Capitolo 8
Passarono dieci lunghissimi giorni prima che mi arrivasse una risposta in merito a quella faccenda. Il tenente come promesso aveva fatto l'impossibile perché potessi andare e riuscì nell'intento, mi trovavo sul treno diretto a Venezia con Antonio, li avremmo fatto scalo per Bologna e così via fino a Catania. "Com'è la vita sull'Asiago?" Chiesi ad Antonio in tono quasi scherzoso. "Come in qualunque altro monte al nord Italia... C'è freddo e ci sono gli Austriaci, l'accoppiata vincente no?!" Lo disse in tono scherzoso. Ero felice che anche lui avesse avuto la possibilità di scendere. In quel momento non me la sentivo di stare solo, e in più, saperlo al sicuro era propedeutico a togliermi almeno una preoccupazione. Mentre i nullaosta arrivavano, però mia madre era peggiorata, era bloccata sul letto e faticava persino a restare seduta sullo stesso. Arrivati a Venezia, cambiammo treno. Dopo nemmeno 10 minuti di viaggio il treno si fermò. Mentre aspettavamo che ripartisse, stavo leggendo il giornale. Entro qualche minuto due carabinieri, si fermarono davanti alla cabina, bussarono ed entrarono. "Documenti per favore" disse uno dei due. Io e Antonio, prendemmo i documenti, e li mostrammo, mentre il carabiniere leggeva, io presi il foglio dove era stato firmato il mio permesso per mostrarglielo se fosse stato necessario. "Perfetto! Signori, dobbiamo portarvi con noi" affermò l'uomo a cui avevamo dato i documenti. "Ma noi siamo autorizzati" risposi io mostrando il foglio "lo so bene, ma i vostri permessi sono stati revocati dallo stato maggiore" non sapevo come intendere quelle parole, pensavo che ci avrebbero portati al patibolo e fucilati. "Ma noi non ne sapevamo nulla! Voglio dire..." Il secondo carabiniere intervenne prima che potessi funire la frase dicendo "tranquilli signori, non vi succederà nulla, dovete solo tornare al fronte per ragioni logistiche". "Ma mia madre sta molto male, probabilmente non sopravviverà" risposi io. "Ordini" si limitò a rispondere il carabiniere, mentre si aggiustava la cinghia del fucile sulla spalla. In pochi minuti eravamo di nuovo a Venezia. Mentre ci dirigevamo alla stazione, ci trovammo a passare davanti un canale. Alzai lo sguardo, per guardare l'ultima volta un pezzo di pace e mentre contemplavo il cielo pensando a cosa scrivere a Riesi, sentii del movimento. Ci volle un attimo per capire che Antonio era scappato tuffandosi nel canale, i carabinieri, imbracciarono i fucili e dopo avergli intimato di tornare, aprirono il fuoco, io cercai di fermarli ma continuarono a sparare. Dopo qualche secondo non vidimo ne' sangue ne' cadaveri che uscivano dall'acqua. Forse era riuscito a scappare, o forse no. I carabinieri, mi presero con forza e mi fecero camminare fino alla stazione, senza però ammanettarmi, forse capivano cosa provavo in quel momento, ma non potevano venir meno al loro dovere. Mi scortarono fino a destinazione e dopo qualche ora ero di nuovo al villaggio, e cercavo di riflettere su come potevo sapere se Antonio stesse bene o no, ma nulla. Confessai tutto ad Andrea, che cercò per quanto possibile di farmi calmare dicendo "sta sicuramente bene, si sarà imbarcato per la Sicilia o sarà scappato ad Est." Ma nulla, non riuscivo a pensare ad altro. Passò una settimana, in questa ricevetti diverse lettere dai miei parenti, che mi informavano sulle condizioni di peggioramento di mia madre. Ormai si aspettava solo il fatidico momento. Intanto venni a scoprire che ci avevano richiamati al fronte perché gli Austro-Ungarici, avevano iniziato un'offensiva nella zona dell'Asiago e siccome c'era la paura che potessero provare a sfondare anche altrove vennero richiamati più uomini possibile.
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Il Salso Mormorò
Ficción históricaÉ il 1915. Angelo Lo Giudice, un ragazzo di 24 anni originario di Riesi, un paesino sulle sponde del fiume Salso, in provincia di Caltanissetta, si ritrova a dover partire come militare per il primo conflitto mondiale. Si ritroverà a dover combatter...