Capitolo 9
Ben presto la spiacevole notizia arrivò... Mia madre era morta. Ciò che mi pesava di più era che non aveva potuto vedermi un'ultima volta. Era il 30 maggio quando arrivò la lettera, lei era morta 6 giorni prima, esattamente un anno dopo l'ingresso dell'Italia in guerra. Furono dei giorni terribili. L'offensiva sull'Asiago era diventata così aspra che non riuscii ad ottenere un permesso neanche per il funerale. Sul nostro fronte la situazione era abbastanza calma, eravamo pur sempre in guerra, ma gli austro-ungarici non pressavano più del normale sul nostro fronte. Ai primi di giugno ci rispedirono nelle prime linee. Era ormai da tantissimo tempo che Italiani e Austriaci si contendevano l'Isonzo è nessuno sembrava demordere. Si erano combattute 5 battaglie fino ad allora per ottenere quella zona ed erano state tutte quasi prive di risultato. Si combattevano battaglie immani per strisce di terra di massimo 500m che, che tra l'altro, non ci restavano per più di un mese. Certe volte, guardavo fuori dalla trincea, vedevo quelle distese enormi di corpi nella terra di nessuno, e ripensavo a quando nel 1914, quando Riesi si era dichiarato repubblica, io mi ero fermamente opposto ed ero contento che dopo pochi giorni fosse fallita la cosa. Ma guardando quelle valli di sangue, pensavo che se fosse andata in porto la repubblica Riesina, non sarei dovuto partire per la guerra, e guardando la distesa di corpi, uccisi dalle mitragliatici Austriache, di fronte a me ripensavo alla distesa di corpi sulla piazza di Riesi, provocati da una singola mitragliatrice, posta sul campanile della chiesa madre. Entrambe stragi terribili, entrambe stragi inutili. La mattina del 29 Giugno, mi trovavo con Andrea nelle retrovie. Era mattina, il sole si era alzato da poco, e vista la disposizione del fronte, lo vedevamo chiaramente, lo spettacolo era a dir poco incredibile, e il gioco di luci, quasi ci impediva di vedere la devastazione della terra di nessuno e le trincee nemiche, creando quasi l'illusione che nulla stesse accadendo li intorno. Io ed Andrea avevamo appena finito di fare quella che chiamavano colazione, ma che in realtà non differiva dagli altri pasti, eravamo sul punto di tornare alle prime linee. Mentre mi avviavo alla postazione mi sentii chiamare dal tenente "Angelo". Era lo stesso tenente che aveva cercato di permettermi di andare a casa la prima volta, mi aveva preso così a cuore che mi chiamava per nome, cosa che al fronte era molto rara. "Senti, sono riuscito a farti ottenere un permesso per scendere in Sicilia, così che tu possa andare a vedere la tua famiglia. Questa volta nessuno ti fermerà sul treno" disse "grazie! Non so davvero come ringraziarla!" Risposi io entusiasta "non devi ringraziarmi. Sono sicuro che anche tu avresti fatto lo stesso" mentre diceva queste parole, sentimmo suonare le campane di allarme dalle prime line "gas! Attaccano coi gas!" Gridavano tutto intorno. Nella confusione riuscii a lanciare un'occhiata alle prime linee, quel poco che vidi fu terribile. Soldati che correvano da tutte le parti, cercando di indossare quelle che ci erano state passate per maschere antigas a seguito degli attacchi in Francia. Afferrai la mia dalla borsa e mi preparai ad indossarla, mentre la fissavo sul viso, sentimmo la carica degli austriaci, uscivano sparando verso le nostre linee, sparavano per uccidere, sparavano per prendere la trincea.
Dalle retrovie cercammo di sparare a nostra volta, ma ogni sforzo era inutile. Mentre cercavo di trovare un'idea su come agire, vidi una mazza chiodata austriaca alzarsi sopra il margine del fossato, poi abbassarsi violentemente e riapparire coperta di sangue per ripetere l'azione più volte. Vedemmo massacrare così i compagni in prima linea e vedemmo che gli austriaci prendevano le prime due linee in questo modo. Proprio quando pensavamo che stesse per toccare a noi, il vento cambiò direzione, spostando la massa incolore di gas verso le linee Austro ungariche e costringendoli a fermarsi. "Avanti! Riprendiamoci le linee" gridarono da dietro. "Savoia!" Gridarono tutti mentre uscivano dai fossati io innestai la baionetta e corsi fuori dal fossato dove mi trovavo. Riuscii a raggiungere la seconda linea e mi fiondai al suo interno, un'austriaco mi spuntò dietro l'angolo, ma prima che potesse alzare il fucile io sparai, uccidendolo, mentre questo cadeva, un'altro uscì dall'angolo opposto, non avendo il tempo di riarmare, lo caricai e lo trafissi con la baionetta. Vidi la canna del fucile sporcarsi di sangue, sangue di un uomo come me, anche se dietro quella maschera e sotto quell'elmetto tutto sembrava tranne che un essere umano. Dopo diverso tempo passato a combattere, riuscimmo a riprendere indietro anche la prima linea. Ma la situazione era terribile. Quel giorno, solo nelle nostre trincee si contarono 7000 morti, contro i 2000 degli austro-ungarici. La mia compagnia era stata decimata, di nuovo e tra le vittime c'era Luca, quando vidi il suo corpo aveva il viso completamente distrutto dai chiodi di una mazza, le mani piene di sangue e l'elmetto era ruzzolato via dalla sua testa ormai priva di qualunque segno di vita. Altri soldati invece, avevano fiumi di sangue che uscivano dal naso e dalla bocca, questo perché il gas distruggeva letteralmente le vie respiratorie. Mai avevo provato così tanto odio, anche se non sapevo nemmeno nei confronti di chi provarlo.
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Il Salso Mormorò
Historical FictionÉ il 1915. Angelo Lo Giudice, un ragazzo di 24 anni originario di Riesi, un paesino sulle sponde del fiume Salso, in provincia di Caltanissetta, si ritrova a dover partire come militare per il primo conflitto mondiale. Si ritroverà a dover combatter...