Capitolo 1.

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Mi sveglio in una stanza di ospedale. Non so quanto ho dormito. Non so come sono finita qui. Non ricordo assolutamente niente di ciò che è successo prima che perdessi conoscienza. Per quanto mi sforzi riesco a ricordare solo una festa senza controllo e poi il nulla. Chiudo gli occhi e mi concentro sul mio respiro: ho bisogno di dormire e questa è sempre stata la mia tattica per addormentarmi. Senza neanche accorgermene sprofondo nel sonno. Mi ritrovo nella mia vecchia casa, sul divano precisamente, dove io e mamma passavamo le serate a mangiare gelato e guardare i film della Disney. Mi volto e per poco non mi viene un colpo: accanto a me c'è proprio lei, con i capelli scuri e ondulati sciolti sulle spalle, le lentiggini spolverate su naso e guance, gli zigomi alti, gli occhi grandi color della notte, le labbra carnose, i denti bianchissimi, la risata contagiosa. La mia mamma era semplicemente stupenda. Molti dicono che sono la sua fotocopia, però io non la penso così, lei era più alta e i suoi capelli più lucenti. È indescrivibile riaverla vicina, sentire di nuovo quel calore materno, familiare, di cui sono stata privata da ormai dieci anni. L'abbraccio di slancio e le sussurro "ti voglio tanto bene" all'orecchio. Lei non ricambia l'abbraccio e non mi risponde. Rimane come paralizzata, fissando la porta d'ingresso. Mi volto e vedo mio padre: la bottiglia tra le mani come al solito e lo sguardo da pazzo. Mi ritrovo a combattere con il passati ancora una volta. Il mio cuore batte furiosamente e quando mio padre muove un passo verso di noi, corro più veloce che posso in cucina e mi chiudo la porta alle spalle. Mi volto e con non poca sorpresa trovo una cucina in disordine, piena di sacchetti di patatine, bottiglie stappate e bicchieri vuoti. C'è una ragazza di spalle in un angolo. Perde sangue da un braccio. Non posso correre a salvarla: i miei piedi sono inchiodati al pavimento. Inizio ad urlare in preda al panico. Sta per cadere a terra, quando dalla porta alle mie spalle entra un ragazzo, alto, con i capelli biondi, che la sorregge e, tenendola stretta al suo petto, chiama l'ambulanza. Il volto della ragazza cade all'indietro ed io perdo un battito. Quella sono io. Cazzo. Ecco cosa è successo. Ora mi ricordo. Il rumore delle sirene mi sveglia ed io mi ritrovo di nuovo nel letto di ospedale, in un bagno di sudore, nel buio interroto solo da fasci di luce provenienti dalle ambulanze giù al pronto soccorso. Mi guardo intorno e mi accorgo di non essere più sola stavolta: il mio angelo dorme su una sedia accanto al letto.

Il mio angeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora