Morte dal cielo

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Capitolo 4

Erano gli ultimi giorni di Novembre, c'era un freddo pungente sulle alpi, i mantelli e le divise, non bastavano a compensare l'intenso freddo che c'era li. Utilizzavano dei piccoli scaldini per riscaldarci, ma le difficoltà dovute al freddo erano comunque tante. Mi trovavo nelle retrovie, presso un forte del 2º reggimento d'artiglieria, la nostra compagnia era stata spostata il giorno prima e girava voce che ci avrebbero spostati ancora, ma non si sapeva ne' dove ne' quando. Era sera, avevo appena smontato di picchetto e mi stavo dirigendo alla mia baracca-dormitorio, quando vidi arrivare di corsa Andrea. "Angelo! Corrispondenza! Per te" era stato assegnato al distribuire la corrispondenza dela nostra compagnia per quella settimana. "Grazie" "meno male che ti ho incontrato, non ce la faccio più a reggere questo freddo. Almeno ora che ho finito posso tornare alla capanna" "ci vediamo" risposi io. Ripresi il mio cammino, dopo essere passato all'armeria per lasciare il fucile e le munizioni mi avviai alla baracca. Si trovava in un complesso di bungalows poco distante dal forte vero e proprio, ma sempre entro i limiti del complesso, li dormivamo e passavano il tempo libero, anche perché col freddo più che stare nella baracca non si poteva fare. Aprii la porta, entrai e trovai Antonio che alimentava il fuoco nella piccola stufa che tenevamo nel bungalow, gli altri ragazzi con cui condividevamo la baracca, invece erano fuori a svolgere le loro manzioni. La baracca sembrava una suite rispetto ai posti in cui dormivamo al fronte. C'erano due letti a castello, un tavolo al centro della stanza con quattro sedie, una latrina all'ingresso, e la stufetta, oggetto che al fronte ci potevamo scordare questo bastava perché fosse un posto di lusso per noi. "Come va?" Mi chiese Antonio. "C'è freddo" risposi io mi tolsi il mantello e l'elmetto e li riposi. Per ultima Tolsi la giberna, nel riporla, sfilai la lettera che mi aveva appena consegnato Andrea e mi sedetti vicino alla stufa. Antonio, si stese sul letto. Aprii la busta, c'erano due lettere. Una da Luigi e una da Maria "Caro Fratello, spero che tu stia bene, ho voluto scriverti di persona perché volevo che sapessi che ti sono vicino sempre. Purtroppo devo pure informarti che gli affari vanno veramente male, questa guerra sta portando una crisi veramente forte, e la gente non ha più i soldi per comprare il vino. Nostra madre sta vivendo malissimo la tua assenza, ogni tanto scoppia a piangere. Non voleva che te lo dicessi ma credevo che avresti dovuto saperlo. Io sto cercando di starle più vicino possibile, ma non è semplice. Stammi bene fratello, spero di rivederti al più presto." Ripiegai la lettera, cercando di convincermi che andava tutto bene, presi la seconda, speranzoso di un po' di conforto e la aprii "Caro Angelo, quando tu leggerai questa lettera probabilmente sarò già a Torino. Sono partita per il nord per lavorare alla Fiat, nel settore aeroplani. A quanto pare il regio governo ha bisogno di sempre più mano d'opera per produrre le macchine belliche. E io avevo bisogno di procurare qualche soldo per me e per aiutare tuo fratello, che nonostante il pessimo andazzo della bottega si ostina a cercare di riprenderla. Cercherò di mandarti una lettera appena sarò a Torino. Stammi bene, ti amo". Chiusi anche quella lettera è la riposi sul tavolo di lato ai letti, purtroppo non erano belle notizie, però al momento mi importava solo che stessero bene. Mi distesi sul letto. Intanto Antonio si era addormentato. Era stata una giornata pesante per lui, era stato messo a scaricare munizioni da cannone, quindi a fine giornata era arrivato distrutto. Verso le 9:30 arrivarono i due ragazzi con cui condividevamo la baracca, Gianluca e Francesco. Erano rispettivamente di Modena e di Perugia. "Tutto bene?" Chiesi, "tutto tranquillo per fortuna, a parte il freddo, nessuno ha tentato di ucciderci." Rispose Francesco. "E oltretutto a me hanno dato le razioni quindi va alla grande" disse Gianluca estraendo le razioni dalla sua borsa. "Questa sera, cena di lusso! Patate, pane e acqua" commentò sarcasticamente Francesco. Antonio nel frattempo si era svegliato ed era sceso dal letto per sedersi al tavolo. Mangiammo tutti e quattro insieme, li al forte la vita era leggermente più comoda rispetto che nelle trincee, e anche meno snervante visto che, essendo nelle retrovie, non rischiavamo di ricevere un colpo in testa da qualche tiratore austriaco. Tuttavia era solo ciò che pensavamo dopo un giorno di permanenza. L'indomani mattina, come al solito suonarono le trombe, ogni mattina era sempre più difficile alzarsi con quel freddo, ma dovevamo farlo. Raccogliemmo tutto e ci dirigemmo al punto d'adunata. "Buon giorno signori" esordì il tenente a capo della compagnia, dopo un appello, ci assegnò alle postazioni. Io fui assegnato alle postazioni di artiglieria all'interno del forte. Era la prima volta che entravo effettivamente nel forte, fino ad allora avevo visto solo da fuori quei grandi cupoloni di cemento armato. Entrai nel forte e feci rapporto, il comandante mi mise ad una postazione di vedetta su una torre di guardia. Restai li tutta la mattina. Nel primo pomeriggio ero li che mi coprivo il più possibile col mantello, senza riuscire però a risolvere molto. All'improvviso sentii un rombo in lontananza, che si avvicinava sempre di più, sporsi la testa da una delle aperture sui lati della torre, guardai in alto e vidi 3 aeroplani, abbastanza distanti da noi. Tirai subito fuori il binocolo e lo puntai sugli aerei. Erano austriaci. Chiamai subito il comandante, che era poco distante da me, gli indicai gli aerei "sono austriaci" dissi. Lui corse, al comando, stette qualche minuto e tornò. Nel frattempo arrivò un'altra squadra di aerei, erano i nostri, vidi che si lanciavano contro quelli austriaci e ingaggiavano uno scontro a fuoco. Due aerei austriaci vennero abbattuti, e l'ultimo riuscì a scappare. Dopo questo evento ci fu' calma fino. Nelle ultime ore di luce ero stato spostato ad una postazione di cannone, stavo guardando le montagne di fronte al forte, pensando al fatto che fino a due giorni prima ero la sopra, a pregare che non succedesse nulla che potesse uccidermi, e ora, ero in quel forte, al sicuro. Mentre pensavo queste cose, sentii un fischio e subito dopo un esplosione seguita rapidamente da altre due. "Al riparo, bombardamento in arrivo!" Gridò una vedetta come se non fosse palese. I colpi cadevano in numero sempre maggiore sul forte. Mentre tutti correvano un soldato di una divisione di artiglieria mi chiamò e mi fece segno di raggiungerlo in un rifugio sotterraneo poco distante dal forte. All'improvviso però si alzò il vento e le esplosioni cominciarono a spostarsi sulle strutture circostanti. Il bombardamento si prolungò per diversi minuti. Non appena finirono di piovere colpi, io e gli altri soldati della compagnia di artiglieria uscimmo, ci precipitammo al comando, per vedere se c'era bisogno di aiuto. Ciò che vidimo fu terribile. L'intero edificio del comando era raso al suolo, alcuni bungalow erano distrutti e quasi tutti ridotti in condizioni pessime. Furono chiamate le compagnie ad una ad una, anche la nostra fu chiamata ovviamente, ma a differenza delle altre noi arrivammo solo in 4. Eravamo Antonio, Andrea, Francesco ed io. Aspettammo un attimo, il tenente, era sconvolto. "Va bene. Ragazzi, diamo una mano" disse cercando di celare la sua angoscia. Ci eravamo salvati per motivi molto fortuiti. Io, Antonio e Francesco al momento dell'attacco ci trovavamo nei pressi del forte vero e proprio, che è fatto per resistere a questo tipo di attacchi, mentre Andrea era in giro a distribuire posta. Cominciammo a scavare tra le macerie, e buttare acqua su ciò che andava a fuoco pur di trovare superstiti da qualche parte, tirammo fuori diversi cadaveri. Ad un certo punto, tolsi una pietra, e vidi una mano. Continuai a scavare ma all'improvviso mi fermai, tolsi l'ultimo detrito, che copriva la faccia del soldato, fino ad allora anonimo per me. Era Gianluca, l'uomo con cui avevo condiviso il letto a castello, l'uomo che fino alla sera prima era con me nel bungalow. Gli cercai il battito cardiaco, ma non c'era più nulla da fare. Antonio e Francesco accorsero "Oh Gesù!" Esclamò Francesco mentre si toglieva l'elmetto.

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