~~ Capitolo 3 ~

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- SOPHIE ANDERSON -
- 3 luglio -

Sono solo le nove del mattino di una noiosa giornata di fine giugno. Mi rendo conto che è troppo presto per aprire il mio negozio, o meglio dire galleria d'arte e nel seminterrato l'atelier. Ovviamente la parte inferiore è chiusa al pubblico, non voglio che si sappia che sono una pittrice. Ho il bisogno di mantenere un certo anonimato.
I turisti non arrivano mai prima delle dieci, ma mi piace aprire con calma e mettermi a bere il tè alla menta, il mio preferito. Nel frattempo sistemo i quadri all'ingresso e il tavolino con gli sgabelli all'esterno.

Vivo a Mougins da oramai un anno, è un borgo a pochi chilometri da Cannes, ma non ha assolutamente nulla a che fare con quella città. É prima di tutto un posto pacifico, immerso nella natura e circondato dall'arte. Ci sono numerose gallerie e atelier che riempiono le vie strette e circolari in cui si sviluppa la città e dove si viene circondati dal profumo di arte e tranquillità. Gli edifici antichi sono ricoperti da piante e colori e fuori dai negozi ci sono panchine, tavolini e sgabelli, dove potersi sedere qualche istante e godersi l'atmosfera particolare che aleggia nel borgo. Atmosfera di serenità e un profumo di dolci appena sfornati, gelsomini, lavanda e tempera che invade ogni strada della parte vecchie di questo splendido borgo.

Subito dopo aver aperto i due battenti della porta, metto fuori il tavolino rotondo in ferro battuto e appoggio sopra il bicchiere termico di tè che profuma l'aria circostante. Da dietro la scrivania di vetro prendo i due sgabelli con i cuscini colorati e li metto accanto al tavolo.

Osservo i miei vicini, ma come al solito sono chiusi con le grate in ferro e non apriranno fino alle nove e trenta.

Da quando mi sono trasferita ho notato che i francesi iniziano a lavorare tardi rispetto all'America. I bar aprono alle nove, ma spesso è quasi inutile e sono privi di clienti tanto che i camerieri sbadigliano senza ritegno. Ovviamente non é così dappertutto, ma l'andamento generale nel sud della Francia é questo.

Non è stato facile abituarmi a questa nuova vita, ma avevo bisogno di allontanarmi dalla mia famiglia e da tutti i problemi che mi circondavano. Non dico che ora sia semplice, ma almeno mi sono allontanata dal mio ex fidanzato, se così posso definire quello stronzo approfittatore. Quell'incubo che mi tormenta ancora oggi. Mando mensilmente soldi ai miei genitori perchè mio padre ha bisogno di denaro per le cure di mia madre. Soldi che sono certa usi anche per altri suoi scopi che mi fanno rabbrividire, ma non posso non mandarli. Lui mi ha cresciuto meglio che ha potuto e nonostante gli sbagli che ha fatto, rimane sempre mio padre.

Il trasferimento è stato un colpo di fortuna anche se i primi mesi per mantenermi e mandare soldi ai miei genitori, è stato alquanto difficile. Dovevo risparmiare molto sul cibo, ma poi tutto è migliorato quando sono riuscita a vendere un mio quadro ad un ricco signore russo che me ne ha commissionati altri due, e dopo di lui anche un americano ed è partita la mia carriera d'artista. Questo mi è stato possibile con l'incontro di Arielle, mercante d'arte, ma anche mia amica. La prima e unica amica che ho qui in Francia.

Ho il mio giro di clienti, anche se non è grosso, ma comunque mi permette di continuare con la mia vita senza troppi problemi. Nessuno di loro sa chi sono e dove vivo, solo Arielle lo sa, ma ho firmato il contratto in cui resterò nel completo anonimato.

Inizialmente Arielle, quella che posso definire agente e amica, mi ha proposto di presentarmi al pubblico in modo da attirare più clienti e partecipare anche alle mostre, ma ho rifiutato. Espormi troppo, vorrebbe dire anche mettere la mia vita a disposizione del pubblico e non voglio assolutamente.

«Ciao Sophie.» dice Claude sorridendo gentile.

Ricambio il saluto e spero che non si fermi a flirtare come al suo solito. É una di quelle mattine in cui voglio restare in silenzio a godermi la quiete prima della tempesta. Restare nella tranquillità prima che l'orda di turisti invada le strade acciottolate.

«Ti va di pranzare insieme?»

Sorrido sperando che con il mio rifiuto se ne vada. «Non so a che ora pranzerò, dipende tutto dai clienti.»

«Posso portarti qualcosa e mangiamo insieme. Cosa ne dici?»

Perchè non riesce a capire un rifiuto? É da mesi che continua e io non riesco ad essere diretta. «Magari un'altra volta.»

Claude è un ragazzo gentile di un paio di anni in più di me. É stato il primo con cui ho fatto amicizia arrivata in questo posto, ma ha confuso la mia gentilezza con un interessamento nei suoi confronti. Per i primi mesi credevo che fosse frutto di una solida amicizia, ma poi mi sono resa conto che non è così. É stato chiaro quando una sera ha provato a baciarmi e da lì ho fatto di tutto per fargli capire che lo vedo solo come un semplice amico, ma non riesco a ficcarglielo in quella testolina bionda.

«Passerò più tardi allora.»

Sorrido incapace di distruggere quella speranza e determinazione negli occhi verdi dalla forma leggermente allungata. Lo saluto con la mano mentre si allontana diretto al bar in Place Commandant Lamy.

Prendo di nuovo in mano il bicchiere e bevo un sorso mentre mi volto verso i quadri e penso a quale esporre all'esterno. Uno piccolo lo metterò sopra il tavolino attaccato alla parete grigia, mentre due li appoggerò sui cavalletti ai lati dell'ingresso.

Le dieci arrivano in un batter d'occhio e sono già seduta alla mia scrivania aspettando i clienti mentre faccio qualche schizzo sul mio album. Sento il vociare espandersi nella città e sorrido al pensiero di veder passare le persone.

Mi piace osservare le loro espressioni e disegnare quelle più interessanti. Mi piace vedere la meraviglia nei loro occhi quando si avventurano fra i vicoli di Mougns, ma soprattutto quando vengono affascinati da qualche dipinto. Ogni emozione, ogni espressione, è unica e adoro osservarle tutte.

«Bonjour.» sorrido ad una ragazza che si è fermata davanti alla mia porta.

Non è molto alta, ma ha dei bei lineamenti del viso e degli occhi vivaci che mettono allegria. Tiene i capelli castani legati in due trecce laterali che partono dalla cima della testa e le arrivano poco sotto il mento. Indossa dei pantaloncini di jeans e una maglietta giallo limone larga dalle spalline sottili. I sandali gioiello sembrano quasi stonare, ma poi noto la borsa a tracolla che brilla ai raggi del sole e capisco l'abbinamento.

«Bonjour.» dice sorridendo e poi scappa via.

Rimango scioccata per poi ridacchiare scuotendo la testa. Certo che c'è proprio gente strana in giro.

Abbasso lo sguardo cercando di imprimere l'immagine di quella ragazza sul mio blocco, ma all'improvviso mi sento osservata e quando alzo lo sguardo noto un ragazzo sulla porta che mi sta fissando. Dietro di lui c'è una coppia di anziani che guarda con interesse il quadro sul cavalletto di destra e una bambina che avrà circa cinque anni seduta su uno degli sgabelli che fa ondeggiare le sue gambe paffutelle.

La mia attenzione, però, è tutta per il ragazzo davanti a me. La sua presenza è forte, non ha bisogno di parlare per farsi sentire. É alto e dal fisico scolpito per quanto posso intuire sotto quella camicia bianca dalle maniche sollevate e quei jeans scuri. I lineamenti del suo viso sono netti, con la mascella squadrata e le labbra carnose. I capelli castani sono scompigliati e il suo sguardo scuro è puntato su di me.

Sorrido, anche se in realtà mi sento in soggezione. Perchè continua a guardarmi? Non è piacevole, mi sento sotto osservazione, come se mi stesse studiando e a me non piace essere notata. Non mi piace essere al centro dell'attenzione, nonostante possa risultare strano visto che sono un'artista e l'idea più diffusa è l'egocentrismo dell'artista. Bhè, io sono l'opposto.

«Bonjour.» dico alzandomi in piedi e sorridendo.

Le sue labbra si stendono in un sorrisetto che mi fa aggrottare la fronte. Non mi piace quel sorriso, non è sincero e chiaramente non è interessato ai quadri presenti. Non mi piace il suo sguardo seducente, voglio che se ne vada.

Muove un passo verso di me e sta per aprire la bocca, quando la coppia di anziani richiama la mia attenzione. La donna dai corti capelli grigi supera il bel ragazzo e mi chiede il costo di alcuni quadri. Il marito mi sorride gentile e io tiro un sospiro di sollievo più che felice di occuparmi di loro e non dover rivolgere la parola al giovane turista che inizia a girare per il negozio.

Spero che se ne vada in fretta.


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