~~ Capitolo 1 ~

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- LEONARDO ROTH -

Guardo Manhattan ai miei piedi già piena di vita e sono solo le sette del mattino. Una città trafficata ad ogni ora e non si trova pace nemmeno la notte. Per quanto mi riguarda non è un grande problema, la notte non la spendo sempre a dormire. Proprio come questa notte.

«Leo, torna a letto.» dice una voce femminile alle mie spalle.

Mi volto e sorrido guardando il corpo nudo sopra le lenzuola blu notte. La pelle candida risalta, come i capelli, scompigliati dalle mie dita che si sono infilate fra le ciocche bionde.
Le sorrido, pronto a tuffarmi nuovamente fra le sue gambe, ma tutti i miei propositi sfumano quando sento la suoneria del mio cellulare.
Un suono che invade la stanza e mi provoca fastidio.

Non sopporto quando le persone mi chiamano al mattino presto, soprattutto nei miei giorni di vacanza. Sono ufficialmente in ferie, l'ultimo giorno, ma comunque non dovrei essere disturbato. Per chiamarmi a quest'ora potrebbe essere solo il lavoro, quindi nulla di buono. Lavoro vuol dire mio padre, e per sentire la sua voce al mattino, ne farei anche a meno.

Sbuffo avvicinandomi alla scrivania dal piano di vetro e le gambe bianche con tre cassetti pieni di oggetti. Il ripiano è spoglio, come tutta la mia camera, sembra quasi non abitata, ma i cassetti smentiscono l'abbandono, come l'unica fotografia presente nella stanza accanto ad una mensola occupata da qualche libro. Una fotografia che mi ricorda giorni felici, spensierati e che non torneranno.
Guardo lo schermo e ancora prima di rispondere sono nervoso.

«Ciao.»

«Vieni subito in ufficio. Ora.»

Chiude la chiamata e io rimango a osservare il pavimento grigio chiaro e freddo. Lo sento sotto la pianta dei piedi gelato come il tono di mio padre, non che sia mai stato caldo nei miei confronti. Nemmeno da bambino mi ricordo la dolcezza nella sua voce.

Stringo le mani a pugno e cerco di darmi una calmata. Se mi vuole in ufficio a quest'ora non è nulla di buono e non so nemmeno che cazzo voglia da me. Sono in vacanza, non ho fatto nulla di stupido e sono finito sui giornali poco rispetto alle mie ultime vacanze.

Non dovrebbe disturbarmi oggi, potrebbe rimproverarmi domani, o qualsiasi altro giorno e vorrei farglielo presente, ma evito di dare il via ad un'ulteriore discussione. Qualsiasi cosa io dica non va bene, inutile provarci e non ho nemmeno voglia di iniziare di prima mattina a litigare.

«Vieni qui.» dice nuovamente la bionda interrompendo i miei pensieri.

«Alzati, te ne devi andare.»

Si mette seduta esponendo ancora di più il suo corpo e guardandomi male. «Cosa significa?»

«Ora ti chiamo un taxi.» dico componendo il numero del portiere.

Si occuperà lui di chiamare un taxi per me e uno per la bionda che a quanto pare non ha alcuna intenzione di levarsi dalle palle. Sono già nervoso di mio e questa notte non è stata delle migliori, perciò dovrebbe smetterla di darsi tutte queste arie ed esporre il suo corpo in questo modo. Mi è bastato averla questa notte e non voglio che si monti la testa.

Non sopporto le ragazze che credono che ci sarà altro dopo una serata del genere. Ci siamo incontrati in un locale, ballato, bevuto un drink e poi siamo venuti a casa mia. Cosa pensa che ci potrebbe essere? Dovrebbe esserle ben chiaro che è stata solo una scopata, sa chi sono. Tutte le ragazze che frequentano i miei giri sanno chi sono e non solo loro perché finisco spesso sulle riviste di gossip. Non che mi dispiaccia, c'è sempre la ragazza che crede di poter essere quella giusta, ma non ci casco. Io non mi affeziono e non ci penso nemmeno a farmi prendere per il culo da un bel faccino un'altra volta.

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