Capitolo 21.

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Sono passati tre giorni. Non ho più avuto il coraggio di tornare all'ospedale e lui non mi ha cercata. Mi manca da fare schifo e vorrei così tanto parlargli per cercare di chiarire questa situazione, capire il motivo per il quale ha reagito in quel modo, ma non sopporterei di essere mandata via di nuovo. Ho deciso di aspettare il suo ritorno a casa, come mi ha suggerito sua madre con la quale mi tengo ogni giorno in contatto per sapere se sta bene. Mi ha detto che ha ripreso a mangiare, che le sue funzioni vitali sono stabili e che ha parlato con la polizia riguardo all'aggressione ma che non può aiutarli con l'identikit perchè era buio e non ha potuto vedere quei ragazzi in faccia. Lisa sostiene che la reazione che ha avuto quando sono entrata in camera sua sia tipica di Sean, dice che lui ha sempre sfogato tutto su chi gli sta intorno, che è il suo modo di andare avanti e liberarsi dai pensieri senza mai parlarne seramente. Ma con me deve confidarsi, io voglio capire cosa ci sia dietro tutto questo. Ho tutta l'intenzione di scoprirlo perchè io lo amo e non voglio che conviva un giorno in più con cio' che si tiene dentro: prima o poi non ce la farà più da solo. In questo momento vorrei tanto essere tra le sue braccia ma mi ritrovo in cucina con Hannah e Carl che cercano di stimolare la conversazione in ogni modo ed io che continuo a fissare la minestra senza nessuna fame ne voglia di mangiarla.

"Tesoro, cosa ne dici di andare al centro commerciale domani, per comprare quelle scarpe che ti piacevano tanto?"

"Mamma, scusami, ma preferisco rimanere a casa."

"Non puoi continuare così Zoe!" esplode lei. Alzo di scatto la testa e nei suoi occhi fissi nei miei leggo chiaramente un misto di preoccupazione e rabbia, tipico di Hannah. Perchè dovrei starla a sentire? Mi alzo e faccio per andare in camera, ma lei mi ferma afferandomi il polso.

"Non andartene mentre ti sto parlando, Zoe."

"Hannah ma proprio non capisci, eh? Il mio ragazzo è appena uscito dal coma ed invece di baciarmi, tranquillizzarmi e magari che so, dirmi che mi ama, ha preferito trattarmi di merda e mandarmi a casa dopo che sono stata per due settimane al fianco di quel cazzo di letto di ospedale. Come pretendi che ora possa avere voglia di comprarmi un paio di scarpe?"

Hannah e Carl restano in silenzio: il tempo sembra essersi fermato nell'istante in cui ho iniziato a parlare. Con uno strattone mi libero dalla stretta di lei e corro in camera mia. Sono esausta: il peso del vuoto provocato dalla sua assenza si sta facendo opprimente. Ho bisogno di vederlo, di stringerlo a me, di baciarlo. Mi manca tutto di lui e non so più come fare. Delle lacrime scappano agli angoli dei miei occhi, iniziando a scorrere sulle mie guance. Scossa da altri singhiozzi stringo le lenzuola del mio letto, su cui sono distesa ormai da un bel po'. Dalla finestra non filtra più la luce del sole da circa due ore, ma non ci provo neanche a chiudere gli occhi, tanto non dormirei comunque.

***

La suoneria del mio I-phone mi distrae dal quarto epispdio consecutivo di Grey's Anatomy. Guardo la sveglia: sono le tre. Chi cazzo chiama a quest'ora? Spengo la televisione e mi allungo sul comodino per prendere il telefono. Sean.

"Pronto?" rispondo, deglutendo a fatica.

"Zoe, sono nel girdino dell'ospedale, ti prego raggiungimi appena puoi." Il cuore mi batte sempre più forte. Ma è pazzo ad uscire dall'ospedale?

"Sean che cazzo ci fai lì? Come hai fatto ad arriarci con la gamba ingessata? Devi tornare subito dentro!"

"Sto bene. Hanno inventato gli ascensori Zoe Abigail. Ti ho chiesto di venire perchè ho bisogno di te in questo momento." Ho perso un battito. La sua voce è disperata, anche se cerca di essere ironico, ed io non ho la forza di oppormi. Nuove lascrime solcano le mie guance mentre rispondo.

Il mio angeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora