Tute blu, VI

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Fu un tempo infinito quello che mi separò da casa. Salutato frettolosamente Ermanno, mi diressi ad andatura svelta verso la fermata dell'autobus. Il cielo era di color piombo, pronto alla pioggia; io, in attesa sotto la tettoria, controllavo ogni minuto l'ora dal cellulare e, ogni minuto, provavo a chiamare il cellulare di Alberto, che però faceva parlare la segreteria telefonica. E se lui non fosse stato assunto? La mia avventura sarebbe stata completamente inutile. A quel pensiero si collegò subito un'altra immagine: il funerale di mio padre. Fu la prima volta che pensai concretamente a quell'eventualità, con lo sguardo rivolto al vuoto e la bocca semiaperta. Immaginai la ghiaia che scricchiolava sotto i piedi, il silenzio intervallato dai singhiozzi, le carrucole che calavano la bara nella fossa, il rumore della terra che ricopriva il legno. Poi, però, una signora alle mie spalle mi fece notare con un colpetto sulla spalla che stavo ostruendo l'accesso all'autobus. Mi scusai con lei e salii, rimanendo schiacciato in mezzo alla folla di passeggeri. L'autobus, una vettura arancione con le sospensioni consumate, aveva un finestrino aperto e incastrato. L'aria gelida pungeva me e il resto dei passeggeri. Un uomo sulla mezza età che si teneva all'appiglio [cercare] a fianco al mio cominciò a lamentarsi per le condizioni del viaggio, ma più che all'autista sembrava che parlasse da solo. Dopo qualche minuto provò a lamentarsi anche con me, ma io ero assente: distinguevo appena la sua voce dal brusio, impegnato com'ero a preoccuparmi per il colloquio di lavoro di Alberto. Avevamo passato le quattro fermate del centro città e il veicolo aveva imboccato l'arteria principale che portava verso la periferia; il traffico appesantiva ancora di più i miei pensieri: ogni fermata era collocata prima di un semaforo che diventava sempre rosso prima che l'autobus riuscisse a ripartire. L'autista doveva essere impaziente di finire il turno perché guidava a scatti e noi tutti ondeggiavamo ad ogni ripartenza. Le buche, inoltre, che si moltiplicavano con l'allontanarsi dal centro, facevano ballare la vettura rendendo così impossibile ingannare il tempo leggendo: si poteva solo attendere la fine del viaggio. Avevo il cellulare in mano e continuavo a chiamare, ma lui continuava a non rispondermi. Devo aver provato quindici volte prima di sentirlo vibrare nella tasca; lo estrassi rapidamente dando una gomitata al signore dietro di me e un colpo alla ragazza che mi stava davanti. Entrambi mi guardarono per l'ennesima volta con fastidio negli occhi: ero di certo un compagno di viaggio insopportabile. Controllai il display e mi accorsi che era soltanto mia madre.

Ciao mamma, sono sul pullman, dimmi (sempre sbrigativo)

Ciao tesoro, volevo sapere com'era andato il colloquio. Non ti sento da stamattina

Bene mamma, mi hanno assunto.

Oh, come sono felice! Non avevo dubbi comunque - per un attimo smise di rivolgersi direttamente a me - Papà, che bella notizia: anche Andrea è stato assunto


Anche se papà non aveva commentato in alcun modo, mamma mi riportò la solita formula di cortesia, "ha detto che è orgoglioso di te", poi ricominciò a parlare, ma la batteria del cellulare si scaricò del tutto interrompendola. Schermo nero. Infilai di nuovo il cellulare in tasca, questa volta con delicatezza, poi alzai lo sguardo verso il finestrino dell'autobus, dove vidi il mio sorriso stanco.

La città era in penombra quando raggiunsi casa. Gli appartamenti, visti dalle finestre che si affacciavano su strada, si tingevano di quel colore blu leggero dei televisori accesi al buio. Il mio quartiere diventava silenzioso di notte, enfatizzando il passaggio dei camion che facevano la raccolta rifiuti o lo sbattere dei portoni dei palazzi. Era un silenzio che spaventava chiunque non abitasse nel quartiere; per questo motivo nessuno si avvicinava mai a questo pezzo di città, se non chi ci abitava: nel silenzio e nel buio qualsiasi faccia poteva sembrare una minaccia, forse anche la mia; anche se mi faceva ridere l'idea di poter spaventare qualcuno.

Fly me to the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora