Capitolo 11.

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Camminare tenendo il suo braccio mi da una sicurezza che non ho mai provato. Lui è forte. È forte anche per me. Il suo braccio è come un'ancora alla quale non vorrò mai smettere di tenermi. Camminiamo in silenzio per un po', guardandoci intorno e scambiandoci qualche sguardo, seguito sempre da un sorriso impacciato.

"Ti va di sederti" dice poi lui indicando una panchina.

"Si" rispondo. Mi siedo mantenendo un po di distanza tra noi e ammirando il paesaggio: Central Park è illuminato dal sole e il verde di prati e chiome d'alberi è ancora più brillante sotto l'effetto della luce. Mi volto e vedo che anche Sean si guarda intorno ma, probabilmente sentendosi osservato, ricambia il mio sguardo e fissa i suoi profondi occhi grigi sui miei. Da questa distanza posso notare che all'interno il colore della pupilla sfuma in un blu notte molto simile al colore dei miei occhi.

"Sei davvero bellissima, Zoe Abigail" esordisce. Imbarazzata abbasso gli occhi. Mi sento avvampare le guance terribilmente, ma lui sembra non farci caso e con due dita, molto delicatamente mi alza il mento, per potermi di nuovo fissare. Io lo osservo per un momento: gli occhi grigi sfumati di blu, la bocca carnosa, i denti bianchissimi sempre pronti a sorridere, la mascella squadrata, i capelli biondi, tutto di lui mi piace. Tutto di lui è assolutamente privo di precedenti.

"Raccontami di te, Zoe Abigail." dice lui interrompendo il flusso dei miei pensieri. Sono spiazzata e allo stesso tempo spaventata dalla sua domanda. Non sono ancora pronta a raccontargli la mia storia. Non voglio farlo. Non voglio che lui abbia pietà di me. Abbasso di nuovo lo sguardo e mi allontano un po'. Il cuore inizia a battermi velocemente. Lui sembra notare l'inquietudine che mi ha colta all'improvviso e si avvicina di nuovo a me, costringendomi a guardarlo ancora.

"Parlami solo di quello che sei pronta a condividere con me."dice. Gli sorrido rassicurata e inizio a raccontargli di Page, di Alicia, di John, anche di Hannah e Carl, tralasciando però moltissime spiegazioni legate al mio passato. Lui sembra non accorgersene e mi ascolta attento e interessato. Ormai siamo a marzo e, nonostante in alcune zone ci sia ancora un po' di neve, Central Park ne è completamente sgombro. Con il sole di oggi fa anche piuttosto caldo così mi tolgo il giacchetto e tiro su le maniche del maglione fino a tre quarti, scoprendo i cerotti di cui non ricordavo. Vederli mi fa bloccare. Mi sento nuda. Privata di ogni difesa. Fisso Sean nella speranza che stia guardando altrove, invece fissa proprio il mio polso. Si riscuote solo quando sente i miei occhi puntati addosso e riprende a guardarmi, stavolta con sguardo comprensivo. Mi prende le mani, le bacia ma io le tolgo di scatto dalle sue, spaventata dalla sua vicinanza alle mie ferite. Tiro giù le maniche del maglione in fretta.

"Ti va di parlarmi di quello che è successo alla festa?" Dice lui, con tono calmo.

"No " rispondo in fretta, alzandomi "ora è meglio che vada"

Sì alza anche lui spaventato dalla mia reazione e si affretta a dire: "Zoe che succede? Non volevo assolutamente metterti in difficoltá, Dio!"

"Nono tu non c'entri, anzi voglio ringraziarti per tutto. Ci sentiamo presto. Ciao" dico, volto le spalle e inizio a camminare. Le lacrime iniziano a bagnarmi le guance. Voglio andarmene. Desidero solo tornare a casa. Ma lui mi ferma, trattenendomi per un braccio e costringendomi a voltarmi. Lo odio per questo. Non voglio che mi veda così. Non voglio mostrargli la mia fragilità di nuovo. Non deve vedere le mie lacrime. Ma nonostante tutti i buoni propositi non riesco a smettere di piangere. Lui mi attira a se e mi abbraccia.Mi stringe forte. Io tento di ribellarmi, ma dopo una breve lotto cedo e mi abbandono tra le sue braccia. Sento i suoi muscoli contrarsi sotto la camicia. Il suo calore pervadermi fin dentro le ossa. Io continuo a piangere per un po', bagnandogli i vestiti. Lui sembra non curarsene e ad ogni singhiozzo ricambia stringendomi sempre di più. Quando mi calmo alzo il viso per guardare il suo. Lui con i polpastrelli mi asciuga le lacrime. Mi aiuta poi a rimettermi il giacchetto.

"Andiamo che ti riporto a casa" dice. Insieme, abbracciati, andiamo alla sua macchina. Durante il tragitto, stiamo in silenzio, limitandoci a qualche sguardo e sorriso. Arrivati a casa mia mi volto per ringraziarlo e salutarlo. Lui ricambia ed esce per aprirmi lo sportello. Ci abbracciamo di nuovo, e lui mi lascia solo dopo avermi dato un leggero, ma delizioso bacio sulla fronte. Brividi. Brividi ovunque.

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