Capitolo 10
Dopo una settimana da quegli eventi terribili, finalmente ero riuscito a lasciare il fronte. La divisa era pulita e gli scarponi lucidi come dall'inizio della guerra fino ad allora. Maria non sapeva che ero a Riesi, non le avevo detto nulla per paura che mi ritirassero di nuovo il permesso. Arrivai sulla porta di casa, era ora di pranzo. Bussai, non rispose nessuno. Bussai più volte ma nessuno rispondeva. "Angelo! sei tu?!" Disse in dialetto stretto una voce alle mie spalle, mi girai e vidi il signor Antonio, il falegname che aveva la bottega poco lontano da casa mia. "Signor Antonio! Che piacere vederla" risposi io in dialetto, "come stai?! Sembri star bene. Non sai com'è in pensiero tutto il paese per voi giovani". "Sto bene per fortuna. Il buon Dio mi ha voluto risparmiare fino ad ora. Ma per caso sapete dov'è mia moglie?" Chiesi io sempre parlando in dialetto. "Tuo fratello l'ha portata a stare a casa sua. Da quando è cominciata l'avanzata di primavera ha cominciato a stare veramente male, e con la storia dei gas era sulla soglia di una crisi di nervi. Così Luigi le ha imposto di andare a stare con loro, almeno la compagnia le avrebbe fatto bene." Mi rispose lui. "Va bene grazie! La raggiungo subito!" "Di niente, buona fortuna per tutto! Ah e condoglianze per vostra madre, mi è dispiaciuto tantissimo" disse lui concludendo "grazie. La cosa peggiore è stata che io ero lassù senza la possibilità di scendere." Dissi io prendendo le valige. Ci salutammo e io mi diressi a casa di mio Fratello, poco distante dalla chiesa matrice. Arrivato alla porta, posai le valige, feci un respiro profondo e bussai. Passarono secondi interminabili, prima che si aprisse la porta. Quando finalmente la porta fu spalancata, si rivelò a me la figura di Maria, che per qualche secondo rimase impietrita, mentre lacrime di gioia si formavano nei suoi occhi. "hey" fu l'unica cosa che seppi dire prima che lei mi saltasse addosso gridando il mio nome e stringendomi come mai aveva fatto prima d'allora. Al sentire qual grido tutti si alzarono da tavola e raggiunsero di corsa la porta, il vicinato si affacciò incuriosito. Quando Maria allentò la presa per guardarmi di nuovo in viso, la baciai, non seppi ne' dire ne' fare altro. L'intero vicinato scoppiò in un applauso. Luigi con moglie e figli si avvicinarono per abbracciarmi, furono i momenti di gioia più intensa da quando era scoppiata la guerra e avremmo voluto che non finissero mai. Quando mi ritrovai di fronte a mio fratello, notai che stava piangendo per la commozione. Mi abbracciò fortissimo, poi, lasciò la presa, mi guardò e disse "si via, entriamo, non è il caso di restare qui fuori". Tutti entrammo e dentro continuarono le commozioni. Vidi Luigi che rovistava tra alcune mensole affannosamente, come se cercasse qualcosa che teneva conservato da tempo. "Ah! Eccolo!" Tirò fuori del vino brandeggiandolo soddisfatto del ritrovamento "direi che ci sta un brindisi no?!" Disse versando il vino nei bicchieri senza nemmeno attendere risposta. Io intanto ero collassato sul divano e Maria con me. Ero esausto, ma non ne volevo sapere di dormire, con Maria abbracciata a me e mio fratello li, mi sentivo veramente al sicuro, veramente tranquillo. Nel pomeriggio, andammo al cimitero, a visitare la tomba di mia madre. Quando la vidi quasi cominciai a piangere, lasciai i fiori, dissi una preghiera tra me e me e restai a guardare la tomba Luigi si avvicinò a me e cominciò "prima di morire, sperava di vederti, tuttavia appena abbiamo saputo che non saresti arrivato per via dell'offensiva austriaca, ha detto espressamente che il suo unico desiderio era non incontrarti nell'aldilà." "Non ha mai saputo pensare a se stessa mamma!" Risposi io con voce appena soffocata da un sentore di pianto. "Ha anche detto che non voleva che piangessimo." Disse Luigi capendo. Io mi asciugai quegli accenni di lacrime, mi guardai intorno e chiesi "sai qualcosa di Antonio?" Lui non rispose nulla, ma mi fece segno di seguirlo. Uscimmo dal cimitero e ci dirigemmo col carretto verso il podere abbandonato in campagna del padre di Antonio. Quella era la casa in cui lui aveva Vissuto la sua infanzia, a parte un breve periodo a Messina all'età di 14 anni infatti, Antonio aveva vissuto in quella casa, che ora si presentava abbandonata anche se in condizioni decenti. "Perché mi hai portato qui?" Chiesi io "Hey! Sono Luigi! Puoi venire fuori" a queste parole una figura venne fuori dall'oscurità del salotto era Antonio, indossava ancora la divisa malconcia e gli scarponi rovinati ma era lui. "Hey! Angelo! Stai bene?" Io lo guardai, rimasi senza parole qualche secondo, poi scoppiai lo afferrai per il colletto e gli gridai contro "Tu! Si tu! Ma che cazzo fai? Perché hai disertato! Ti rendi conto di come mi hai fatto passare queste settimane?! Cosa pensavi di fare?" "Pensavo di fuggire! Di farla finita con questa guerra maledetta!" Disse lui divincolandosi "e come? Facendoti sparare dagli italiani stessi?" Gli abbaiai contro "come se non lo avessero già fatto prima!". Mi fermai, sapevo a cosa si riferiva. Per diversi anni, lui visse a Messina, e quando nel 1908, un terremoto devastò la città, lui si trovava li e aveva appena 13. Dopo pochi giorni, arrivarono i bersaglieri per aiutare le popolazioni locali. Un giorno si trovava a camminare sulle macerie della casa di una sua strettissima amica, e vide che uno dei soldati, prendeva qualcosa che luccicava, "Hey! Guardate cos'ho trovato" disse il soldato. Antonio si avvicinò. Era un bracciale che questa ragazzina portava sempre con se "fermo! Non è tuo! Ridammelo" disse minaccioso al bersagliere. "Va via ragazzino!" Rispose il soldato non curante. Antonio si scagliò contro il braccio del soldato che di tutta risposta lo spinse a terra. Sull'orlo delle lacrime, Antonio prese una pietra e la tirò contro il soldato, senza ucciderlo. Tutti gli altri spianarono i fucili e aprirono il fuoco contro il ragazzino, che però riuscì a scappare. Quell'evento segnò per sempre Antonio. Dopo qualche minuto di discussione capii che non aveva senso continuare a litigare. Anche se avessi avuto ragione lui non sarebbe potuto tornare al fronte perché lo avrebbero fatto fucilare. Così lo salutai e uscii. Mentre ero ancora sull'uscio lui disse "buona fortuna Cugino, che il signore sia con te" "anche con te" risposi io mantenendo un finto tono arrabbiato.
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Il Salso Mormorò
Fiksi SejarahÉ il 1915. Angelo Lo Giudice, un ragazzo di 24 anni originario di Riesi, un paesino sulle sponde del fiume Salso, in provincia di Caltanissetta, si ritrova a dover partire come militare per il primo conflitto mondiale. Si ritroverà a dover combatter...