9. Look What You Made Me Do

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I don't like your little games

Don't like your tilted stage The role you made me play
Of the fool, no I don't like you.

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La frase sferzò l'aria come una freccia di ghiaccio, un fendente preciso che tagliò l'immobilità assoluta di un momento che parve durare all'infinito e dilatarsi nel tempo e nello spazio.

Anna desiderò poter riavvolgere il nastro come in una vecchia videocassetta, eliminare quella parte con un editing sapiente e sostituirla con una frase diversa, che avrebbe fatto forse più male a lei, ma meno ad Alex.

Sono affetta da una patologia rara, chiamata Sindrome di Plummer-Vinson.

Non era così difficile dire quelle parole (con Jorge non lo era stato), ma allora perché, mentre risuonavano nella sua testa, il cuore aveva preso il comando e aveva ordinato alle sue corde vocali di pronunciare una frase completamente diversa?

Jorge mi ha baciata.

Non poteva tenergli quel segreto e lo sapeva. In realtà non avrebbe voluto tenergli nessun segreto, ma la paura non è un sentimento razionale: ti travolge e ti toglie la capacità di pensare in modo lucido. Non aveva senso aver timore di rivelargli la sua condizione, eppure era così: non voleva che Alex cambiasse nei suoi confronti o si comportasse in modo diverso, in maniera più apprensiva, come se fosse fatta di cristallo... non lo avrebbe sopportato.

Eppure, seppe subito di aver fatto la scelta sbagliata, di aver rivelato il segreto più oscuro, che avrebbe scatenato reazioni ancora peggiori di quelle relative un'apprensione travolgente e una protezione esagerata.

Le braccia di Alex, che ancora le circondavano la vita, tenendola stretta a sé, allentarono la loro presa, facendole avvertire un senso di vuoto allo stomaco, come se si trovasse in bilico su un ripido precipizio.

«Como...?» La sua voce era un po' persa, incredula, sottile.

Anna deglutì e schiuse le labbra, ma non uscì alcun suono da esse, se non quello silenzioso di un respiro tremante.

All'improvviso, le dita di Alex le artigliarono le braccia e la costrinsero a voltarsi verso di lui: nei suoi occhi grigi c'era una tempesta trattenuta, in procinto di scatenarsi al primo rombo di tuoni minacciosi. «Anna.» Il suo tono fermo e la sua mascella serrata le fecero contorcere lo stomaco. «De que coño estàs hablando? De que carajo se trata esto? (Ma di che cazzo stai parlando? Che cazzo di storia è questa?)» Alex la scrollò un pochino e lei si strinse nelle spalle, con una smorfia strana dipinta sulle labbra. «Lorenzo... Lorenzo te besò? Como...?».

Anna abbassò lo sguardo, cercando di trattenere quelle stupide lacrime che le si erano annidate tra le ciglia. «Io... mi dispiace.» disse solamente, senza sapere cosa aggiungere.

Alex la fissò con quell'espressione dura che lo faceva apparire dolorosamente maturo, come se quella confessione gli avesse strappato via la maschera della sua perenne fanciullezza e avesse rivelato l'uomo che celava al di sotto. Allentò la presa delle sue dita, sperando con una parte di sé (quella razionale, che ancora riusciva a tenerlo a bada) di non aver stretto troppo sulle sue braccia sottili, perché Anna gli sembrava sempre fin troppo fragile per il suo bene, e fece un passo indietro, distanziandosi definitivamente da lei.

«Perché non me lo hai detto prima?» domandò semplicemente, cercando di mantenere la calma, distogliendo lo sguardo dalla sua figura ora ancora più minuta mentre si stringeva le braccia al petto e si chiudeva un po' in se stessa.

𝐂𝐑𝐀𝐒𝐇² - 𝐢𝐧𝐭𝐨 𝐲𝐨𝐮Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora