«Scusi, sa dove posso trovare Dan Parker? E’ stato portato qui poco fa.»
Louis era fermo al banco informazioni. Un’infermiera bassa e paffuta era dall’altro lato, seduta su una sedia girevole davanti ad un computer.
«Stanza 209. E’ un parente?»
«Grazie!»
Louis si voltò ed iniziò a camminare in direzione degli ascensori.
«Dannazione! Ma che vi prende oggi? Non potete rispondere se vi si fa’ una domanda?»
Sentì la piccola donna imprecare da dietro il bancone, proprio contro di lui. Sorrise. Qualcuno non era di buon umore quel giorno.
Premette convulsamente il pulsante di chiamata. L’ascensore non arrivava. Nella sua mente intanto un pensiero su tutti si fece largo. Che fine aveva fatto Harry? Lo aveva chiamato quattro volte da quando Theo lo aveva avvertito dell’incidente di Dan. Avrebbe voluto andare con lui in ospedale, ma evidentemente il suo ragazzo aveva altri piani. Theo gli aveva detto di averlo già avvertito. Allora con lui aveva parlato. A Theo aveva risposto. E perché a lui no? Lo stava ignorando di proposito? Aveva fatto qualcosa di sbagliato?
Mentre nella sua testa continuavano ad affollarsi milioni di domande, sentì un debole “din” e le porte d’acciaio davanti a lui si spalancarono, lasciando uscire una ragazza incinta, due uomini corpulenti, un paio di medici con tanto di stetoscopio al collo e qualche infermiera.
Entrò con due passi e premette con forza il pulsante 3, quasi convinto che spingerlo più forte lo avrebbe fatto arrivare più in fretta al piano. Tamburellava le dita sul corrimano interno alla cabina, nervoso come poche altre volte in vita sua. Per Dan, per Harry, anzi no, per Harry e Liz e per tutto ciò che non riusciva a spiegarsi.
“Oh dannazione! Sei qui per il tuo amico, al ragazzo scomparso penserai dopo!”
Il suo subconscio lo rimise subito in riga.
Annuì a sé stesso. Doveva solo andare da Dan per sapere come stava e cosa gli era accaduto. Del resto si sarebbe occupato dopo, una volta a casa. O quando Harry si fosse degnato di rispondere al telefono.
“Din”. Di nuovo. Era arrivato al terzo piano.
Uscì dall’ascensore correndo, poi si bloccò, cercando con lo sguardo i numeri accanto alle porte.
Capì che doveva addentrarsi in quello sterile corridoio che gli si parava davanti per cercare l’amico. Sembrava uno di quei film dell’orrore con cento porte tutte identiche da entrambi i lati e qualcosa di oscuro e malvagio che ti osserva. Vedere horror senza nessuno in casa, evidentemente, non era un’esperienza da ripetere, per lui. Forse avrebbe dovuto vederli con Harry. Certo, così poi avrebbe dormito tranquillo tra le sue braccia, al sicuro da tutto e tutti.
“209, eccoti qua!” Pensò mentre arrivava davanti alla stanza di Dan.
Aprì la porta e se lo trovò di fronte. Tutto solo in quel letto asettico. Dormiva, beato, come se nulla fosse accaduto. Probabilmente non aveva niente di pericoloso o non lo avrebbero lasciato a sé stesso in quel modo. Scorse una sporgenza all’altezza dei piedi dell’amico, così sollevò il lenzuolo. Aveva il gesso al piede. Okay, almeno ora sapeva che si era rotto il piede, o la caviglia, o qualcosa da quelle parti. Per il resto, se c’era qualcos’altro di cui essere a conoscenza, lui non lo sapeva. Possibile che Harry non fosse lì? Possibile che nemmeno Liz ci fosse?
La sua mente si bloccò per un istante di troppo su un’eventualità che non aveva ancora preso in considerazione. Nessuno dei due era lì con Dan. Possibile che stessero arrivando insieme? O che forse fossero già stati lì, insieme?
Si prese la testa fra le mani, accostandosi alla poltroncina di fianco al letto dell’amico e vi si lasciò sprofondare. Continuò a ripetersi sottovoce di mantenere la calma. Se avesse messo in pratica metà delle cose che gli stavano venendo in mente, probabilmente sarebbe stato ricoverato in psichiatria prima della mezzanotte.
Ma che ora era, a proposito? Le cinque e tre quarti. Che orario di merda. Tardi per un tè e presto per la cena.
Si guardò intorno, notando quanto fosse spoglia la stanza. Nemmeno un fiore, un palloncino, nulla. Ma solo nei film si portavano cose carine agli amici in ospedale? Si, okay, nemmeno lui aveva portato nulla, ma era corso lì in fretta e direttamente da casa. Harry e Liz se stavano arrivando, avrebbero dovuto portare qualcosa. Ne avevano avuto abbastanza di tempo. No?
“Tomlinson smettila. Stai diventando paranoico.”
Il suo subconscio tornò all’attacco.
Sbuffò e si stese sulla poltrona, allungò le gambe e si guardò i piedi. Le Vans nuove di zecca erano già tutte sporche di sabbia. Maledetto idiota. Era passato nel vialetto correndo quando era uscito di casa ed aveva sollevato un polverone. Ora da blu, le scarpe sembravano color jeans.
“Innovativo Tomlinson”, pensò.
Se non altro aveva inventato un nuovo colore per le sue scarpe preferite. Non come gli stivaletti assurdi di Harry. Quanto odiava quelle scarpe. Gli ricordavano tanto sua nonna. Li aveva molto simili e li metteva in inverno per andare a fare la spesa quando fuori c’era la neve. Perché un ragazzo bello come Harry dovesse rovinare la propria immagine con quel tipo di scarpe, scamosciate per giunta, lui proprio non sapeva spiegarselo, ma in fondo, erano una delle tante imperfezioni che lo rendevano perfetto. Una delle tante imperfezioni che lo avevano fatto innamorare di lui.
Sorrise all’idea di Harry con indosso quegli stupidi stivaletti e si alzò per andare alla finestra. Tirò su le tapparelle socchiuse e diede un’occhiata rapida. Si affacciava proprio sul piazzale principale, dove c’era l’ingresso.
Sembravano tante apette operose, le persone si spostavano avanti e indietro intente ad adempiere ai loro incarichi, ma il suo sguardo si soffermò un momento in più su due di loro. Sembravano una coppia.
E in quell’istante realizzò che i suoi peggiori incubi stavano diventando realtà.
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Angolo Autrice *SPECIALE* :
Ciao a tutti! Come state?? Scusatemi per questi angoletti che mi ritaglio sempre più spesso nei capitoli, ma mi piace davvero molto interagire con voi.
Beh oggi c'è un motivo speciale per cui sono qui ad infastidirvi. E' il compleanno di una delle mie migliori amiche, per la precisione, la santa ragazza che mi ha aperto gli occhi sui Larry e che mi ha sempre sostenuta da quando ho iniziato Our Secret. Lei è stata la mia forza quando avevo pochissimi lettori e pensavo sempre il peggio per la ff. Ogni giorno lei era lì e mi sosteneva, credendo in me e così è ancora oggi, anche se abbiamo raggiunto un bel numero di visualizzazioni e voti. Devo quindi ringraziarla pubblicamente per tutto ciò che ha fatto per me.
Fefè sei stata geniale, stupenda e come sai già, non ce l'avrei fatta senza te. Grazie di cuore, questo capitolo è dedicato a te. Ancora buon compleanno piccolina! ❤❤
Ps: Grazie infinite a tutti voi che leggete, commentate e votate. Fidatevi quando vi dico che la stellina non morde e potete cliccarla tranquillamente! Ahahah! Lasciate tanti commenti, mi fanno sempre piacere! Un bacio bellezze ❤
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Our Secret. -Larry Stylinson-
FanfictionBrutta storia chiamare Amico chi vorresti chiamare Amore, non credete? "Sometimes new love comes between old friends. Sometimes the best love was the one that was always there." Larry Stylinson, la mia ispirazione.