In queste due settimane mi è capitato di ritrovarmi ad osservare le persone. Non mi sono mai guardata veramente intorno: ho trascorso la mia vita annegando nei miei stessi pensieri. Durante le ore che ho passato in sala d'aspetto ho visto più volte una mamma portare sua figlia in giro con la sedia a rotelle, canticchiandole canzoncine per farla stare serena: questa bambina porta la bandana per coprire la testa ormai priva di capelli per la chemio e la donna cerca di mostrarsi forte ma le occhiaie profonde, gli occhi stanchi ed i capelli ormai sfibrati tradiscono la realtá. Un paio di giorni fa piangeva tra le braccia del marito proprio fuori la camera della figlia, dopo aver parlato con un dottore: posso solo immaginare cosa possa averle detto. Un vecchietto, invece, trascorre il tempo con me seduto sulle sedie di plastica dura del bar. Sua moglie ha il parkinson ed è in cura qui all'ospedale. Robert, così si chiama lui, viene ogni giorno per tenerle compagnia durante il passo e passa il resto del tempo a raccontarmi della sua vita o a giocare a carte con gli altri. È stato un commerciante di pelli per tanti anni ed ora ha lasciato la sua ditta ai figli per occuparsi della moglie. Nei suoi occhi verdi ridotti a due fessure si può cogliere ancora una luce così viva quando parla di lei: i quarantotto anni di matrimonio non hanno cambiato il suo amore per Clara, la ragazza dai capelli biondi e gli occhi furbi che, per un qualche motivo strano amava tanto le borse di pelle.
E poi c'è lui. Resto al suo fianco per così tanto tempo che alle volte perdo la cognizione dei minuti e delle ore. I lividi sul suo viso stanno scomparendo piano piano, così come quelli sparsi sul corpo, il labbro inferiore non è più tanto gonfio e giusto ieri gli hanno tolto la fasciatura al naso. I capelli rasati per l'intervento stanno ricrescendo ma il gesso alla gamba lo costringe a tenerla poggiata su un cuscino. I dottori pensano che sia stato aggredito da un gruppo di ragazzi di quella zona che hanno giá colpito più volte. La polizia è sulle loro traccie, ma nessuno di quelli aggrediti è stato in grado di farne l'identikit. Vorrei fare qualcosa, qualsiasi cosa ma non posso fare altro che guardarlo. Lo guardo sempre, come per cogliere un minimo segno di risveglio. Lo sto guardando anche ora: gli zigomi alti, la mascella importante, la bocca carnosa: tutti i suoi lineamenti sono resi più netti dalle guance scavate, ma è bello comunque. Sono due settimane che non si sveglia dal coma. Mia mamma non si è permessa di impedirmi di stare qui a giornate intere, Alicia e John mi coprono al bar e Page viene spesso a farmi compagnia, ma non parliamo mai tanto: lei si limita ad abbracciarmi in silenzio perchè sa che non sarei in grado di fare altro ed io la ringrazio per questo. Anche la mamma di Sean è sempre qui e suo padre ci raggiunge dopo il lavoro. Mi hanno pregato più volte di andare a casa a riposarmi ma non avrebbe senso perchè, anche se può sembrare egoista, voglio essere qui quando si sveglia, come per accertarmi che sia successo davvero: non ci crederei altrimenti. Mi alzo per sistemargli meglio il cuscino dietro la testa, cercando di non fare rumore dato che Lisa sta dormendo sul divano accanto al letto. Mi riaccomodo sullo sgabello sbadigliando. Decido di andare al bar a prendermi un caffè perchè davvero non ce la faccio più a stare sveglia: passo la notte a pensare a lui e a quanto mi manca poterlo baciare ed abbracciare, sentire la sua voce e la sua pelle morbida sotto le dita, il suo respiro caldo sulla pelle e le sue mani tra i capelli. La cameriera mi serve una tazza fumante di caffe mentre con la mano saluto Robert che sta leggendo il suo giornale. Accanto a me c'è il dottore di Sean, Micheal, e vado da lui a chiedergli se ha notato qualche progresso durante la visita mattutina.
"Zoe mi dispiace ma posso solo dirle che le condizioni di vita sono stabili."
Ormai dovrei essere abituata a sentire questa frase, ma ogni volta spero sempre in qualcosa di bello e rimango puntualmente delusa. Gli rivolgo un sorriso tirato per poi tornare al mio caffè.
"Dottore venga subito nella stanza 321." un infermiera mi desta dai miei pensieri nel momento in cui pronuncia il numero della camera di Sean.
"Che succede?" Micheal inizia a muoversi veloce ed io seguo la coppia col cuore in gola ed il battito ormai impazzito.
"Il ragazzo ha ripreso conoscienza." inizio a correre velocemente, superandoli mentre cercano di fermarmi. Mi precipito davanti alla porta a vetri e per un secondo il mio sguardo incrocia due oceani grigi prima di essere allontanata dall'infermiera. In quel secondo delle lacrime hanno lasciato gli angoli dei miei occhi.
***
"Hey amore."
Finalmente mi hanno lasciata entrare. Ho voluto dare la precedenza a Lisa dato che ci hanno obbligato di procedere una per volta. Sean ha gli occhi chiusi ed una smorfia di dolore gli sfigura il viso quando si volta verso di me. Il suo sguardo si fissa sul mio dopo un tempo interminabile ed io mi avvicino per stringergli la mano nella mia.
"Ciao." la sua voce è bassa, quasi non riesco a sentire la sua risposta.
"Come ti senti?" ha di nuovo abbassato le palpebre ma alle mie parole fissa le sue iridi grige nelle mie.
"Come pensi che stia Zoe?" il suo sguardo severo e il tono duro mi lasciano senza parole. "Mi sono appena svegliato da un coma che mi ha tenuto incosciente per due setimane, mi hanno detto che dovrò stare sulla sedia a rotelle per la frattura al femore per almeno un mese, che mi hanno operato per una frattura alla testa e che il mio naso rimarrà storto a meno che non spenda più di tre mila dollari nella plastica. Direi che va tutto benissimo."Lascia la mia mano per portarsela dietro la nuca. Sono sicura che questa sia solo una parte della veritá ma non oso chiedergli spiegazioni. Cerco di avvicinarmi per dargli un bacio sulle labbra ma lui volta la testa dall'altra parte.
"Vai via Zoe, voglio stare da solo." lo dice senza guardarmi negli occhi. Delle lacrime lasciano gli angoli dei miei occhi mentre io cerco di trovare una ragione che possa spiegare la sua reazione. Non mi aspettavo un risveglio facile ma mai avrei pensato che sarebbe arrivato persino a respingere me.
"Sicuro?" il silenzio da parte sua mi fa intuire la risposta che non ha voglia di darmi così le proteste mi muoiono in gola ed io esco dalla stanza, guardandolo un' ultima volta prima di chiudermi la porta alle spalle.

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Il mio angelo
Historia Corta"Sei stata tu a salvarmi: senza di te non avrei superato ciò che mi è successo. Quindi sei un po' angelo anche tu."