Capitolo 13

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Annabeth

Ed ecco che il sogno si era spezzato. Lui aveva detto che mi aveva usato, lui che credevo mi amasse, lui...lui...solo il suo nome mi distruggeva dentro. Ed ecco che le coste di Isma erano vicine, avevo viaggiato per giorni insieme alla Marina e ora ero di nuovo a casa.

- Non avercela con mio nipote...è fatto così - mi disse lo zio

- Che bello è bravo a spezzare il cuore alla gente, allora - replicai con rabbia, non avrei mai più versato una lacrima per lui.

- Ti ha mai detto chi è veramente? Che cosa gli hanno fatto? - mi chiese Zeus - Pensavo che non avesse più un cuore, ma lasciandoti andare ha dimostrato di essere ancora capace di amare -

Lo guardai allibita, ma di cosa stava parlando?

- Fidati l'ha fatto solo per te - continuò l'uomo - Chiedi in giro, ai servi più anziani, chiedi del tridente. Ma ricordati, non fare il suo nome -

Percy

- Capitano siamo arrivati - disse Hazel entrando nella mia cabina. I suoi capelli scuri e la pelle color cioccolato facevano contrasto con i suoi occhi dorati.

Senza rispondere mi alzai, presi mantello e spada e uscii.

- Percy, perché sei voluto tornare qui? - mi chiese Jason poggiandomi una mano sulla spalla

- Devo schiarirmi le idee - risposi

Alzai lo sguardo verso l'isola, il castello si stagliava contro il cielo e anche se stava andando in rovina ero proprio come quando avevo dieci anni.

- Cugino siamo con te, ricordalo - mi disse Talia prendendomi per mano - Qualsiasi sarà la tua scelta ti seguiremo, anche se hai intenzione di ucciderti - disse Nico sarcastico.

- La pensiamo tutti così non serve che te lo diciamo - fece Grover

- E poi magari andiamo anche a riprenderci Annabeth - si intromise Piper

- Come se non sapessimo che te la sei portata al letto - disse Leo

Non potevo guardarmi ma avevo la brutta sensazione che fossi arrossito e anche di brutto.

- Piantala scemo - mi difese Frank guardandolo male

- Ragazzi grazie di tutto. Non siete solo il mio equipaggio, non solo i miei amici...siete la mia famiglia - confessai.

Loro per tutta risposta si avvicinarono e mi abbracciarono tutti insieme.

- Vuoi che veniamo con te? - chiese Jason

- No grazie, devo farlo da solo. Devo liberarmi dei miei demoni da solo e allora potrò riprendermi ciò che è mio - risposi.

Dopodiché saltai giù dalla nave, su una scialuppa e mi diressi verso la riva. Ero tornato a casa!

***

Mi ero girato tutto il castello, da cima a fondo. Non c'era nessun segno che indicava quello che era successo lì dentro, gli abitanti dell'isola avevano sistemato tutto e tenevano il palazzo reale come una reliquia del passato.

Arrivai alla sala del trono e rimasi sulla porta, nella mia mente era tornata l'immagine dell'assassinio di mio padre, ma non mi fermai, non tornai indietro. Mi ero stufato di scappare, basta nascondersi! Era ora di mostrare il mio volto, di far sapere ai miei nemici che ero vivo e che ero tornato per riprendermi ciò che era mio: il regno di mio padre e il trono.

Mi sedetti sul trono e chiusi gli occhi, c'era qualcosa d'importante lì, un ricordo particolare, un segreto che non avrei mai dovuto dimenticare...

"- Devo svelarti un segreto Perseus, ma tu non devi dirlo a nessuno - disse mio padre.

Avevo solo otto anni, ma ero abbastanza sveglio per qualsiasi cosa mi venisse detta o fatta.

- Promesso, padre -

Lui sorrise e mi diede un bacio sulla fronte, poi mi prese per mano e mi portò alla sala del trono.

- Qui dietro c'è una cosa che un giorno ti spetterà di diritto - disse

Dietro il trono si aprì un'anta e all'interno c'era un cilindro azzurro argentato. Lo prese e poi me lo avvicinò

- Sfiora il segno del tridente - mi ordinò

E io lo feci..."

Riaprii gli occhi e feci come allora. Il cilindro si allungò diventando alto quasi quanto me, ma non era più un semplice cilindro: tra le mie mani stringevo un tridente, Il Tridente.

- Mio principe! Siete davvero voi? - disse una voce femminile.

Alzai gli occhi dal simbolo reale e mi ritrovai a fissare una ragazza poco più grande di me, con la pelle olivastra, gli occhi nocciola e i capelli lisci e color caramello. Ci misi qualche secondo a riconoscerla

- Calipso! - esclamai

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