Capitolo 5

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Percy

Mi voltai e rimasi a guardare quella ragazza, che ai miei occhi era così fragile e bella. Mi riscossi, ma cosa stavo pensando? Lei era la figlia del nemico, non potevo affezionarmi! Un conto era trattarla come ospite e non come prigioniera, un altro era provare qualcosa per lei che andava oltre la semplice conoscenza e forse anche l'amicizia.

- Non posso, ho da fare - risposi

- Va bene! Ma ti prego almeno slegami - mi implorò.

Avrei voluto rispondergli male, detestavo la gente che implorava pietà e soprattutto se la persona in questione era una donna. Nella mia vita avevo sentito e visto troppe persone a cui ero legato che chiedevano indulgenza ai più potenti.

- No, non se me lo chiedi in questo modo - dissi - Non chiedere pietà, non lo fare! Su una cosa tuo padre aveva ragione, non mostrarti debole, Annabeth -

Mi avvicinai e la presi per le spalle facendola mettere seduta, la slegai e stavo per allontanarmi di nuovo quando mi ricordai di una cosa.

- Comunque puoi uscire sul ponte e se vuoi indossare qualcosa di più comodo chiede alle ragazze sono a tua disposizione -

- Aspetta! Tu sai il mio nome e sai chi sono. Ma io non so niente di te, apparte che sei il capitano di una nave pirata - disse guardandomi negli occhi senza timore.

- Perseus - dissi - è il mio nome. Ma chiamami Percy -

Sorrisi e uscii dalla cabina.

***

Quella sera il vento era particolarmente freddo ed era il mio turno di guardia per quella notte. Sospirai, in effetti non toccava proprio a me, ma avevo preferito lasciare la mia cabina ad Annabeth e visto che eravamo perfetti sconosciuti non mi andava di dormire con lei, anche se non mi ci sarei mai messo al letto insieme. Sentii un colpo di tosse alle mie spalle e mi voltai. Rimasi sorpreso nel vedere chi aveva attirato la mia attenzione.

- Non dormi? - chiesi, cercando di fare l'indifferente.

- Non sono abituata a dormire su una nave in movimento - rispose Annabeth.

- Il mare è calmo stasera, figurati quando siamo in balia della tempesta - risposi con un sorriso sarcastico.

Lei non disse altro e si avvicinò a me poggiandosi alla balaustra, restammo così per svariati minuti. Eppure il silenzio che regnava era carico di domande e cose non dette.

- Ripeto la domanda di prima. Perché mi hai rapita? - mi chiese. Il tono era calmo e sembrava non fregargliene poi molto della risposta e forse fu proprio quel suo modo di fare che mi spinse a parlare.

- Per farla pagare a tuo padre - dissi semplicemente - Avevo un conto in sospeso con lui. Il conte si è preso la cosa più importante della mia vita e io mi sono preso la sua -

- Questa si chiama vendetta - specificò Annabeth

- No, vendetta era ucciderti davanti ai suoi occhi. Cosa che lui ha fatto con me - spiegai - Ma io non sono un assassino, sono un pirata -

Strinsi i pugni fino a farmi sbiancare le nocche e abbassai la testa. I ricordi facevano più male di una spada infilata nello stomaco. E io detestavo ricordare, avevo scelto di diventare un pirata in modo da non avere radici fisse e per scappare da quello che faceva più male.

Ad un tratto sentii la mano fredda di Annabeth poggiarsi sulla mia e mi voltai a guardarla stupito, che cosa stava facendo?

- Che cosa ti ha fatto? So che mio padre ha un passato oscuro alle spalle, ma non mi ha mai detto nulla - raccontò - Dimmi che cosa è successo tra voi, sono stanca di essere tenuta allo scuro da tutto -

No non potevo raccontarglielo. Sarebbe stato come rivivere il dolore fisico e mentale di allora.

- No non posso. Sappi solo che tuo padre non è l'uomo che credi - dissi cercando di reprimere la rabbia per non fare del male a quella fanciulla che avevo davanti - E poi se te lo dicessi odieresti il conte e non c'è cosa più brutta che odiare il proprio padre -

Lei fece un sorriso amaro e poi sospirò come rassegnata alla propria vita. La guardai negli occhi, quella ragazza stava morendo dentro e non capivo per quale ragione. Sapevo, però, che io non c'entravo.

- Sai forse dovrei ringraziarti. Del resto mi hai salvata dalla vita che sarei stata costretta a fare - confessò

La guardai interrogativo, non capivo a cosa si riferiva.

- Presto mi sarei dovuta sposare con un uomo più grande di me e che conosco a malapena, solo perché sono donna e contessa - mi spiegò - Era uscita solo per ringraziarti di questo -

- Sei seria? - chiesi stupefatto

Lei soffocò delle risate e annuì, sembrava essersi sciolta e devo ammettere che la cosa non mi dispiaceva affatto. Fece per andarsene ma poi si voltò verso di me.

- Non mi da fastidio se vieni a dormire, tra l'altro è la tua cabina - disse facendomi un sorriso. Il più bello che avessi mai visto.

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