Frank Sinatra, V

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Il cinese non ebbe il tempo di replicare, perché le due pedane scattarono e li portarono sul palco, due ombre nascoste dal fumo artificiale. La F-MIM era una fabbrica in crisi da più di mezzo secolo. In quei decenni le avevano provate tutte: join ventures, cambi di sede legale in paesi a regimi fiscali, nuovi modelli e settori di mercato. Niente da fare: un lento sprofondare verso il basso acuito dalla crisi che ci aveva portati tutti nei bassifondi dell'economia globale. Quel progetto era per l'a.d. l'unico coniglio rimastogli nel cilindro. Brillante studente e manager, con una faccia da schiaffi che lo aveva portato lontano, fino al timone del più importante gruppo industriale d'Italia, dieci anni fa. Fu un sogno per lui. Un sogno dal quale, però, si svegliò molto presto. La fabbrica era in crisi economica, finanziaria e di idee. In un primo momento lui operò un forte restyling al marchio, lo "portò veramente nel ventunesimo secolo", scrissero i giornali. L'a.d. era il nuovo messia del marketing. Le idee progettuali della fabbrica erano vecchie, però, e non si ebbero i risultati sperati. Ammodernò quindi l'organizzazione del lavoro di F-MIM, licenziando molti operai ed erodendo i pochi diritti rimasti loro. Divenne così un po' meno messia, ma le sue intuizioni in fatto di organizzazione del lavoro fecero scuola. Molte altre fabbriche e gli stessi governi che si susseguirono negli anni seguirono la sua stessa parabola. Tuttavia la crisi di F-MIM continuava. L'a.d. aveva scritto e fermato le sue dimissioni, che rimasero nel suo ufficio per mesi. L'ufficio, ovvero la sua seconda casa: il posto dove mangiava, guardava film per riposare la testa, dormiva. Il posto dove si portava l'amante, di tanto in tanto. Proprio il giorno in cui aveva deciso di togliere le dimissioni dal terzo cassetto della sua scrivania per portarle al presidente ebbe l'idea. Era la vigilia di Natale ed era tornato a casa dopo dieci giorni non-stop in ufficio. Occhi vuoti, trasandato puzzolente, malnutrito, il cervello non smetteva di pensare alle cose del lavoro, al suo fallire come amministratore delegato...e come uomo. Quando la moglie lo vide così sbiancò e cominciò a tremare. L'a.d. lasciò un sacco di iuta pieno di regali, comprati dal suo assistente, in entrata salutò rapidamente i bambini e si infilò sotto la doccia. Tre quarti d'ora immerso nel vapore, quando uscì e si sedette a tavola. Sembrava un fantasma. Non riusciva neanche ad abbozzare qualche sorriso di circostanza e non parlava. Sotto l'albero, la magia del Natale era destinata soltanto ai bambini, che erano piccoli, non capivano ed erano attratti solo dai pacchi da scartare. La moglie era in crisi come lui, a causa sua. Aveva cominciato un percorso spirituale: filosofia zen, buddismo, mindfulness. Voleva provare a coinvolgere anche il marito in un percorso simile. Per questo motivo tra i regali di quell'anno gli comprò un libro che aveva quasi cento anni: era una raccolta di storie, haiku e koan zen. Potrebbero aiutarti a vivere la vita e il lavoro in modo diverso, diceva lei. Interessante, sì, rispose lui. Ma non era vero. Non era interessante per niente. Decise comunque di piazzare il libro sul comodino a fianco al letto. Era notte. I bambini dormivano da un pezzo, lui aveva appena finito di scoparsi la moglie senza il minimo sentimento. Beveva whisky, 300 euro alla bottiglia. Lei stava sdraiata nel suo accappatoio. Un'intera parete era fatta di finestre. Dalla collina dove era stata costruita la villa era possibile vedere un grande pezzo di città. C'erano il fiume, le luci e la nebbia, che la rendevano un'elegante città spettrale, ma c'erano anche tutte quelle cicatrici architettoniche che ne certificavano la crisi: edifici fatiscenti, case abbandonate, molti senzatetto che dormivano lungo il corso d'acqua in parallelepipedi di cartone.

- Città di merda!

- Siamo stati fortunati, Luca! Avremmo potuto essere laggiù, insieme a quegli altri

- Tu sai bene cos'è la fortuna, vero?

- Amore mio, perché mi parli così? Certo io non lavoro, ma non credere che per me sia facile

- Tu non puoi neanche immaginare che cosa io stia provando...

- No, però posso ascoltarti. Parlamene, ti prego...

Fly me to the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora