Frank Sinatra, IV

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Era quasi finito l'inverno e io ero nella piazza centrale della città verso la fine del pomeriggio. Ero rimasto incastrato in quel momento della giornata in cui gli automobilisti ucciderebbero per scivolare in mezzo al traffico con uno scooter e chi usava i mezzi pubblici viveva l'incubo di trovarsi stipato su un pullman senza neanche la possibilità di alzare o abbassare le braccia. Era come se la città trattenesse il fiato, con in bocca tonnellate di smog e nelle orecchie una sinfonia di clacson, poi respirava via le macchine, la gente e aspettava silenziosa la notte. Proprio in quel particolare momento della giornata, mentre io aspettavo il pullman per tornare a casa, tutti ci ritrovammo con la testa in su. Nella piazza centrale c'era un palazzo che tutti chiamavano Il Dito sebbene si chiamasse Torre Littoria. Era il residuo architettonico di una vecchia dittatura del secolo scorso, che troneggiava sulla piazza, diverso da tutti gli altri palazzi, alto e brutto, con un colore egocentrico che riusciva sempre a portare su di sé lo sguardo del passante. Quindi tutti, anche se si trovano nella piazza centrale per la millesima volta, gli danno un'occhiata. Fu una scelta perfetta srotolare da lassù uno striscione in tessuto video lungo diversi metri, su cui andò in scena il primo vero spot. Una voce baritonale fuori campo che esortava noi Italiani a sognare, a innovare, ad essere i protagonisti di un passo avanti per l'umanità. "Quando il saggio indica luna, lo stolto guarda il dito. Noi invece...Fly me to the moon". La musica si affievolì dolcemente spegnendosi in uno schermo nero. Passarono alcuni istanti e apparve un countdown: mancavano 482 ore, che contando in giorni significava: appuntamento per tutti il 21 marzo alle 21, puntuali.

Purtroppo per l'amministratore delegato di F-MIM quel giorno il jet privato del signor Liu tardò molto. La conferenza stampa di quella nuova avventura commerciale non poteva di certo cominciare senza i veri protagonisti, i cinesi, i principali investitori. Tutta la città era stata allestita per l'evento. In una grande piazza c'erano un grande palco e un maxi-schermo per seguire l'evento anche da lontano. In un piccolo container dietro il palco stava l'amministratore delegato, che si mangiava le unghie nervosamente, in attesa di Liu. Ogni cinque minuti chiamava il suo assistente, chiedendo dove fosse diavolo fossero finiti! L'assistente balbettava risposte di circostanza e veniva pesantemente insultato e minacciato il licenziamento. Dal canto suo il cinese aveva dimostrato di non essere per niente collaborativo. Nonostante il suo aereo fosse atterrato alla stessa ora in cui sarebbe dovuto essere nella piazza, l'uomo si diresse con calma verso il bar dove bevve un caffè, quindi fumò una sigaretta, noncurante dei tentativi dell'assistente di accelerare le operazioni. La piazza era piena di gente, radunatasi nonostante il freddo (era stato un inverno gelido), i countdown era ormai a zero da quasi un'ora e un comico mediocre provava a tenere buona la folla che lo fischiava spazientita. Finalmente il cellulare dell'amministratore squillò:

- Pronto

- Signore siamo a dieci minuti dalla piazza

- Fate con comodo – e riattaccò

L'auto, scortata da cinque volanti della polizia con le sirene spiegate, s'infilò dietro il palco. Liu fu portato fino al container. Lì trovo l'amministratore, che con la sua faccia paffuta, la barba grigia incolta e il suo cardigan colorato sorrideva in modo forzato. Si inchinò davanti al suo ospite:

- Signor Liu è un vero piacere per noi..

- Siamo in ritardo signor amministratore delegato, non perdiamo tempo in convenevoli.

L'a.d. respirò profondamente per racimolare la poca pazienza rimastagli, insieme si infilarono sotto il palco. Con un gesto l'amministratore delegato fece cenno ai tecnici di partire con la sigla della serata, la stessa calata giù dalla Torre Littoria venti giorni prima. Sotto il palco c'erano tre pedane. I due uomini occuparono rispettivamente quella di destra e quella di sinistra, lasciando vuota la centrale. Il signor Liu venne rapidamente microfonato e truccato. Tutti i tecnici uscirono dal sottopalco e i due rimasero di nuovo soli:

- Gliel'ho mai detto che lei parla l'italiano in modo perfetto, signor Liu?

- Oh, la ringrazio molto

- Peccato che lei sia un vero stronzo

Fly me to the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora