1: L'inizio

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Frankie Jones.

Perché? Perché ci rendiamo conto di quello che abbiamo solo quando lo perdiamo? Io l'ho capito dopo aver perso la mia famiglia, i miei amici, la mia vita...
Vivevo con mia zia Rosy, mio padre non poteva prendersi cura di me così mi affidò a lei. Era difficile per noi andare avanti, i soldi non bastavano mai. Avevamo un piccolo bar: il Blue moon. che sfortunatamente non riuscivamo a portare avanti, avevamo un sacco di debiti, mia zia non ne poteva più di vivere in questo modo anche se non lo dava a vedere.

-"Hey sono a casa! Zia Rosy? Ci sei?"

All'inizio non sapevo cosa stesse accadendo ma c'era qualcosa che non andava, mia zia spesso non era a casa e quando tornava era troppo stanca, per spiegarmi il suo strano comportamento.

Era il ventuno ottobre, c'era nebbia molta nebbia, non riuscivo a vedere quasi niente, ero appena tornata da scuola.

-"Frankie, vattene, vai!". Urlava mia zia in preda al panico. Con lei c'erano tre uomini. Non sapevo cosa fare perché mia zia non era mai stata così spaventata, ero davanti alla porta quando sentì una mano sulla spalla.
Mi strattonó e mi butto su una sedia, i tre uomini erano molto diversi: il primo aveva un completo nero, era alto ed esile, parlava perfettamente la nostra lingua invece gli altri due parlavano un'altra lingua praticamente incomprensibile, indossavano dei jeans e una giacca, avevano delle mani rovinate piene di graffi e cicatrici, erano rudi, facevano ciò che diceva il primo.

Era da tre ore che ero legata alla sedia mentre l'uomo in nero faceva domande a mia zia ma lei non rispondeva, continuò per altre due ore. Sapeva che non avrebbe ottenuto nulla in quel modo, a un certo punto mi guardò e si avvicinò a me, mia zia alzò subito lo sguardo gridando, lui in modo pacato si allontanò e la guardò.
"Basta! Non ho duecentomila dollari ne ho solo trentamila." Disse lei in preda al panico.
"Non solo hai tradito Falcone ma non hai neppure i suoi soldi. Rose quello che sto per fare é colpa tua".
Mi spostò una ciocca di capelli dal viso ero davanti alla vetrata del salotto da cui filtrava la delicata luce lunare. L'uomo in nero si allontanó e si voltò, diede un calcio alla sedia a cui ero legata, stavo cadendo dal sesto piano di un palazzo.
L'unica cosa che mi ricordo è il dolore della caduta, sentivo le schegge di vetro e di legno lacerarmi, spezzarmi, sentivo il freddo sulle ferite, vedevo il mio sangue ovunque, e poi smisi di pensare il dolore era troppo forte.

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