati. Optò per una soluzione più consona al ventunesimo secolo: un SMS.

-Sei sveglia?-

La risposta di Liz non si fece attendere molto.

-Si, non mi sento molto bene.-

Harold a quel punto non esitò un momento e le chiese di aprire la finestra.

«Che ci fai qui?» chiese la ragazza stupefatta.

Our Secret. -Larry Stylinson-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora