Capitolo 23

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Percy

Guardai Annabeth addormentata e sorrisi.

Mi vestii e mi avvicinai a lei per dargli un bacio sulla guancia, senza svegliarla. Era arrivato il momento di riprendere il mio posto e di conseguenza avevo il dovere di giudicare il conte Chase, per omicidio e per tradimento.

L'ultima cosa che volevo era che Annabeth ne prendesse parte, non era giusto punto e basta!

Uscii silenziosamente dalla stanza e mi diressi nella sala dove di solito il conte teneva le sue riunioni. Sapevo che mi stavano aspettando e soprattutto aspettavano la decisone che avrei preso, quello che non sapevano era un'altra cosa: non ero né un giustiziere e nemmeno un omicida, avrei risolto le cose a modo mio e nessun mi avrebbe fatto cambiare idea.

***

La sera era scesa e le persone erano tutte sedute intorno all'arena. La discussione non era durata molto visto che ero stato irremovibile e alla fine avevano accolto la mia decisione.

Era semplice, avrei giustiziato il conte Chase a modo mio e davanti a tutti: un duello che sarebbe cessato solo con il sangue.

Le guardie arrivarono con Frederick Chase da una porta laterale: indossava abiti da battaglia e impugnava una spada lunga circa un metro.

- Hai un strano modo di fare giustizia - mi schernì quando fummo uno di fronte all'altro

- Non voglio giustizia, solo e semplice vendetta, la stessa che vuoi e hai sempre voluto anche tu se non sbaglio - risposi

Sorrise e sollevò la sua arma

- Non sottovalutarmi principe Perseus, anche se ho delle guardie non significa che non sia in grado di combattere -

Scrollai le spalle, quell'uomo non mi spaventava di certo.

Mi misi in posizione di difesa e lo invitai ad attaccare

- Tuo padre lo fece... - sussurrò e si lanciò all'attacco

Strinsi la mascella e feci finta di non sentirlo, inoltre dovevo concentrarmi sul duello.

Parai i suoi colpi: sopra, sotto, destra, sinistra, era veloce ma seguiva uno schema, lo stesso che seguiva la guardai del corpo di Annabeth; io avevo imparato a combattere per sopravvivere non per dovere, avevo imparato a studiare il mio avversario e a muovermi secondo chi avevo di fronte.

Il conte si stancò presto, mi aveva attaccato con foga e rabbia, deciso ad uccidermi. Io invece ero nel pieno della forma.

Mi guardò con odio e con il fiatone

Allargai le braccia per invitarlo ad attaccare di nuovo, lo stavo provocando e lui non se lo fece ripetere di nuovo: caricò ancora e con più rabbia. Se solo lo avessi attaccato molto probabilmente non avrei avuto problemi ad abbattere la sua difesa e a colpirlo.

- Tuo padre era un illuso e tu non sei da meno - disse mentre continuava a colpire

- Ti sbagli, si era solo fidato della persona sbagliata - risposi incrociando la mia spada con la sua

- Sei tu a sbagliare e la cosa che mi rende felice è che mia figlia è come me-

- Non metterla in mezzo - ringhiai

E questa volta fui io ad attaccare: due colpi su tre andarono a segno. Lo ferii ad una gamba e sul viso, poi incastrai la mia lama sotto la sua e con uno scatto del polso gli feci volare via la spada dalla mano.

Lo colpii allo stomaco con l'elsa e una volta a terra gli puntai la lama alla gola.

Non esitai, non se lo meritava

- Questo è per la mia famiglia - dissi

Sollevai la mano per colpire, la folla trattenne il fiato, lasciai cadere la spada e sorrisi.

- Non così - scossi il capo e tirai fuori il Tridente

Lo sollevai e affondai le tre punte nel petto del conte

Non ebbe nemmeno un sussulto e per un attimo sperai che nell'aldilà non lo punissero troppo severamente. Aveva pagato abbastanza.

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