"Zoe " dice avvicinandosi. Il suo viso è particolarmente vicino al mio mentre mi scruta il naso ancora sanguinante."Come stai?"
"Mi fa male tutto, Sean" rispondo facendo una smorfia. Lentamente l'effetto dell'adrenalina svanisce e il dolore si fa sentire forte e chiaro. A peggiorare le cose è ancora vivo il ricordo dell'umiliazione subita. Assumo un'espressione corrucciata e mi alzo. Sono incazzata nera. Mi avvicino a lui che indietreggia di un passo. "Che ti è successo prima? Sei stato uno stronzo! Pensavo tu fossi diverso, ma mi sbagliavo. Dio, quanto ti odio. " Le lacrime ricominciono a scorrermi veloci sulle guance.
"Zoe, scusami. Non ero lucido. Non mi rendevo conto di ciò che ti stavo dicendo. Ho bevuto troppo. Mi sento una merda a pensare di essere la causa di ciò che è appena accaduto. Non avrei mai dovuto lasciarti uscire da quel locale. Solo il pensiero che quei due coglioni ti abbiano messo le mani addosso mi manda in bestia!" È sconvolto e allarmato ma io sono ancora troppo arrabbiata per cedere.
"Per te sono solo l'autolesionista a cui hai dovuto salvare la vita, giusto? Mi sembra che tu sia stato abbastanza chiaro." Sostengo il suo sguardo fino a quando è lui a cedere e lo abbassa. La sua espressione è triste e amareggiata, ma io mantengo uno sguardo truce. Si avvicina e mi guarda dritto negli occhi.
"Scusami, mi dispiace davvero tanto. Non penso davvero quello che ho detto. Credimi. Mi piacerebbe solo portarti a casa in macchina dopo essere passati al pronto soccorso per farti medicate. Non voglio lasciarti di nuovo sola."
Neanche io lo voglio. Sono ancora spaventata e non so dove sono. Non so come tornare al bar e tanto meno a casa da qui. Fa freddo ed io ho solo un paio di jeans e una maglietta.
"D'accordo" dico. Lui mi porge la sua giacca, che mi aiuta ad infilare con molta cautela e mi accompagna alla macchina. una volta lì, chiamo i miei genitori per dire loro che farò tardi. Al pronto soccorso la fila è lunghissima: bambini con l'influenza, ragazzi con arti rotti, anziani sulla sedia a rotelle. Dopo quella che sembra essere stata una vita intera mi fanno accomodare. La stanza è piccola e c'è giusto lo spazio per un lettino e un comodino con fasciature e qualche medicinale. Una dottoressa bassina con lunghi capelli nocciola racchiusi in una coda di cavallo mi visita. Mi controlla prima il naso e mi assicura che non è rotto e che ha già smesso di sanguinare. Mi lascio scappare un sospiro di sollievo. Mi sono già rotta il naso quando ero più piccola e ricordo che fa un gran male nei giorni seguenti all'incidente. Non ho costole fratturate e la dottoressa si limita a fasciarmi l'addome. Esco e trovo Sean davanti alla porta. Per poco non gli vado addosso tanto è vicino. È visibilmente preoccupato.
"Non ho niente di rotto. Puoi portarmi a casa ora." dico con voce fredda. Le mie parole sembrano tranquillizzarlo. Mi porge di nuovo la sua giacca e ci avviamo verso la macchina. Arriviamo a casa che sono già le quattro passate.
"Grazie" esclamo freddamente prima di scendere ma lui mi afferra il polso costringendomi e guardarlo. "Aspetta" dice. I suoi occhi sono lucidi e la sua bocca è a un centimetro dalla mia. Sono costretta ad allontanarmi per non saltargli addosso e baciarlo con passione. Lui continua a guardarmi ed io cerco di mantenere lo sguardo freddo e distaccato ma sento che sto per cedere.
"Quello dentro il locale non ero io" esordisce "o meglio ero io, ma l'alcool mi fa un brutto effetto. Dico cose che non penso. Quando tu te ne sei andata piangendo i miei amici hanno continuato a ridere. Io li ho seguiti per un po'. Ho sentito poi una brutta sensazione allo stomaco. Sapevo di dover uscire. Sapevo che tu avevi bisogno di me o meglio avevi bisogno di aiuto. Così me ne sono andato e ho iniziato a correre. Il panico aumentava ad ogni passo. Poi ti ho trovata." fa una pausa, guarda prima il mio naso e poi il mio petto. Rivolge di nuovo lo sguardo ai miei occhi e continua: "Vederti li sdraiata con quei due che ti ti mettevano le mani addosso è stato terribile. Ho sentito la rabbia montarmi in corpo insieme alla consapevolezza che se non ti avessi salvata sarebbe potuto succedere l'inevitabile." fa un'altra pausa. Mi prende entrambi le mani e le stringe forte con le sue. Sono calde, morbide. Dal punto in cui la nostra pelle è a contatto iniziano a scorrermi una serie di brividi che mi pervadono l'intero corpo.
"So di essere stato la causa di quello che è successo " riprende "se non ti avessi trattata in quel modo tu non saresti scappata. Mi odio per questo. So di averti ferita con le mie parole. Ma ti prego perdonami." La sua voce è rotta. Mi accarezza una guancia ed io poso la mia mano sulla sua. Sono ancora delusa. Ma le sue parole sembrano sincere.
"Grazie di avermi salvata" dico "Sei il mio angelo" Lui mi fa un leggero sorriso. Si avvicina per darmi un bacio sulla fronte e mi lascia uscire dall'auto.
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Il mio angelo
Short Story"Sei stata tu a salvarmi: senza di te non avrei superato ciò che mi è successo. Quindi sei un po' angelo anche tu."