Savoia

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Capitolo 2

Era passato ormai un mese da quando mi trovavo al fronte, sia io che Antonio eravamo vivi, lo stesso non si poteva dire di Carlo, che venne ucciso da un cecchino Austriaco durante una ricognizione sulle montagne vicine. Antonio mi raccontò che mentre veniva trasportato verso il fronte, gli successe una cosa al quanto insolita. durante il trasferimento era stato assicurato ad un altra persona, per evitare che una delle due scappasse. Quest'altro individuo, aveva dato segni di squilibrio fin dall'inizio del viaggio. All'improvviso, verso metà viaggio l'uomo ebbe una crisi di nervi, e cercò di uccidersi saltando dal treno, trascinando con se Antonio, il quale però riuscì a restare saldo sul treno e a tirare su anche l'altro grazie alle manette che li vincolavano. Pazzesco, avevo rischiato di perdere mio cugino ancor prima che per lui cominciasse la guerra. Erano le 6 del mattino, avevo appena smontato di guardia, quando ad un certo punto sentii, un mio compagno che gridava “allarme! Allarme! Gli austriaci caricano” mi affacciai alla feritoia, vidi gli austriaci che lasciavano la loro trincea, mi posizionai li stesso, Antonio mi raggiunse, armai il fucile e cominciai a sparare. I colpi austriaci arrivavano vicinissimi, e non passavano attraverso i sacchi di sabbia per pochissimo. Vidi un austriaco che si nascondeva dietro la carcassa di un cavallo, sparai a quest’ultima e vidi l’uomo cadere all’indietro. All’improvviso arrivò un colpo di mortaio, vicinissimo a noi, così ci spostammo verso un’altra feritoia, ci posizionammo e ricominciammo a sparare, i colpi però erano sempre più incalzanti. Vidi un ufficiale Austriaco, sporgersi da una feritoia con un binocolo, capii che probabilmente era lui a dirigere i colpi, così feci segno che mi stavo spostando e salii alla feritoia, più in alto rispetto a quella in cui mi trovavo.  Presi la mira e tirai il grilletto. Era il punto più vicino che avevamo alla trincea Austriaca, questo mi permise di eliminarlo con relativa facilità. I colpi di artiglieria non si fermarono, ma gli austriaci finalmente si ritirarono, probabilmente per via delle perdite subite. Corsi da Antonio, per assicurarmi che stesse bene, lo trovai ansimante, ai piedi di una feritoia. Era sudato, e la sua espressione era tutt’altro che serena, arrivò subito Giovanni, un ragazzo di Roma che avevamo conosciuto nella nostra permanenza al fronte, e gli passò dell’acqua “Stai bene?” gli chiese “Io si, tu?” rispose Antonio con voce Ansante. Le giornate passavano con la paura che potesse arrivare un attacco. Quel giorno per fortuna proseguì tranquillamente. Arrivò la sera e ci ritirammo nei dormitori della trincea. L'indomani fui assegnato per una ricognizione, guarda caso proprio nella zona dove era morto Carlo qualche settimana prima. "Soldato, preparati e aspetta che ti vengano a chiamare" mi disse il tenente. Così, presi la giberna, la indossai e raccolsi l'elmetto, mi avviai alla rastrelliera e presi anche il fucile. Una volta pronto uscii all'esterno e, quando mi chiamarono, mi riunii alla squadra. Partimmo verso le 10, uscimmo dal retro della trincea e cominciammo a percorrere i sentieri sulle montagne. Erano le 11 quando all'improvviso sentimmo uno sparo, e uno dei miei compagni cadde a terra colpito in pieno petto. Tutti ci precipitammo a terra, il mio sotto ufficiale disse "Soldato" riferendosi a me, "cerca di individuare quel tiratore!" Io sporsi un po' la testa, vidi un bagliore dietro una roccia sulla montagna di fronte e abbassai la testa. Un proiettile colpì subito dopo la sporgenza che mi copriva. Ricordai di avere un pezzo di specchio nella tasca, lo legai molto grezzamente alla baionetta e lo feci sporgere fuori dalla copertura. Vidi di nuovo il bagliore, e un proiettile andò ad impattare qualche metro davanti a me "signore è sulla montagna di fronte a 300 metri da noi, dietro l'ammasso roccioso più grande" dissi al caporale "bravo soldato! Uscite e sparate" disse il caporale. "Signore, con tutto il rispetto ma forse dovremmo spostarci da queste posizioni, così lui avrà più difficoltà a tenere d'occhio tutti e tre" risposi io rispettosamente. Il caporale mi guardò, fece per rispondere ma poi pensò un attimo e disse "hai ragione" fece segno al terzo compagno di allontanarsi. Intanto il ragazzo che era stato colpito non gridava più, era li immobile. "Pronti?" Chiese il caporale, entrambi facemmo cenno con la testa "fuoco". A quest'ordine uscimmo tutti e tre e cominciammo a sparare contro il tiratore. Non appena misi la testa fuori fui costretto a ritirarmi, poiché vidi un bagliore che mi fece intuire che puntava a me. Mi ritirai, e uscii dalla parte opposta della copertura. Al secondo colpo i miei compagni lo videro chiaramente. All'improvviso tutti i rumori cessarono, ci fu' un silenzio di tomba. Il caporale prese il binocolo e lo puntò sul cecchino austriaco. "È andato!" Disse "bravi ragazzi". L'altro mio compagno, che era un medico, si precipito dal ragazzo colpito, stette qualche secondo poi ci guardò con volto afflitto, non c'era nulla da fare. Un'ora dopo tornammo alla trincea. Antonio fu contentissimo di vedermi vivo "Angelo! Cugino!" Mi disse "Mi hanno detto che siete stati attaccati, stai bene?" Chiese squadrandomi dalla testa ai piedi per cercare eventuali ferite. "Sto bene, sto bene! Tranquillo" risposi io pur di rasserenarlo. Mi fu concesso di riposare, ma dovevo restare pronto, così andai a farmi medicare qualche ferita presa durante lo scontro e mi andai a mettere vicino ad Antonio che aveva il turno di guardia. Mentre stavo lì seduto, ripensavo al ragazzo che aveva perso la vita quella mattina, aveva 17 anni, si chiamava Luigi ed era di Milano. Pensavo alla sua famiglia e mi chiedevo come avrei potuto reagire io alla perdita di un figlio, specialmente se così giovane.
La sera come al solito ci ritirammo nel dormitorio. Mentre ripensavo a ciò che era successo la mattina, entrò un tenente, seguito da alcuni subalterni, che distribuirono a tutti cioccolata e cognac. "Prendetene tutti, mettetevi in forze! Domani sarà una giornata dura". Continuammo a chiederci cosa intendesse fino all'indomani mattina, quando ci trovammo allineati davanti alle scale schierate della trincea, la prima ondata era già partita, aspettavamo solo che ci venisse detto qualcosa. "baionette" disse il sergente che ci avrebbe guidati nell'assalto. Io presi la baionetta dalla fodera e la innestai sulla canna del fucile. "Caricate" aggiunse. Gli spari infuriavano, tutti eravamo tesissimi, Antonio ad un certo punto vomitò. "Colonnello, ci stanno massacrando! Mandi la seconda ondata!" Quest'urlo sentimmo dalle linee posteriori, tuttavia aspettammo. L'ordine passo da ufficiali a sottoufficiali, fino a quando non sentimmo il nostro sergente dire "fuori fuori fuori!". Lasciammo la trincea, si levò un grido su tutta la valle, quel grido diceva il nome del nostro re "Savoia". Vidi il ragazzo davanti a me che esitò, arrivò un tenente, che lo prese e gli gridò contro, mentre spingeva il ragazzo fuori dalla trincea si sentì un fischio. Un colpo di mortaio esplose al margine della trincea e li uccise entrambi. Prima che potesse finirmi allo stesso modo, strinsi le mani attorno al fucile e uscii anche io dalla trincea. Superate le linee di filo spinato mi infilai subito in una buca di mortaio, passai quasi subito alla seconda, mentre passavo alla terza vidi con la cosa dell'occhio un fuciliere austriaco uscire da una copertura. Saltai nella fossa e sporsi il fucile, lo puntai dove avevo visto l'austriaco e vidi che spuntava con la testa. Sparai, l'austriaco cadde all'indietro. I colpi di fucile, di mitragliatrice e di mortaio, incalzavano tutto intorno, continuai ad avanzare con gli altri italiani, c'erano cadaveri ovunque. Mentre correvo, un proiettile mi arrivo davanti ai piedi, io caddi, nel cadere quasi battei la testa, ma me la cavai con un graffio, mi rialzai saltai nell'ennesima buca. Arrivati sotto la trincea Austriaca restammo bloccati, dal filo spinato e da una mitragliatrice. Dopo diversi tentativi di sfondare sentimmo "Ritirata! Ritirata! Ritirata!" Erano gli ufficiali, evidentemente avevamo subito troppe perdite. Riuscii a correre indietro, gli Austriaci ci fecero il favore di alleggerire il fuoco mentre ci ritiravamo, sparavano solo per assicurarsi che non saremmo tornati alla carica, non per ucciderci. Non tutti per lo meno. Saltai nella trincea, e cercai disperatamente Antonio. Credevo che non lo avrei più rivisto, ma per fortuna mi saltò fuori quasi subito. Lo abbracciai e dissi "cazzo! È stato orrendo".

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