Capitolo 7
Ben presto l'inverno finì, gli alberi cominciavano a fiorire, ma nonostante lo spettacolo dei fiori che nascevano, tutto intorno la guerra continuava. L'inverno aveva lasciato come ricordo un freddo sopportabile, ma pur sempre fastidioso. Nei primi giorni di Aprile, la nostra compagnia fu spostata nelle retrovie, io e la mia squadra fummo inviati ad un villaggio poco lontano dalle prime linee. Il villaggio era un piccolo borgo abbandonato, allestito come campo di retrovia. Mi ritrovavo di nuovo li, quasi al sicuro, Ma a differenza di quando ero al forte, avevo costantemente paura che potesse arrivare un secondo attacco di artiglieria o qualunque altra cosa che potesse decimare la compagnia come l'ultima volta. Altro aspetto disturbante del villaggio, era che essendo poco distante dalle prime linee, quando c'erano spari o esplosioni, si sentiva perfettamente. A separarci dalle trincee infatti c'erano solo una collina e 1 chilometro circa in linea d’aria. Essendo solo due squadre all'interno del villaggio, dormivamo nelle case, che pur non essendo confortevoli come i bungalow del forte, -o meglio ancora come casa propria- erano pur sempre meglio dei dormitori di trincea. Lasciarono a noi la possibilità di organizzarci su dove dormire, io e Andrea, riuscimmo a sistemarci nella stessa casa e nella stessa stanza, Luca invece, dovette ripiegare su una stanza a fianco. Passarono i giorni e per fortuna non successe nulla di spiacevole, a parte qualche carica al fronte e qualche ferito che arrivava ogni tanto non potevamo lamentarci. Tutta la squadra era di ottimo umore, era raro infatti, in trincea stare più di tre giorni senza che qualcuno dei nostri morisse. Passarono due settimane, e ancora non ci mandavano segno di andarcene da li, andava tutto bene, sembrava che la serenità non ci avrebbe abbandonato. Mi trovavo al centro del paesino, stavo aiutando i miei compagni a spostare delle munizioni di cannone da un camion ad un altro quando il portalettere si avvicinò a me e mi consegnò una busta. "Angelo... Per te!" Disse porgendomela. Presi entusiasta la busta e feci per aprirla, però mi fermai, ci pensai su e decisi di aprirla più in la. Continuammo fino a pranzo a scaricare camion per riempirne altri. Arrivati all'ora di pranzo, io, Andrea e Luca andammo a prendere il rancio, ci accomodammo su un marciapiede e cominciammo a consumare le razioni. Dopo vari discorsi presi mentre consumavamo i nostri pasti, arrivammo a parlare delle nostre famiglie e Andrea mi ricordò "Angelo! Ma la lettera? L'hai letta?" Mi ricordai subito della lettera arrivata la mattina, e del fatto che ero così preso dal lavoro prima e dalla fame dopo che quasi avevo rimosso di aver ricevuto quella lettera. Presi la lettera dalla giberna che avevo ancora addosso, la aprii e cominciai a leggere "Caro Angelo, non so proprio come darti questa notizia, nostra madre non sta per nulla bene, sta cominciando a dare segni di decadimento. Purtroppo non so dirti di cosa si tratti, ma il dottore dice che non le resta molto. Lei non sa nulla ma penso che abbia capito. Spesso continua a ripetere che vorrebbe rivederti, stringerti tra le braccia di nuovo e questo mi fa intuire molto. Cerca di parlare in gli ufficiali, chiedi se puoi prendere un permesso, in modo tale da renderla felice. Spero che capiscano la situazione. Saluti Luigi." Tutto l'entusiasmo accumulato nelle ultime settimane, crollò, rendendo quello peggio che i giorni i prima linea. Rimasi li a fissare la lettera senza parlare, non riuscendo nemmeno a dire una parola, ero come paralizzato, Andrea lo notò subito, "Angelo? Che succede?" Chiese un paio di volte. Ero così preso dai miei pensieri che non riuscii a trovare le parole per spiegare la situazione, così presi la lettera e la porsi a Luca che rispetto a com'eravamo seduti era più vicino, lui la lesse con Andrea che, finito di leggere si spostò alla mia sinistra ed entrambi mi misero una mano sulla spalla mentre io scoppiavo in lacrime. Subito dopo pranzo, mi accompagnarono a parlare col sergente a capo della squadra, a sua volta quest'ultimo mi mandò dal comandante di compagnia, Che mi promise Che avrebbe fatto di tutto per parlare con gli altri ufficiali e permettermi di scendere anche pochi giorni. Nel frattempo il capo squadra mi aveva proposto in via non ufficiale di restare nel dormitorio a riposare, ma io rifiutai perché avevo bisogno di distrarmi, e starmene da solo in quella casetta non sarebbe stato d'aiuto, così nel pomeriggio, andai a sistemare le munizioni nel magazzino con Andrea e Luca.
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Il Salso Mormorò
Historical FictionÉ il 1915. Angelo Lo Giudice, un ragazzo di 24 anni originario di Riesi, un paesino sulle sponde del fiume Salso, in provincia di Caltanissetta, si ritrova a dover partire come militare per il primo conflitto mondiale. Si ritroverà a dover combatter...