Fare l'inventario di un pub alle nove di sabato sera non è il massimo del divertimento a cui può aspirare una ragazza di diciotto anni. Inizio davvero ad odiare questo schifo di lavoro. Sto rinchiusa nel retrobottega fino quasi le undici, per poi sistemarmi al bancone a servire i clienti. C'è il consueto trio di anziani al tavolo sulla destra, il ragazzo che canta, con le ormai note ammiratrici che lo guardano estasiate dai tavolini più vicini al palco. Ma ciò che più attira la mia attenzione è il gruppo di ragazzi seduti sulla sinistra, ubriachi molto probabilmente perché ridono, urlano e hanno già rotto ben tre bicchieri. Il ragazzo seduto di spalle è lui, riuscirei a riconoscere i suoi capelli biondi anche tra le vie di Manhattan all'ora di punta. Sean si alza e viene verso il bancone, probabilmente per ordinare un altro giro di birre, bello come non lo ricordavo più, ma con un'espressione vuota, per via della sbronza. Il cuore mi inizia a battere sempre più forte ad ogni suo passo. Lui tiene gli occhi fissi sui miei ma io non riesco per più di un secondo a sostenere il suo sguardo, quindi abbasso la testa imbarazzata.
"Un altro giro di birre" dice infatti, sorridendomi e facendomi perdere un battito.
"Arriva subito" rispondo, girandomi a prendere i bicchieri. Vorrei parlargli, ma ho paura. Mi volto, con l'intenzione di salutarlo ma lui è già tornato al tavolo. Prendo il vassoio con le birre e mi avvicino al numeroso gruppo che occupa ben quattro tavoli. Consegno la birra ai ragazzi e mi giro per andarmene quando sento una mano che mi palpa il fondo schiena. Mi giro, incazzata nera col cretino che mi ha appena toccato il culo, e vedendo Sean dietro di me, sento crollarmi il mondo addosso. Non posso crederci. Non posso credere di essermi sbagliata su di lui.
"Non ti permettere più di fare una cosa del genere Sean!" gli urlo. Lui mi guarda. È sorpreso il coglione.
"Ah ecco l'autolesionista che ho dovuto salvare! Come è che ti chiami? Sai non mi ricordo più!" e inizia a ridere con i suoi amici. Le lacrime iniziano a bruciarmi gli occhi ed io non riesco a trattenerle, non dopo un'umiliazione del genere. Sono delusa e l'unica cosa che riesco a dire prima di uscire dal pub sbattendo la porta è un sentito "Vaffanculo" generale a cui susseguono sonore risate. Mi inoltro tra le vie di Harlem. È buio e piove a dirotto: ho paura. Mi fa schifo lui, i suoi amici, questo vicolo, la mia vita. Non può prima presentarsi con dei fiori e dopo trattarni in questo modo. L'immagine di lui che ride e mi schernisce si ripete continuamente davanti ai miei occhi. Mi gira la testa e sbando ovunque. Lo odio, lo odio, lo odio con tutta me stessa. È un cafone, un maleducato, uno stronzo. Continuo a vagare. Le lacrime mi scorrono sulle guance e mi offuscano la vista ulteriolmente. Ormqi sono bagnata fradicia per colpa di questa cazzo di pioggia che non accenna a smettere di cadere. Davanti a me due ragazzi mi fermano e si avvicinano pericolosamente. Merda.
"Non dovresti girare per le strade a quest'ora di notte, non puoi sapere chi potresti incontrare." dice uno.
"Persone come noi ad esempio". ribatte l'altro. Quest'ultimo mi stringe a se e mi bacia con forza. Sono disgustata e terrorizzata. Nel frattempo l'altro da dietro mi si avvicina. Mi buttano a terra ed iniziano a tirarmi calci alle coste. Io cerco di divincolarmi ma più ci provo e più i colpi diventano forti. Mi inizia a colare sangue dal naso e sento un dolore lancinante all'addome. Uno dei due si sdraia su di me e mette le mani sotto la maglia. Mi stringe i seni facendomi urlare. Ho paura, tanta paura. Mi fa male tutto. Piango. Grido. Nessuno sembra sentirmi. Il panico mi assale.
"Lasciatela stare." ordina loro un ragazzo alle mie spalle.
"Altrimenti che fai?" lo scherniscono sogghignando. Lui li anticipa e si avventa su di loro.
"Scappa." mi ordina il ragazzo. Io inizio a correre e mi fermo sugli scalini di un vecchio palazzo. Quella voce. Era dannatamente familiare. Dopo pochi minuti mi si avvicina. E alla luce del lampione accanto a noi mi ritrovo persa in un oceano grigio.
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Il mio angelo
Short Story"Sei stata tu a salvarmi: senza di te non avrei superato ciò che mi è successo. Quindi sei un po' angelo anche tu."