~ Capitolo 11 ~

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- 14 luglio -

Sono passati due giorni e ancora Leonardo non è tornato. Lo so da sola che non dovrei pensarci, ma ogni volta che vedo qualcuno entrare dalla porta una parte di me spera che sia Leonardo. Sentimento davvero sbagliato, ma proprio non riesco a farne a meno. I miei occhi schizzano verso la porta d'ingresso, rimanendo costantemente delusi.

«Bonjour!» dice Arielle entrando sorridente con due bicchieri di caffè.

É da due mattine che mi porta la colazione in galleria e sono felice del suo gesto, anche se credo che lo faccia perché si sente ancora in colpa. Devo ammettere che ne ho approfittato, ma forse è un po' crudele da parte mia perché l'ho perdonata quasi subito, insomma, giusto il tempo di sbollire la rabbia. Lei l'ha fatto solo a fin di bene.

Ricambio il sorriso, soprattutto per il caffè che mi ha portato. La mia vita passata in America in questi casi si fa sentire perché nonostante la bontà del caffè in queste zone, preferisco quello allungato con l'acqua. Molte persone lo considerano brodaglia, ma proprio non riesco a farne a meno. Sono nata a New York, non si può pretendere che mi abitui a tutto così in fretta, sono qua da poco tutto sommato e mi sono dovuta abituare anche al cibo. In realtà non è stato così difficile, i miei nonni materni erano di origine francese e ricordo ancora alcuni dolci tipicamente francesi che la nonna mi preparava quando ero piccola.

«Come ti senti oggi?»

«Bene.» rispondo appoggiandomi alla scrivania al suo fianco. «Mi piace che passi a salutarmi ogni mattina, ma non è necessario.»

Si stringe nelle spalle appoggiando la borsa a terra e le cartelletta rossa sulla scrivania. «Mi piace passare del tempo con te.»

«I tuoi appuntamenti?»

«Sempre dopo le dieci.» risponde bevendo un sorso del suo caffè francese mentre con lo sguardo perlustra la strada davanti alla porta.

Oggi é festa nazionale, la Presa della Bastiglia, ma ho deciso comunque di tenere aperto. Molti negozianti fanno orario ridotto, nonostante sia piena estate e le strade brulicano di turisti. Non sono francese e non ho molto da festeggiare, soprattutto non avendo nessuno con cui festeggiare. Lo scorso anno sono stata nel mio appartamento a mangiare un panino e quest'anno non sarà diverso.

Mi volto verso la mia amica e la osservo nel suo tailleur impeccabile scuro e la camicia chiara, con scarpe dal tacco alto che mi chiedo come faccia ad indossare ogni giorno. Al suo fianco sembro ancora più una ragazzina, anche se non abbiamo molti anni di differenza, ma il mio abito leggero a fiori e le ballerine non mi aiutano.

La vedo irrigidirsi all'improvviso e poi sorridere cercando di nascondere la bocca dietro il bicchiere.

Mi volto verso l'entrata e noto un ragazzo dai capelli castani che si guarda velocemente intorno prima di appoggiare il suo sguardo su di noi e sorriderci. Cammina tranquillo, sicuro di sé e per un secondo mi viene in mente Leonardo, ma scaccio in fretta il suo pensiero. Non é decisamente il caso di fare dei paragoni assurdi.

«Bonjour!» esclama sorridente.

«Bonjour.» risponde Arielle ammiccante. «Ha bisogno d'aiuto?» chiede in inglese, intuendo probabilmente dall'accento che il moro non è francese.

Il ragazzo ricambia l'occhiata maliziosa mentre io alzo gli occhi al cielo. Non é possibile che Arielle riesca a rimorchiare persino nel mio negozio. Ha una dote incredibile e li trova sempre molto carini. Devo ammettere che questo ragazzo non è male, ma dopo quel sorriso capisco che è meglio stargli alla larga.

«Volentieri.»

«Qualcosa in particolare?» chiede appoggiando il bicchiere sulla scrivania e portandosi una ciocca di capelli sfuggita alla presa ferrea dell'acconciatura dietro l'orecchio.

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