Capitolo 17 - Non ci resta che pregare.

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Angolo autrice:

Perdonate questa intromissione, ma volevo avvertirvi che sarò a Londra da Martedì a Domenica e quindi non potrò aggiornare purtroppo. Non odiatemi! Vi lascio con questo capitolo e grazie a tutti coloro che seguono la ff e che la votano, vi adoro!❤ ❤ Un bacione e a presto bellezze!

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Le lacrime correvano veloci sul suo viso, la fredda aria di quel pomeriggio sembrava rispecchiare appieno il suo stato d’animo. Harry correva, correva come non aveva mai fatto in vita sua. Correva contro il tempo, contro il destino, contro la vita e la morte.

Come poteva Liz essere malata così gravemente? Come poteva averglielo nascosto fino a quel momento?

Non riusciva a spiegarsi nulla, il caos affollava i suoi pensieri e gli riempiva il cuore di dolore.

Le nuvole grigie coprivano il cielo azzurro e promettevano pioggia. Il vento freddo che sferzava le sue guance sembrava essere uscito dalla sua anima, l’oscurità che si era abbattuta sul suo viso sarebbe stata evidente a chiunque lo conoscesse. Louis probabilmente avrebbe potuto trasmettergli un po’ del suo coraggio. Avrebbe desiderato terribilmente un suo abbraccio. Mentre continuava la sua corsa disperata, Harry pensò a quanto la vita possa essere crudele, a quanto ogni giorno sia prezioso per ognuno di noi. Nessuno sa in che momento se ne andrà da questo mondo, né come, quindi tutto ciò che resta da fare è vivere. Vivere con la “V” maiuscola, senza farsi fermare da niente e nessuno, vivendo ogni proprio sogno e cercando di rendere ogni nuova alba migliore del tramonto precedente.

Harry correva ancora, cercando di trovare le parole giuste. Voleva capire. Doveva capire.

Arrivò davanti all’abitazione dell’amica e si bloccò. Il fiato corto, la vista annebbiata dallo sforzo esagerato, aveva corso per otto chilometri in una manciata di minuti. Le gambe tremavano, per l’impegno e per la paura. Cosa le avrebbe detto? Non ne aveva idea, ma era il momento di agire.

Suonò il campanello.

Fu proprio Liz ad aprirgli la porta.

La pima cosa che Harry notò fu anche la più banale. Era struccata. “Certo!” pensò lui. Ecco perché era sempre perfetta ultimamente, piena di ombretti, rossetti e robe varie. Voleva nascondere il pallore e il malessere che trasparivano dalla sua pelle.

La esaminò da capo a piedi. Indossava una t-shirt rosa spento ed un pantalone della tuta sgualcito. I capelli arruffati in una coda malfatta.

«Hey Har! Non ti aspettavo più.» Sorrise.

Lui si irrigidì e pensò a come avrebbe dovuto iniziare il discorso. Ma il cuore non riuscì a reggere tanta pressione e le parole gli uscirono di bocca come un fiume in piena.

«Quando? Quando pensavi di dirmi della malattia, Liz?»

I suoi occhi si velarono di lacrime. L’immagine di Liz si offuscò.

«Har io…»

Lei abbassò lo sguardo, mortificata.

«Posso entrare? Ho bisogno di parlarti.»

La ragazza annuì e si fece da parte.

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Sdraiato sul suo letto Harry ancora faticava a credere che tutto ciò che era accaduto quel giorno fosse la dura realtà. Liz gli aveva parlato della loro amicizia a casa sua, si erano seduti sul sofà con una tazza di tè fra le mani e lei aveva iniziato a ricordargli quanto fosse stato bello essere sua amica. Harry ricordava ogni singolo aneddoto, dal secondo giorno di scuola materna, quando lui le aveva messo la colla sulla sedia, al primo giorno di superiori quando lui era stato costretto a presentarsi a scuola con un cappellino di lana visto che lei gli aveva tinto i capelli di verde mentre dormiva. Avevano riso insieme, dimenticando per qualche ora il perché della sua visita improvvisa, poi lei si era rabbuiata ed aveva iniziato a spiegarsi.

Aveva scoperto la malattia un mese e mezzo prima, durante una semplice visita di routine. I medici non erano stati subito in grado di chiarirle quali fossero le sue aspettative di vita. L’avevano sottoposta ad innumerevoli esami, era stata bucata come un colabrodo per ogni iniezione ed ogni prelievo di sangue. Poi la diagnosi chiara.

“Signorina, il suo corpo sta cedendo. Il tumore al cervello ormai è inoperabile. Possiamo tentare con la chemioterapia se lo ritiene giusto. In questo momento, la sua aspettativa di vita è di circa due mesi, forse tre. Ci dispiace molto.»

Harry continuava ad immaginare Liz in ospedale, in una squallida stanza bianca, spoglia, vuota, che non rispecchiava per niente il suo essere. Il suo cuore si lacerava al ricordo dei suoi occhi quando aveva ripetuto “la sua aspettativa di vita è di circa due mesi, forse tre”. Cosa c’era di sbagliato in lei? Perché fra tante persone quel male aveva dovuto abbattersi proprio su di lei?

La cosa che più lo feriva era la forza di Liz. Sì, perché lei non si era arresa ed aveva intrapreso una lotta con la malattia. Aveva iniziato immediatamente con la chemio, sperando sortisse qualche effetto e che le desse almeno modo di apprezzare un po’ di più la vita che tanto sognava.

Sua madre aveva lasciato il lavoro per passare con lei più tempo possibile, mentre il padre procedeva con la sua attività medica, cercando i migliori specialisti del paese e sperando che volessero operare Liz. Lui, anche essendo un chirurgo coi fiocchi, non ne sarebbe stato capace.

Sfortunatamente la situazione della ragazza era già molto grave e nessun medico accolse la supplica dell’uomo. Nessuno avrebbe voluto accorciarle ulteriormente la vita con un intervento finito male.

“Non ci resta che pregare.”

Le disse un giorno la madre, e lei capì quanto realmente fosse problematica la sua condizione.

Harry si stropicciò gli occhi nel tentativo di bloccare le lacrime.

Aveva scoperto cosa significava avere un ragazzo ed ora stava per perdere la sua migliore amica. Perché?

Our Secret. -Larry Stylinson-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora